Uguaglianza di genere, contro stereotipi e per la trasparenza delle carriere

Uguaglianza di genere

Stipendi complessivamente inferiori, pensioni basse e rappresentanza limitata ai vertici del potere. In molti, se non tutti, gli aspetti della società le donne anche in Europa soffrono di una condizione di disparità rispetto agli uomini.

Come più volte ho ricordato, dire “uguale salario per uguale lavoro” non è uno slogan ma la sintesi per descrivere uno dei diritti fondamentali purtroppo ancora “tra i meno rispettati” nell’Unione europea.

La parità di genere, che deve potersi tradurre anche in ambito lavorativo, è infatti uno dei principi cardine sanciti dal Trattato di Roma del 1957.

Uguaglianza di genere, i numeri in Europa e in Italia

I recenti dati diffusi dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE) sono la testimonianza di quanto siamo ancora lontani dal dare concretezza alla uguaglianza tra donne e uomini.

Sebbene tra il 2010 e il 2018 l’uguaglianza salariale in Europa sia cresciuta in modo più o meno omogeneo, la pandemia ha reso le donne molto più fragili degli uomini sul mercato del lavoro, rallentando i progressi fatti negli ultimi anni.

Lo studio dell’Eige dice anche che l’uguaglianza di genere è migliorata molto poco lo scorso anno, complice l’emergenza sanitaria. E l’Italia resta sotto la media europea.

Il nostro Paese aveva registrato diversi miglioramenti con una presenza di genere più equilibrata rispetto al passato nei board delle società. Ciò grazie all’approvazione della legge sulle quote rosa.

Oggi però è in corso una battuta d’arresto che credo abbia riportato le donne dieci anni indietro su salari, tutele e condizioni di lavoro, nonostante l’impegno in prima linea negli ospedali, nei supermercati, nei servizi essenziali durante i mesi più duri della pandemia.

Il tasso di occupazione femminile è fermo al 31% contro il 41% della media europea. Le donne possono contare su un indice di prospettiva di carriera di 52 contro 62 dell’Ue. E guadagnano almeno il 5% in meno rispetto alle altre donne europee, incorrendo nel rischio più alto di finire in povertà.

Cosa c’è da fare ancora

Un quadro non esattamente roseo che ho voluto rimarcare nel mio intervento in Commissione Occupazione e Affari sociali, in occasione della settimana europea per l’uguaglianza di genere che si è svolta a fine ottobre.

In particolare, ho sottolineato quanto sia indispensabile inserire obiettivi trasversali e vincolanti sulla parità di genere nel rinnovato Semestre europeo, accompagnati da un monitoraggio chiaro e trasparente dei fondi stanziati.

Questo affinché le misure adottate per favorire la parità di genere e, quindi, migliori condizioni di lavoro si dimostrino adatte a garantire alle donne di essere protagoniste a pieno titolo della crescita economica e sociale del Paese.

L’aggiornamento della normativa sul gender equality in Italia

Lo scorso 3 novembre, il Senato italiano ha approvato in via definitiva la proposta di legge per modificare il codice delle pari opportunità tra uomo e donna.

Il MoVimento 5 Stelle, che ha lavorato alla stesura del testo, ha sempre sostenuto che superare il gender pay gap non avvantaggia solo le donne ma l’intera società, l’economia nazionale. E che senza uguaglianza non ci potrà essere ripresa vera ed equa dalla crisi causata dalla pandemia.

La riforma prevede novità importanti:

  • sul piano dell’ampliamento delle ipotesi di discriminazione di genere:

La definizione di “discriminazione indiretta” sul luogo di lavoro si applicherà anche ai candidati e alle candidate a un annuncio di lavoro, e farà perno peraltro sulla “organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro” che spesso confligge con la vita quotidiana delle lavoratrici, soprattutto, quando sono delle madri;

  • maggiore trasparenza da parte delle imprese:

Viene esteso l’obbligo di redigere un rapporto almeno ogni due anni sulla situazione del personale maschile e femminile alle aziende pubbliche e private con oltre 50 dipendenti. Prima la soglia era cento. A chi viola l’obbligo vengono sospesi per un anno i benefici contributivi;

  • incentivi per chi promuove la cultura delle pari opportunità:

si introduce un sistema premiale volto a prevenire i potenziali divari retributivi.

L’Europa punta ad una direttiva per la parità salariale

Intanto, al Parlamento europeo siamo impegnati per l’approvazione di una direttiva sulla trasparenza salariale. Una Pay Transparency Directive che punta a garantire un miglior l’accesso alle informazioni relative alle buste paga e alle carriere professionali.

Ho lavorato a stretto contatto con le co-relatrici che hanno redatto una prima versione della proposta di direttiva. Ho così contribuito a far inserire:

  • il riconoscimento del ruolo del sindacato come unico soggetto in grado di tutelare le lavoratrici, per superare la definizione, proposta dalla Commissione europea, di “rappresentanti dei lavoratori” che avrebbe concesso in maniera arbitraria al datore di lavoro di sceglierli;
  • l’allargamento dell’ambito di applicazione della direttiva. La Commissione europea infatti ha chiesto di escludere le imprese con meno di 250 dipendenti, esentandoli dall’obbligo di rendicontazione. Abbiamo dunque chiesto e ottenuto che questa deroga venga applicata solo alle imprese con meno di 10 dipendenti.

Lo scopo ultimo di questo intervento è coprire il maggior numero di imprese e di lavoratori. Peraltro abbiamo chiesto di abbassare la soglia del divario retributivo dal 5% al 2%. Percentuale che l’azienda dovrà giustificare, e a cui dovrà poi porre rimedio confrontandosi con il sindacato.

  • il riconoscimento del principio dell’inversione dell’onere della prova a carico del datore di lavoro, per incentivare le donne vittime di disparità retributiva a denunciare e a non scoraggiarsi.
  • la garanzia di una maggiore trasparenza per le carriere professionali, al fine di superare il fenomeno del glass ceiling o “soffitto di cristallo” che di fatto consiste nella difficoltà per le donne di raggiungere posizione di vertice.

In questo senso il disegno di legge italiano ha molti punti in comune con il lavoro europeo. La nuova legge rappresenta un tassello importante per attuare la direttiva sulla trasparenza salariale quando verrà approvata.

Uguaglianza di genere e stereotipi da abbattere

Trasparenza e sanzioni. Sono due elementi principali per progettare politiche più incisive sulla parità di genere.

Al tempo stesso bisogna portare avanti un lavoro culturale. Volto a scardinare consolidati stereotipi che bloccano l’accesso delle donne in determinati settori o che impediscono loro di raggiungere determinate posizioni all’interno delle aziende.

Riporto due esempi, prendendo in considerazione l’ambito della digitalizzazione, il Forum economico mondiale calcola che solo il 26% delle donne è occupato nel settore AI (intelligenza artificiale) e del Data Science, la scienza dei dati.

Se diamo uno sguardo ai colossi del web, Google e Facebook, che danno lavoro a milioni di persone in tutto il mondo, la presenza femminile è ferma rispettivamente al 10% e al 15%.

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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