Sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) ci sono al momento più incognite che certezze.
Commissione Ue e Governo italiano hanno raggiunto un accordo sul pagamento della terza rata del Pnrr: 18,5 miliardi di euro e slittamento alla quarta rata dell’obiettivo di 7.500 nuovi posti letto negli studentati universitari. In questo modo la terza rata passa da 19 a 18,5mld e la quarta passa da 16 a 16,5mld, mentre resta invariato il totale delle erogazioni previste, cioè 35 miliardi di euro, (Agenzia Ansa delle 15:40 del 19.07.2023)
La terza tranche da 19 miliardi di euro doveva arrivare un mese fa o poco più ma è stata bloccata dalla Commissione europea per via di alcune contestazioni formali. Ma chi può sapere oggi con la dovuta certezza, quando l’Italia otterrà le risorse PNRR che il governo ha calcolato sia nel Bilancio sia nella nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (NADEF)? Proviamo a tirare le fila e capire che cosa si gioca il governo Meloni.
PNRR, COSA SPETTA ALL’ITALIA
Come sappiamo, il Piano dell’Italia prevede in tutto finanziamenti per 221,1 miliardi di euro, di cui 190,5 miliardi dal Recovery Fund (fra sussidi e prestiti a basso tasso d’interesse) e 30,6 miliardi di risorse economiche nazionali del cosiddetto Piano nazionale complementare (PNC). Sul quale, anche qui, non trapelano notizie.
Ogni rata versata dall’Unione Europea è legata al rispetto delle riforme e milestone previste nel PNRR ed entro le scadenze indicate. Finora la Commissione europea ha concesso all’Italia un pre-finanziamento da 24,9 miliardi di euro, il 13 agosto del 2021, la prima rata da 21 miliardi di euro, il 13 aprile 2022, e la seconda rata da 21 miliardi all’inizio di novembre dopo la verifica sui 45 obiettivi previsti entro il primo semestre del 2022.
DATI ZERO
Il governo Meloni, insediatosi nel novembre 2022, ha chiesto la terza rata alla fine dello scorso anno. La conclusione delle verifiche era attesa per lo scorso 30 aprile, ma il confronto tra i funzionari europei e italiani è durata a lungo, per via di difformità con gli obiettivi previsti per la creazione di nuovi alloggi per gli studenti universitari su cui quindi il governo Meloni non ha ancora trovato una soluzione.
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Ma i problemi si sono accumulati. Entro il 30 giugno il governo italiano avrebbe dovuto inviare la richiesta della quarta rata da 16 miliardi di euro, ma finora non è stato possibile a causa del mancato raggiungimento di tutti gli obiettivi. La cabina di regia coordinata dal ministro Raffaele Fitto ha quindi proposto modifiche a 10 progetti sui 27 complessivi per velocizzare le verifiche in programma nei prossimi mesi.
Peccato che la totale assenza di dati e informazioni non ci consenta di comprendere appieno se i confronti con i tecnici della Commissione europea siano a buon punto. Basti notare però che soltanto ieri, (19 luglio 2023), l’Unione europea ha rivolto all’Italia l’ennesimo monito di “non distrarsi sul PNRR”.
I RITARDI NON SONO COLPA DEI GOVERNI PRECEDENTI
Il ritardo nella erogazione delle rate ha profonde ripercussioni sui progetti, che devono essere comunque avviati e conclusi nei tempi previsti. I soldi che tardano ad arrivare dall’Europa devono essere anticipati da chi porta avanti tali progetti: governo, regioni e comuni. Questi ultimi, complice anche la pandemia Covid 19, sono gli enti locali che stanno affrontando maggiori difficoltà economiche e finanziarie e sui quali pesa moltissimo anche la penuria di tecnici e professionisti essenziali per indire i bandi di gara, monitorarli e portarli avanti nel rispetto delle condizioni negoziate dal nostro Paese a Bruxelles.
Il problema sulla gestione del PNRR, e mi riferisco soprattutto alla lentezza con la quale si stanno portando avanti gli impegni assunti, è tecnico sì ma soprattutto politico. La Premier Meloni si limita ad addebitare le colpe ora alla Corte dei Conti, il cui controllo è stato descritto come una zavorra per la realizzazione del Piano, ora ai governi precedenti. Ma a un anno dall’insediamento del suo governo tra il cambio di governance, il sì della Commissione europea alla rimodulazione del PNRR, norme come quelle che hanno cancellato il controllo concomitante dei giudici contabili non ci sono più scuse.
Gli interventi del primo semestre del 2023 sono i primi per cui la responsabilità ricadeva interamente sull’attuale esecutivo. Inoltre anche a livello pratico, tra le misure collegate alle scadenze che il nostro Paese avrebbe dovuto completare in questo periodo ce ne sono diverse che non presentano traguardi e obiettivi nei semestri precedenti. Affermare quindi che non c’è nessun ritardo attribuibile a questo governo è una balla.
NESSUNA NOTIZIA CERTA
Se mancano dati pubblici sull’avanzamento del PNRR, sappiamo ancora meno oggi della rimodulazione: non si conoscono ancora né i dettagli né a che punto siamo. Abbiamo il dovere e il diritto come opposizione di essere preoccupati. La preoccupazione infatti serpeggia anche nei territori, anche perché, lo ricordiamo, settembre inaugura la fase più operativa del PNRR con l’avvio dei cantieri legati ai progetti negoziati.
I nostri timori sono legati alla tenuta della credibilità e all’autorevolezza del nostro Paese in Europa, al fatto che ci giochiamo opportunità di sviluppo e di crescita – che di certo non si perseguono riesumando il progetto sullo Stretto di Messina! – e soprattutto sulla percezione di affidabilità del sistema Paese agli occhi dei mercati finanziari e delle Istituzioni europee.
Se l’Italia infatti non riuscirà a incassare tutte le rate concordate per la realizzazione del Piano o nel peggiore dei casi, se non saremo in grado di realizzare come si deve i progetti, avremo due problemi enormi. Il primo: un bel buco di Bilancio che il governo Meloni dovrà colmare se non rivolgendosi ai mercati finanziari ma oggi con tassi di interesse notevolmente più elevati di quelli a cui è sottoposta la parte di finanziamento PNRR concessa sottoforma di prestito europeo. Il secondo: corriamo il rischio di dovere restituire le risorse ricevute! Per questo incassare e spendere bene i soldi del PNRR per il governo Meloni dovrebbe essere la priorità assoluta.