L’incertezza e le difficoltà economiche provocate dall’impatto dell’emergenza del Coronavirus hanno imposto alla politica e alle istituzioni l’onere di individuare e adottare soluzioni rapide e di forte impatto per arginare gli effetti altrimenti devastanti del blocco delle attività. Questo vale in maniera particolare per l’agricoltura, uno dei settori strategici per l’Italia e per molti altri paesi europei che, dall’inizio dell’epidemia chiede a gran voce un intervento coraggioso per sostenere il suo rilancio.
La PAC è senza dubbio la più importante e rilevante azione politica, economica e sociale mai posta in essere dall’UE. Non a caso ha un bilancio di oltre 350 miliardi di euro a prezzi costanti 2018, che peraltro è stato rafforzato con il Recovery Plan. Come è noto è aperta una discussione da mesi a Bruxelles sul fatto che la Nuova PAC abbia un bilancio maggiore o minore rispetto al precedente settennato.
Il problema non è tanto nel budget, quanto nelle sfide: dato che la rivoluzione verde e digitale dovranno necessariamente essere tenute in conto in questo processo. Personalmente, ritengo che gli agricoltori siano i primi protettori della natura, ma è altrettanto vero che in alcuni Paesi europei non si riscontrano le medesime performance che abbiamo in Italia.
Noi siamo i campioni dei prodotti di origine, del biologico, della biodiversità, e più in generale di un mangiare sano e di qualità. Il tentativo di alcuni Stati di creare una PAC regionalizzata e alla “carte” rischia di mettere seriamente in pericolo il modello agricolo europeo, fatto di prodotti di qualità, salubri e tracciati. Ritengo quindi che, pur nella necessità di dover declinare a livello territoriale alcuni aspetti di avanguardia ambientale e tecnologica in modo realistico e progressivo – come gli eco-schemi –, sia altrettanto fondamentale mantenere tutto ciò che di buono è stato fatto finora con una forte impronta europea.
Il rischio di generare tante PAC quante sono le regioni europee, a causa di un sistema di sussidiarietà portato all’estremo, è serio e concreto. Questo rappresenterebbe un problema enorme, non solo per le nostre aziende che saranno sottoposte a continue distorsioni del mercato interno, ma anche per l’effettivo raggiungimento di elevati standard ambientali e di innovazione.