La scoperta del virus della peste suina africana (Psa) in una carcassa di cinghiale rinvenuta lo scorso 7 gennaio a Ovanda, in provincia di Alessandria, ha suscitato forte preoccupazione tra gli operatori del settore delle carni suine.
La PSA è una malattia virale, altamente contagiosa, che colpisce suini e cinghiali. Nel 90 per cento dei casi è letale per gli animali, anche se non è trasmissibile all’uomo.
La diffusione incontrollata della peste suina africana può determinare gravi ripercussioni economiche sugli allevatori suinicoli e sull’intera filiera.
Oltre al danno economico, c’è da considerare anche il danno d’immagine: i paesi verso cui l’Italia esporta le carni e i prodotti DOP e IGP potrebbero decidere di imporre un blocco all’importazione.
Questo perché gli Stati extra europei non riconoscono il metodo del contenimento delle aree infette, applicato invece dall’Unione europea.
Aree dove vengono riscontrati i casi di contagio da Psa tra i cinghiali selvatici che vengono così sottoposte a restrizioni.
Peste suina, i focolai in Europa
Dal 2014 la Psa è diffusa in diversi paesi europei. I primi casi di contagio sono stati segnalati alle porte dell’Unione europea, in Russia e Bielorussia e, successivamente, in Polonia, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Romania, Ungheria, Bulgaria ma anche in Germania, Belgio e Repubblica Ceca dove la peste suina africana ha colpito diversi allevamenti suinicoli.
A partire dal 2018, dopo i primi casi nei cinghiali selvatici in Belgio, la Psa si è diffusa in modo molto rapido verso i Paesi dell’Europa occidentale.
Al momento, Belgio e Repubblica Ceca sono riuscite a contenere la malattia mettendo a punto dei piani rigorosi, che appare del tutto evidente non sono bastati.
Nel settembre 2020, infatti, il virus è stato individuato nei cinghiali selvatici anche in Germania. E ora in Italia.
Peste suina, la diffusione in Italia
Prima di quest’anno, la malattia è stata individuata nel nostro Paese unicamente in Sardegna e nel lontano 1978.
L’Italia, anche col supporto della Commissione europea, ha eradicato di fatto il virus nella regione dove dal 2018 non si sono registrati nuovi focolai.
Purtroppo i casi in Piemonte e in Liguria hanno fatto scattare l’allarme in tutto il Paese.
Anche se non è stato ancora sequenziato il virus italiano, l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) ritiene altamente probabile che si tratti di quello che da anni circola in Europa.
La Psa colpisce i cinghiali selvatici che la trasmettono ai suini. I maiali più a rischio sono quelli allevati allo stato brado, presenti anche nelle regioni del Centro Italia.
Dagli anni Settanta e Ottanta, ma in modo particolare a partire dagli anni Novanta, i cinghiali selvatici sono aumentati in modo sistematico in Italia e nel resto d’Europa.
Secondo le stime della Coldiretti, solo nel nostro Paese la popolazione ha superato i 2,3 milioni di esemplari.
Peste suina, l’interrogazione alla Commissione UE
Ritengo che i fatti e i dati a disposizione dimostrino come circoscrivere le aree di infezione non sia più sufficiente. Occorre agire investendo sulla prevenzione e sul contenimento dei cinghiali selvatici.
L’Unione europea deve sostenere le aree soggette a restrizione e al tempo stesso intraprendere misure straordinarie per contro la Psa che sta colpendo complessivamente 50 Stati in tutto il mondo.
A lanciare l’allarme è l’Oms in audizione al Senato che ha sottolineato come “la situazione è molto difficile”.
Secondo l’esperto Oms, Manuel Sanchez-Vizcaino Rodriguez è la prima volta che si assiste a una simile epidemia di Psa.
Raccogliendo le forti preoccupazioni dei territori, Umbria, Marche, Toscana e Lazio e l’evoluzione della malattia in Europa, ho ritenuto necessario presentare una interrogazione prioritaria alla Commissione UE, chiedendo:
- sostegno agli sforzi dei territori colpiti dalla peste suina con risorse aggiuntive a tutela della bio-sicurezza;
- finanziamenti specifici per gli allevamenti allo stato brado. Che sono più esposti al contagio;
- piani di contenimento della fauna selvatica per prevenire nuovi focolai.
Le conseguenze di un mancato intervento
Continuare a temporeggiare sulle misure da intraprendere vuol dire rischiare di mettere in ginocchio migliaia di allevatori suinicoli in Italia e in Europa.
Che potrebbero essere presto costretti ad abbattere i capi infetti.
Se a questo peggiore scenario aggiungiamo le conseguenze prolungate dello stop alle importazioni di carni e salumi DOP e IGP che diversi paesi terzi hanno già adottato, i danni per il settore saranno presto incalcolabili.
Le ultime stime parlano già di 20 milioni di euro di perdite al mese. Se dovesse esplodere una epidemia incontrollata, il danno aumenterebbe superando i 60 milioni.
La peste suina africana dunque può mettere in ginocchio allevatori e aziende, in un periodo in cui a causa dell’aumento dei costi di produzione – energia, mangimi e fertilizzanti – sono già in affanno.
Le azioni dell’Italia e delle regioni
Nel 2020 l’Italia ha elaborato un Piano di Sorveglianza Nazionale, con l’obiettivo di proteggere il patrimonio suinicolo nazionale dalla peste suina africana.
Il Piano prevede azioni di sorveglianza cosiddetta ‘passiva’ delle popolazioni di cinghiali e degli allevamenti di suini. Il controllo della fauna selvatica, la verifica della corretta applicazione delle misure di bio-sicurezza e, infine, la formazione e la informazione degli stakeholder.
Dopo l’individuazione dei primi casi di Psa in Piemonte e in Liguria, sono convinta che il ministero delle Politiche Agricole, di concerto con il ministero della Salute, abbia agito con la dovuta tempestività stanziando 50 milioni di euro a favore della filiera suinicola.
Nel decreto Sostegni ter infatti ci sono risorse per rafforzare le misure di contrasto alla Psa tra gli animali e risorse per garantire un indennizzo alle aziende.
Con il decreto legge dell’11 febbraio il ministero ha chiesto alle regioni di attuare piani di sorveglianza, contenimento ed eradicazione del virus.
Le aree del Centro Italia, tutte a forte vocazione suinicola, hanno già attivato delle task force. In particolare, sono soddisfatta che il M5S Marche abbia chiesto alla regione di agire al più presto sulla linea della interrogazione che ho presentato alla Commissione europea.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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