Per chi come me lavora da oltre trent’anni per realizzare un’Europa Sociale, SURE rappresenta un passo decisivo in questa direzione; ma è fondamentale che misure come questa diventino strutturali nell’UE anche dopo la pandemia. Ma in questa fase storica, preferisco essere più prosaica che poetica. Oggi uno strumento come SURE è indispensabile per tutti gli Stati Europei al fine di tamponare l’impatto della pandemia sul lavoro e l’occupazione.
Cittadini e imprese hanno bisogno di risposte immediate. Per questo, non possiamo pianificare una fase di rilancio se nel frattempo non teniamo vivo il nostro tessuto produttivo fatto di imprese e lavoratori. Senza misure come SURE – ma penso anche al blocco dei licenziamenti e al reddito di cittadinanza – milioni di persone sarebbero scivolate in una condizione di povertà e indigenza, spezzando la nostra coesione sociale.
In questo senso, il nostro Governo ha fatto un lavoro importante sia in Italia sia a Bruxelles, facendo tornare l’Italia ad essere un soggetto rilevante nei processi decisionali. Questo lo vediamo riflesso anche nella quota spettante all’Italia dello SURE: 27 miliardi sui 100 disponibili; ma analogo risultato è stato ottenuto per il Recovery Plan, di cui siamo i primi beneficiari con 209 miliardi.
Resta un elemento fondamentale da ricordare: SURE è un prestito che riceveremo a interessi estremamente vantaggiosi ed evitando una guerra fratricida con gli altri Stati Membri sull’allocazione sul mercato dei rispettivi titoli di debito pubblico nazionali. Ma per accedervi – oltre a versare una garanzia di 3 miliardi – dovremo negoziare una convenzione ad hoc con la Commissione.
Sono fiduciosa, quindi, che come già fatto nei mesi passati, il nostro Governo saprà raggiungere un accordo vantaggioso che consenta di sterilizzare ogni forma di condizionalità, così come stabilire dei tempi per la restituzione del debito più lunghi possibile. In questo modo SURE sarebbe per noi ancora più vantaggioso di quanto lo è già oggi.