La guerra in Ucraina e gli eventi climatici estremi che hanno ridotto i raccolti in tutta Europa sono i fattori principali che hanno spinto l’Unione a elaborare una strategia sulle proteine vegetali che da anni legano il Continente alle importazioni da paesi terzi al fine di garantire l’autosufficienza alimentare, conciliandola con la sostenibilità economica, sociale e ambientale. La Risoluzione votata in Plenaria dal Parlamento europeo lo scorso 19 ottobre non ha stralciato del tutto ogni riferimento al ricorso alle proteine sintetiche, come invece aveva richiesto la Commissione Agricoltura.
Tuttavia, continuo a ritenere fortemente sbagliato rendere poche multinazionali proprietarie dei brevetti di ciò che mangiamo, mettendo a rischio milioni di posti di lavoro e compromettendo definitivamente il modello di democrazia alimentare che è alla base dell’agricoltura europea.
Già in altre occasioni ho sostenuto che uno dei tasselli fondamentali dell’agricoltura del futuro, il modello 4.0 di cui mi sono fatta promotrice da anni al Parlamento europeo, è invece l’editing genomico, ovvero tutte quelle tecniche che permettono alle piante di diventare più resistenti e che di conseguenza riducono l’uso di pesticidi, di acqua e suolo.
Quello di cui abbiamo bisogno, dunque, è innovare, senza distruggere, il modello agricolo europeo che deve restare il settore trainante della nostra economia comune.