PNRR, fondi a rischio. Fallimentare la strategia del governo Meloni

Pnrr

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è una straordinaria opportunità di sviluppo e di crescita per l’Italia. Al nostro Paese sono stati assegnati oltre 200 miliardi di euro tra sussidi e prestiti, a tassi di interesse vantaggiosi. Un particolare importante, specialmente oggi, che indebitarsi sui mercati finanziari sta diventando sempre più costoso, dopo la decisione della Banca Centrale europea di aumentare i tassi di interesse e ridurre l’acquisto di titoli di Stato dei paesi membri per contenere l’inflazione.

A RISCHIO IL PIANO

Mettere a terra il Pnrr, dunque, dovrebbe essere la priorità di tutti gli Stati europei, ma soprattutto, dell’Italia. È una questione di credibilità, affidabilità, serietà e autorevolezza ma anche di concretizzare riforme e progetti essenziali per realizzare le transizioni verde e digitale, e al tempo stesso, per rafforzare la dimensione sociale, indebolita da due decenni di Austerity e due crisi.

A partire dal 25 settembre 2022,  il compito di rispettare obiettivi, target e scadenze del Piano nazionale di ripresa e resilienza spetta al governo di centro-destra democraticamente eletto che tuttavia non sta dimostrando di essere all’altezza di questa grande e cruciale sfida.

Da quando è entrato in carica, il governo Meloni ha accumulato ritardi su ritardi sia nella gestione delle risorse sia nel portare avanti le riforme chieste dall’Europa per il raggiungimento degli obiettivi previsti necessario allo sblocco delle rate del PNRR. Dei ritardi accumulati e dello slittamento delle scadenze la colpa è sempre di qualcun altro: ora dei governi precedenti ora della Corte dei Conti. Ma, in realtà, gli interventi del primo semestre del 2023 sono i primi per cui la responsabilità ricadeva interamente sull’attuale esecutivo. Il governo Meloni non può permettersi di dire che l’Italia non è in ritardo o che non c’è nulla di cui preoccuparsi.

Colpisce molto anche la scarsità e talvolta l’assenza di dati e di informazioni certe sullo stato di avanzamento del PNRR. Da quelli raccolti e forniti da fonti indipendenti sappiamo al momento che gli investimenti effettuati sono il 33% delle risorse erogate da Bruxelles ma avrebbero dovuto essere al 49,4% alla fine di questo trimestre. Non va meglio per le riforme messe in atto: il 73,3% di quelle previste entro giugno 2023 risultano attuate ma la percentuale ottimale sarebbe dovuta essere l’81,6%. Ad esempio, restano da sciogliere diversi nodi, in particolare quello sulla concorrenza (balneari e tassisti).

COMUNI E REGIONI TEMONO IL PEGGIO

A pagarne le conseguenze sono soprattutto comuni e regioni spesso costretti ad anticipare i soldi che servono a portare avanti i progetti nel tentativo di chiuderli nei tempi previsti. Difficoltà economiche e finanziarie enormi, quindi, sulle quali pesa moltissimo anche la penuria di tecnici e professionisti essenziali per indire i bandi di gara, monitorarli e portarli avanti nel rispetto delle condizioni negoziate dal nostro Paese con Bruxelles.

Le rassicurazioni che arrivano dal governo Meloni sono deboli. Non danno certezze tali da poter guardare con fiducia al futuro. Lo abbiamo visto in questi giorni con le comunicazioni del ministro Fitto al Parlamento sulla strategia che verrà adottata nei prossimi mesi, dopo la proposta di rimodulazione del Piano su cui dovrà comunque pronunciarsi la Commissione europea.

DAL GOVERNO NESSUNA RASSICURAZIONE SUL FUTURO

Una strategia che giudico fallimentare in partenza. Prima di tutto perchè è folle sottrarre 16 miliardi di euro destinati alla realizzazione di progetti importanti – e su cui diversi comuni si sono già impegnati – come quelli sul dissesto idrogeologico, o ancora, la riqualificazione delle aree urbane degradate. E poi perché è grave tagliare risorse, bocciare progetti, senza presentare una sola alternativa per garantire comunque progettualità strategiche per il Paese.

Il fatto che 200 miliardi di euro siano tante risorse non può essere una scusa per fallire, nonostante la capacità di spesa non sia mai stata brillante in Italia.

Il governo Meloni ha la responsabilità politica di non fallire. Anche se a oggi il governo, dopo mesi di ritardo, è riuscito a incassare la terza rata da 19 miliardi di euro, i fatti dimostrano che i negoziati con Bruxelles sono lenti e farraginosi.

I rilievi tecnici, ad esempio, su 7500 nuovi posti letto per gli alloggi universitari che il governo avrebbe voluto affidare esclusivamente ai privati, quando il PNRR chiede un impegno diretto dello Stato italiano e delle amministrazioni pubbliche, non è stato un bel segnale. E mentre è slittata la terza rata da 16 miliardi di euro, altrettanti di fatto sono stati “bruciati” con la rimodulazione proposta.

PNRR, FALLIMENTARE LA STRATEGIA DEL GOVERNO MELONI

Della rimodulazione del PNRR, chiesta a gran voce da Meloni prima ancora di essere eletta, per l’aumento del costo delle materie prime non abbiamo saputo nulla per 10 mesi! Oggi, in sostanza, la scelta della maggioranza di destra è sottrarre miliardi di euro ai territori. Il governo Meloni ha detto che si tratta solo di uno spostamento di risorse e non di un taglio, ma noi siamo convinti del contrario. 

L’idea infatti di spostare i progetti bocciati dal governo Meloni sui Fondi di sviluppo e coesione (FSC) è solo uno specchietto per le allodole. È sul Piano di ripresa e resilienza che l’Italia deve puntare. La Commissione europea infatti ha già certificato che nel 2022,  il nostro Paese ha speso poco più della metà delle risorse FSC stanziate per il 2014-2020, soldi che servirebbero comunque per raggiungere altri obiettivi.

PNRR, VIETATO FALLIRE!

E sono convinta che la situazione attuale non dia alcuna garanzia agli enti locali che devono organizzare i bandi, avviare i cantieri e gestirli per portarli a termine. Ed è per questo che ritengo necessario e mi impegnerò costantemente a presidiare il governo Meloni sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, facendo una opposizione dura e costruttiva che non si limiti al solo livello nazionale ma anche a quello europeo.

La questione non è semplicemente che cosa si sta giocando questo Esecutivo. Ma cosa si sta giocando l’Italia! Tutti noi. Ripeto, prospettive di sviluppo e credibilità, ancora di più perché l’Italia è uno dei paesi fondatori dell’Unione europea. Economicamente abbiamo un peso importante.

Un ruolo all’altezza lo deve sapere svolgere questo governo. Non un altro.

Nel presidiare il PNRR, chiedo al governo Meloni maggiore trasparenza e serietà. Solo così i rappresentanti del Parlamento europeo potranno fare da ponte con i territori, molti dei quali, credetemi, fanno grande affidamento o vorrebbero quantomeno fare affidamento su queste risorse preziose da spendere bene entro il 2026.