Prosek – Quanti di voi avranno sentito questo termine facendo una ricerca sul web o leggendo i giornali? La vicenda del Prosek, un marchio di prosecco croato che nulla a che fare col Prosecco italiano, resta una battaglia aperta in Europa e in Italia. Una battaglia iniziata anni fa, quando sul mercato unico si affacciavano i primi marchi – imitazioni o contraffazioni – a danno del made in Italy agroalimentare.
Per due volte, la Croazia ha chiesto alla Commissione europea di dare il via libera al marchio locale Prosek. Un marchio che richiama ingiustamente quello italiano già minacciato da altre forme di concorrenza sleale a livello internazionale. Dagli Stati Uniti all’Australia, passando dalla Nuova Zelanda. Il secondo tentativo della Croazia ha prodotto i suoi frutti sui commissari europei e sul Commissario all’Agricoltura, il polacco Janusz Wojciechowski.
Il 13 settembre 2021 è arrivata la risposta a una interrogazione con richiesta di risposta scritta che io stessa ho sottoscritto.
Si legge:
“Due termini omonimi possono coesistere a determinate condizioni, in particolare tenendo debitamente conto degli usi locali e tradizionali e del rischio che il consumatore possa confondersi”. Il governo italiano ha 60 giorni per presentare una obiezione motivata, prima che la Commissione esaminate tutte le eccezioni alla sua decisione, adotti quella finale.
Nella interrogazione abbiamo richiamato l’articolo 103, paragrafo 2, lettera b del regolamento Ue n. 1308/2013, ricordando alla Commissione europea che “Prosek” altro non è che la traduzione slovena di “Prosecco”, che ha una denominazione di origine protetta (DOP) ai sensi del diritto dell’Unione.
La risposta della Commissione europea, che sostiene come questa apertura non danneggi affatto i prodotti a denominazione di origine protetta o controllata, rappresenta un fatto gravissimo.
Prosek, la Commissione Ue tollera l’Italian sounding. Cortocircuito e rischio di un grave precedente
La Commissione europea apre al Prosek croato, tollerando in modo incomprensibile l’odioso fenomeno dell’Italian sounding. Che vede l’uso di termini simili ai tanti marchi e prodotti di qualità nostrani. Tutta l’Unione europea deve rifiutare scelte che di fatto mettono in discussione e minacciano i modelli agricoli, basati sulla denominazione protetta dei prodotti agroalimentari.
La Commissione europea infatti oltre a vanificare la tutela dei prodotti IGP, DOP e IG, arrecando un grave danno al made in Italy, viola recenti sentenze pronunciate dalla Corte di Giustizia Europea, con le quali i giudici hanno detto no ai nomi truffa e al fenomeno dell’Italian sounding in Europa.
Assieme ad altri esponenti, italiani e stranieri, di tutte le forze politiche, ho firmato una interrogazione con cui abbiamo chiesto di rifiutare senza mezzi termini la richiesta della Croazia. Favorendo la protezione del made in Italy e dei prodotti di origine. La risposta della Commissione europea rappresenta un vero e proprio cortocircuito.
È una battaglia ancora aperta che dobbiamo continuare in modo trasversale con l’appoggio della maggioranza degli Stati membri. La Commissione europea spiana la strada alle imitazioni, alle truffe, alle contraffazioni, a una ‘guerra di marchi’ inaccettabile. Che mette sotto attacco l’eccellenza e l’unicità del Prosecco italiano. Questa decisione potrebbe trasformarsi in un precedente volto a danneggiare tanti altri prodotti e intere filiere nostrane dell’agroalimentare.