Salario minimo, si mettano da parte le resistenze. Bel segnale dal Nobel

Salario minimo

Il salario minimo è l’unico strumento efficace a oggi per contrastare il fenomeno dei lavoratori poveri, il dumping salariale e le delocalizzazioni “selvagge” che stanno rendendo il mercato unico europeo sempre meno equo.

Come ho scritto già tante volte, il salario minimo è una misura sociale indispensabile, e un bellissimo segnale è arrivato anche dagli economisti.

L’efficacia del salario minimo ha basi solide né l’Italia né l’Europa possono più rimandare.

Ai detrattori del salario minimo ho risposto molte volte. L’ultima su Il Fatto Quotidiano solo la settimana scorsa.

Ho spiegato sia al centrodestra sia a Confindustria, che hanno dato in diverse occasioni il salario minimo per spacciato, che questa misura è una occasione e non una minaccia.

 

Salario minimo, segnale positivo dagli studi dal Nobel David Card

Intanto, al Parlamento europeo prosegue l’esame della direttiva sul salario minimo, che è stata presentata un anno fa dalla Commissione.

In attesa del voto in Plenaria, che auspico si svolga entro dicembre 2021, continuano a esserci diverse resistenze in Europa. Esse rischiano di portarci verso un testo meno ambizioso, frutto di una serie di compromessi al ribasso.

Nel frattempo è slittata a metà novembre la discussione in Commissione Occupazione e Affari sociali (EMPL).

Eppure sono convinta che stiano piano piano arrivando segnali positivi, che le resistenze avanzate da alcuni Paesi europei possano essere ribaltate e che l’Unione europea, soprattutto, durante la presidenza di turno francese e con il neo governo tedesco in carica, possa arrivare a una direttiva sul salario minimo. Senza più tergiversare.

Ho letto con ottimismo la premiazione dell’economista canadese David Card, che si è aggiudicato il Premio Nobel per l’Economia 2021. Card è stato premiato per i suoi lunghi e copiosi studi sul mercato del lavoro.

La novità sta nel metodo: perché finora nessun economista si era impegnato a utilizzare un metodo empirico e sperimentale, essendo stato invece quello teorico deduttivo finora il più autorevole per spiegare le politiche economiche.

Si tratta di una vera e propria rivoluzione, perché Card ha portato avanti una ricerca sistematica sul campo sugli effetti del salario minimo. Card ha osservato che negli Stati Uniti a un aumento del salario minimo non è mai corrisposto necessariamente una diminuzione dei livelli occupazionali.

Ritengo che questa premiazione di fatto smonti i detrattori del salario minimo, invitando gli Stati a non avere paura degli effetti positivi delle riforme sociali.

Una ragione in più per spingere con decisione sulla introduzione di una direttiva europea e di conseguenza di una riforma nel nostro Paese.

 

Così i contratti pirata spingono i salari verso il basso:

Per rendere il salario minimo una misura sociale efficace, è indispensabile una riforma della rappresentanza sindacale e la lotta ai contratti pirata.

I contratti pirata hanno negli anni spinto verso il basso i salari italiani, oltre i minimi tabellari dei contratti collettivi nazionali di lavoro.

La direttiva europea punta proprio a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva.

Per l’Italia prioritaria la riforma sulla rappresentanza

Come ho spiegato al Fatto Quotidiano, con il provvedimento europeo in Italia si dovrà rispettare l’articolo 39 della Costituzione che stabilisce l’efficacia obbligatoria dei CCNL “per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce”.

Collegando il salario minimo alla contrattazione collettiva, la misura dovrà essere applicata a tutti i lavoratori, senza eccezioni.

Il mercato del lavoro in Italia consente anche paghe orarie di due euro, attribuendo di fatto ai datori di lavoro un forte ed eccessivo potere contrattuale soprattutto quando ci sono donne, giovani e stranieri.

Almeno tre milioni di lavoratori percepiscono meno dei minimi tabellari previsti dalla contrattazione collettiva.

La eccessiva precarietà lavorativa, che sfocia anche nello sfruttamento e nel caporalato, alimenta la povertà. Un terzo di chi percepisce un reddito da lavoro nel nostro Paese si trova al di sotto della soglia di povertà indicata dall’Istat.

Il salario minimo costituirebbe una garanzia per milioni di lavoratori-poveri che, come racconto in questo numero, nel periodo post Covid dovranno affrontare anche un aumento dei prezzi dei beni di consumo.

Ritengo assurdo sostenere, come ha fatto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che “il salario minimo in Italia c’è già”.

I fatti e i dati raccontano invece un’altra storia.

 

 

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.