Con la presentazione del Pacchetto d’Autunno (European Semester for economic policy coordination: Employement and Social Aspects in the Annual Sustainable Growth Strategy 2022), lo scorso 24 novembre, la Commissione europea ha avviato il ciclo del primo semestre europeo del 2022. Con questo documento programmatico, che si riferisce all’anno concluso, Bruxelles traccia anche prospettive e azioni da intraprendere.
Previsioni di crescita (fin troppo) positive
Il Pacchetto d’Autunno comprende l’analisi annuale della crescita sostenibile, i pareri sui documenti programmatici di bilancio (DPB) dei paesi della zona euro per il 2022, le raccomandazioni strategiche per la zona euro e la proposta di relazione comune sull’occupazione della Commissione.
Il Pacchetto si basa sulle previsioni economiche d’autunno 2021, secondo le quali l’economia europea sta passando dalla ripresa all’espansione. Ma si trova ora ad affrontare alcune nuove turbolenze. Nonostante stiano soffiando diversi venti contrari, l’economia dell’UE dovrebbe continuare ad espandersi e il Prodotto interno lordo dovrebbe attestarsi in Europa attorno ad un più 4,3 per cento.
Il Fondo Monetario Internazionale invece ridimensiona le prospettive più ottimistiche dell’Unione europea, correggendo al ribasso tutte le stime. Secondo il FMI, infatti, la zona euro si fermerà al 3,9 per cento di PIL nel 2022: frena la Germania dello 0,8%, la Spagna dello 0,6% e la Francia dello 0,4%.
Dello stesso avviso del Fondo Monetario Internazionale, anche da Bankitalia che per il nostro Paese stima una crescita non superiore al 3,8%, contro quella del 4,3% prevista da Bruxelles dopo il forte rimbalzo dello scorso anno pari al 6,3 per cento.
Cosa sta frenando la crescita?
Diversi sono i fattori che spingono gli analisti del FMI e di Bankitalia a ridimensionare le prospettive elaborate da Bruxelles. Primo fra tutti, la nuova ondata pandemica provocata da Omicron che potrebbe rappresentare una seria battuta d’arresto per la ripresa economica osservata tra la primavera e l’estate scorsa.
La quarta ondata pandemica sta danneggiando ancora una volta i soggetti più fragili delle nostre società. E tutta una serie di settori economici rimasti sostanzialmente bloccati: turismo, eventi e in parte la ristorazione.
Oltre al fattore Omicron, oggi, l’UE deve fare i conti anche con la inflazione. Alimentata, soprattutto, dall’aumento del prezzo dei beni energetici, essa rappresenta un problema reale che sta già producendo pesanti ricadute su imprese e cittadini.
Luci e ombre del Pacchetto d’Autunno
Lo scorso 13 gennaio, la Commissione europea ha presentato il Pacchetto d’Autunno in Commissione Lavoro e Affari sociali. A mio parere, la Risoluzione proposta, da un lato, pone finalmente le basi per una nuova governance. Dall’altra, presenta scenari troppo ottimistici dando già per superata la pandemia.
L’Organizzazione mondiale della Sanità ha avvertito che entro le prossime otto settimane un europeo su due sarà contagiato dalla variante Omicron. A livello internazionale, le vittime del Covid-19 sono oltre 5 milioni. Mentre le perdite economiche arriveranno complessivamente a 13.800 miliardi di dollari entro il al 2024. E nel mondo ci sono già 70 milioni di poveri assoluti in più rispetto all’era pre-pandemica.
Vorremmo anche noi che le prospettive di crescita esposte dalla Commissione europea si realizzassero, ma sono convinta che dobbiamo essere concreti. Non possiamo alimentare false speranze.
SURE come strumento europeo permanente e strutturato
Nel corso dell’audizione del 25 gennaio scorso con il Commissario per l’economia, Paolo Gentiloni, ho espresso grande rammarico per il mancato rifinanziamento di misure cruciali come SURE che si sono rivelate vincenti durante gli ultimi due anni di pandemia. Ho chiesto alla Commissione di ripensarci proprio perché, come ho spiegato, la ripresa economica non è affatto scontata.
Gentiloni ha rassicurato: “l’Austerity non tornerà”, aprendo su SURE, affinché diventi uno strumento europeo permanente e strutturato. In effetti, nel rapporto Un anno di SURE, i tecnici di Bruxelles hanno pubblicato dati incontrovertibili.
Un lavoratore europeo su quattro ha beneficiato di SURE. Un numero enorme, pari a 31 milioni di occupati, di cui 22,5 milioni di dipendenti e 8,5 milioni di autonomi. Con questo strumento, siamo riusciti a proteggere un milione e mezzo di posti di lavoro. E sostenuto 2,5 milioni di aziende, la gran parte piccole e medie imprese.
Per questo motivo, continuerò a chiedere alla Commissione di tornare sui propri passi. SURE può essere un ottimo strumento sociale per evitare le ricadute di una crisi tutt’ora in atto.
Ma SURE non è il solo nodo da sciogliere. Il Pacchetto d’Autunno infatti non affronta in modo deciso il tema del dumping fiscale. Un problema che, con quello salariale, crea marcate distorsione del mercato interno. Alimentando delocalizzazioni, perdita di posti di lavoro, povertà e tensioni sociali.
Gli investimenti sociali fuori dai vincoli di Bilancio
Tutto ruota e ruoterà presto sulla modifica del Patto di Stabilità e Crescita. E negli emendamenti che ho presentato al Pacchetto d’Autunno insisto molto sulla riforma della governance europea. Sin dal primo giorno in Parlamento, sono convinta che occorra definire al più presto un nuovo Patto di solidarietà e sviluppo.
Dobbiamo mettere al centro la persona, svincolando oltre agli investimenti verdi anche quelli sociali dal calcolo del deficit. Non dobbiamo di certo accantonare il problema del debito aggiuntivo. Tutto il contrario. Il Consiglio deve valutare sostenibilità economico-finanziaria e sviluppo sociale.
Perché l’Europa sia in grado di produrre benessere concreto per i cittadini e non solo quello misurato su qualche decimale di PIL.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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