ROMA, 31 GENNAIO – Trovo inaccettabile che la risoluzione per una Direttiva europea sulla violenza contro le donne, normativa progressista e a tutto campo, rischi di essere annacquata e indebolita per volontà di due paesi membri, Ungheria e Polonia. La presidenza belga di turno dell’Unione europea non può e non deve farsi mettere ‘sotto scacco’ da governi che assumono posizioni così conservatrici, che minano il percorso europeo per un rafforzamento delle tutele e dei diritti delle donne.
La mia condanna è netta, non solo, perché l’Europa ha il dovere di prendersi cura delle persone, soprattutto dei più deboli, ma anche, di contrastare un fenomeno pervasivo, come quello della violenza sulle donne. In Italia, oltre 6 milioni di donne, tra i 16 e i 70 anni, ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica e sessuale, di cui finora 652 mila forme gravi come lo stupro e 746 mila il tentato stupro.
La Direttiva europea sulla violenza contro le donne mira a rafforzare le tutele contro ogni forma di violenza fisica e sessuale, inserendo l’elemento cardine del consenso all’articolo 5. La affermazione del principio quando ‘un no è un no’ è una battaglia di civiltà ed è indispensabile per contrastare in tutti i contesti gli abusi contro le donne.
Sono anni che mi batto al Parlamento europeo affinché le donne possano raggiungere la piena emancipazione economica, occupazionale e sociale, conditio sine qua per prevenire ogni forma di violenza: dalla direttiva sulla trasparenza retributiva alla Strategia sulla cura e l’assistenza, passando al rafforzamento degli organismi di parità in tutti gli Stati membri, e ora, questa Direttiva è un tassello fondamentale e irrinunciabile per tutte le donne.