Il salario minimo è una soglia sopra la quale c’è dignità, sotto la quale c’è sfruttamento. Questo è il confine fra lavoro e povertà. Per capire meglio quanto il fenomeno dei lavoratori-poveri sia un’emergenza ecco qualche dato. Il 9,6% dei lavoratori europei ha un salario inferiore ai minimi contrattuali, in Italia questa percentuale sale al 12%. Questo significa che in Italia un lavoratore su 8 guadagna troppo poco.
In Europa, nell’ultimo decennio, i lavoratori-poveri sono aumentati del 12% mentre in Italia del 28%, con la conseguenza che la busta paga anziché crescere si alleggerisce. Tali percentuali sono il preludio di una slavina molto pericolosa che rischia di travolgere i diritti di tutti noi: devono infatti ancora arrivare gli effetti della pandemia sul mondo del lavoro.
Salario minimo, presentate le proposte al Parlamento europeo
Ecco perché dobbiamo intervenire il prima possibile, approvando la direttiva sul salario minimo. Le proposte che abbiamo presentato al Parlamento europeo definiscono meglio i criteri proposti dalla Commissione per stabilire quando un salario minimo è davvero equo: non deve essere mai al di sotto della soglia di povertà relativa e deve essere superiore al 50% del salario lordo medio e del 60% del salario lordo mediano. Questi criteri rappresentano una spinta per portare verso l’alto gli stipendi più bassi.
E attenzione ai trucchi o ai furbetti. Il salario minimo non dovrà in alcun modo essere legato alla produttività aziendale. Perché il salario minimo è “salario minino”, non ci devono essere detrazioni. Quindi anche tutti i benefit, indennità o strumenti necessari per lo svolgimento del lavoro, come per esempio il computer, il telefono o la bicicletta, non possono essere considerati come parte del salario.
In tale senso, il salario minimo deve essere qualcosa di trasparente, comprensibile e tangibile per tutti i lavoratori. Solo così potremmo tutelare veramente i diritti sociali dei cittadini e contribuire a far nascere la Neo-Europa, quella in cui il lavoro non è più sinonimo di indigenza o esclusione sociale.
Salario minimo, perché l’Ue ha bisogno di una direttiva
In Italia e altri cinque Paesi europei non esiste un salario minimo stabilito per legge. Mentre in 21 Stati il salario minimo è stabilito per legge, ma questo spesso non basta per tutelare davvero i lavoratori. In particolare, nei paesi dell’Est, il mercato del lavoro si è trasformato in un’esca per attirare grandi imprese che riescono a pagare i propri dipendenti con salari bassissimi anche perché la contrattazione collettiva è molto debole.
Ecco quello che succede: un lavoratore, spesso di una multinazionale o di una grande impresa, riceve una lettera dal suo datore di lavoro. Dentro c’è una richiesta che suona molto come un ricatto: o ti trasferisci in un Paese dove il lavoro costa meno oppure perdi il posto di lavoro. Per il lavoratore italiano è impossibile lasciare famiglia, casa e affetti e quindi nella maggior parte dei casi decide di rinunciare al posto di lavoro. Si chiamano delocalizzazioni e sono una minaccia mortale per il Made in Italy.
La direttiva sul salario minimo europeo mette un argine a questo scandalo, proprio perché il suo obiettivo è quello di aumentare i salari in tutta Europa, specie in quei paesi dove sono più bassi. Solo così si affronta alla radice il problema del dumping sociale che crea concorrenza sleale all’interno del mercato unico europeo.
Sanzioni alle aziende che non rispettano la direttiva
Ma non è finita qui, perché vogliamo introdurre una sorta di condizionalità sociale. Chi non rispetta i diritti dei lavoratori non potrà più avere accesso ai fondi europei diretti e indiretti. E non potrà partecipare ai bandi degli appalti pubblici o ai sub-appalti
Il profitto è fondamentale, ma i diritti vengono prima di tutto.
Per noi il salario minimo europeo deve essere esteso a tutti i lavoratori, nessuno escluso: dai domestici ai lavoratori a chiamata, dai lavoratori intermittenti quelli a voucher, dai lavoratori atipici ai tirocinanti, apprendisti e stagisti. Infine, è di capitale importanza stabilire che le aziende che non rispettano le norme sulla contrattazione collettiva, previste dalla direttiva, non possano accedere ai fondi pubblici o europei.
Con queste proposte alziamo le protezioni sociali dei cittadini. Costruiamo un’Europa sociale adesso o ci ritroveremo nel dopo pandemia con un esercito di lavoratori-poveri.
Contenuto pubblicato su @Bruxelles Morning, il 18.06.2021.