In Europa i lavoratori delle piattaforme digitali saranno finalmente considerati lavoratori con diritti inviolabili. A stabilirlo è la Platform work Directive, un pacchetto di nuove regole varate dall’Unione europea il 13 dicembre, nell’ambito di in un’ampia riforma della gig economy che interesserà tra gli altri gli autisti di Uber e i rider delle aziende di food delivery.
Parlamento europeo e Consiglio dell’UE hanno infatti trovato un accordo per migliorare le condizioni dei lavoratori delle piattaforme, da troppo tempo vittime di sfruttamento, precarietà, salari indecenti e algoritmi opachi e pervasivi.
In questi anni mi sono battuta con tutte le mie forze per sostenere questa categoria e ora finalmente si vede la luce in fondo al tunnel: tra le misure contenute nella direttiva c’è anche il principio di inversione dell’onere della prova che, come ho raccontato in altri articoli della mia newsletter, si sostanzia nell’obbligo del datore di lavoro – le piattaforme del food delivery – di dimostrare la natura del rapporto di lavoro qualora il lavoratore o la lavoratrice denunci irregolarità o uno status occupazionale incorretto.
TRA OPPORTUNITÀ LAVORATIVE E PERICOLOSE ZONE GRIGIE
L’economia delle piattaforme digitali è cresciuta in modo esponenziale negli ultimi anni: le entrate sono passate da tre miliardi di euro nel 2016 a circa 14 miliardi di euro nel 2020 e il numero di lavoratori delle piattaforme dovrebbe raggiungere i 43 milioni entro il 2025.
La gig economy ha arricchito le multinazionali a discapito delle condizioni di lavoro e di vita di milioni di lavoratori e lavoratrici, 28 milioni circa attualmente, ma che secondo le stime della Commissione europea sono destinati a raddoppiare entro il 2050.
L’economia delle piattaforme, dunque, è destinato a consolidarsi come comparto produttivo del mercato unico europeo: le nuove norme della direttiva garantiranno finalmente, dopo anni di attesa e proteste, una parte importante di occupati dell’Unione europea per un modello di sviluppo sostenibile.
Il futuro è legato a doppio filo alla transizione tecnologica e digitale. La crescita dell’economia delle piattaforme – coincisa con la pandemia di Covid-19 – ci ha mostrato la necessità e l’urgenza di dare norme chiare e stringenti per tutelare il lavoro dall’utilizzo indiscriminato, opaco, pervasivo e sbagliato degli algoritmi.
Mia la proposta di rendere accessibili gli algoritmi ai rappresentanti dei lavoratori e delle lavoratrici e dunque alla contrattazione collettiva nazionale per dettare condizioni di utilizzo giuste e sostenibili, aderenti al diritto giuslavoristico dei paesi europei, e prevenire così i casi di sfruttamento e di abusi a cui abbiamo assistito purtroppo in questo decennio.
LE NUOVE REGOLE PER RIDER E AUTISTI
Nel dettaglio, dopo i negoziati la direttiva sui lavoratori delle piattaforme prevede:
- la corretta classificazione dello stato occupazionale dei lavoratori e delle lavoratrici
- la introduzione di norme di gestione algoritmica e di utilizzo dell’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro.
- la presunzione del rapporto di lavoro subordinato scatta quando sono presenti due indicatori di controllo o di direzione su un elenco di cinque. La presunzione può essere fatta valere dal lavoratore o dalla lavoratrice, dai rappresentanti sindacali e dalle autorità competenti di loro iniziativa.
- diritto a essere informati: i lavoratori e le lavoratrici delle piattaforme hanno il diritto di accedere alle informazioni relative al funzionamento degli algoritmi e alle modalità con cui influenzano le decisioni adottate dai sistemi automatizzati.
E infatti come Parlamento abbiamo chiesto e ottenuto il divieto per le piattaforme di adottare decisioni importanti, come licenziamenti e sospensioni un account, senza la supervisione umana.