Altro che due anni di tempo, con il carovita che morde e milioni di cittadini impossibilitati a pagare le bollette di luce e gas. Il M5s darà battaglia già da oggi affinché l’Italia recepisca alla lettera e a tempo di record la direttiva europea sul salario minimo. Arrivati al giro di boa dell’iter europeo, Daniela Rondinelli, europarlamentare pentastellata, invita Roma a non tergiversare e ad approvare con urgenza una legge sul salario minimo.
Perché chiedete di agire in fretta?
Siamo di fronte a un’emergenza sociale sottovalutata dalla politica italiana. L’inflazione all’8,1% rappresenta un livello ormai non più sostenibile per famiglie e imprese. Se non interveniamo subito alzando i salari (l’Italia è l’unico Paese Ue in cui sono diminuiti negli ultimi 30 anni in base ai dati Ocse) rischiamo un autunno caldo e di far scomparire il ceto medio. Questa direttiva contrasta il fenomeno dei lavoratori-poveri, che in Italia hanno superato quota 3 milioni.
In Italia la copertura dei contratti nazionali è al 90%. Non sarebbe meglio abbandonare la strada del salario minimo e scegliere quella di dare valore di legge ai contratti collettivi?
Negli ultimi 10 anni i contratti collettivi nazionali sono aumentati dell’80%, passando dai 551 del 2012 ai 992 del 2021, ma il potere di acquisto dei lavoratori è diminuito. Questo per via degli accordi scaduti, che oggi sono il 62,7% del totale, e dei ‘contratti pirata’, che non rispecchiano i criteri di adeguatezza dei salari minimi. La direttiva impone all’Italia due strade: approvare una legge sul salario minimo, come propone il M5s, o che il governo convochi al più presto un tavolo con le parti sociali per discutere la riforma del nostro sistema di contrattazione collettiva. La sostanza non cambia, anzi tutti i lavoratori beneficeranno di questa direttiva perché aumenteranno tutti i livelli salariali, non solo quelli minimi. In ogni caso, a vigilare sulla corretta applicazione della direttiva ci sarà la Corte di Giustizia europea, che non permetterà scorciatoie.
Per contrastare il lavoro povero, più del salario minimo non sarebbe auspicabile l’introduzione del cosiddetto ‘in-work benefit’, ovvero un sussidio ad hoc?
Le politiche fiscali e di sostegno ai redditi più bassi, che sono sempre auspicabili, non possono sostituire retribuzioni adeguate e dignitose.
L’Europa non indica una soglia minima. Il limite inderogabile a 9 euro lordi l’ora indicato nel ddl M5s in Senato è una cifra sufficiente?
I Trattati escludono la fissazione dei salari a livello europeo, ma è possibile definire criteri comuni per assicurarne l’adeguatezza. Fra questi, che auspichiamo vengano confermati, c’è il divieto di retribuzioni inferiori al 50% del salario medio nazionale e del 60% del salario mediano lordo. Fatti i calcoli si ottiene a una cifra vicina ai 9 euro proposti nel ‘ddl Catalfo’. Avevamo visto giusto.
Il salario minimo è un tema divisivo nella maggioranza. La tenuta del governo è a rischio?
Attenzione, è il ministro Brunetta a dover chiarire se si sente ancora parte di questo governo che a Bruxelles, in sede di Consiglio, ha sostenuto il salario minimo. Noi non siamo europeisti à la carte, cioè solo quando ci conviene, e chiediamo che questa direttiva venga recepita subito. L’Italia non può mettersi contro l’Europa.
L’articolo è stato pubblicato il 7 giugno 2022 su Avvenire.it.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.