Povertà femminile – In Commissione Occupazione e Affari Sociali al Parlamento europeo sono intervenuta anche sulla relazione “Povertà femminile in Europa”.
Ho ricordato che proprio in Europa la povertà è donna. La povertà lavorativa è influenzata dal divario di genere che trascina sempre di più la popolazione femminile ai limiti di una vita dignitosa. Gli ultimi dati ci ricordano che in Europa le donne guadagnano in media il 14,1% in meno degli uomini. E che ci sono fortissime differenze tra i Paesi membri. Si va dal 21,7% in meno della Lettonia all’1,3% in meno del Lussemburgo.
Le donne sono da sempre occupate in lavori a scarso contenuto professionale e con retribuzioni molto basse. Eppure durante il Covid, le donne sono state in prima linea: dagli ospedali ai supermercati fino a far funzionare i servizi pubblici essenziali.
Nonostante ciò, si sono viste aumentare la mole di lavoro domestico dovuto alla chiusura delle scuole e delle strutture per le persone non autosufficienti, coniugando con ancor più difficoltà le esigenze di vita familiare e lavoro. Senza politiche sociali all’altezza di fornire risposte adeguate per sostenere le fragilità che le donne incontrano durante tutto l’arco della loro vita non potremo mai sconfiggere davvero la povertà lavorativa.
Non basta dunque che l’Unione europea metta in campo delle strategie, compresa quella del reddito minimo. Credo invece che la riforma del Patto di Stabilità sia cruciale anche per migliorare le condizioni di vita e lavoro delle donne – in Italia sono circa due milioni – perché queste politiche sociali non siano più considerate come costi ma come investimenti per il benessere della collettività.