Novel food e sostenibilità alimentare e climatica
La notizia non sorprende. Il dibattito controverso sui cosiddetti Novel Food non è nuovo anche perché visto, soprattutto negli ultimi dieci anni, come uno degli strumenti utili per mitigare il cambiamento climatico. Secondo la comunità scientifica internazionale, infatti, il cambiamento climatico è dovuto, oltre che alle emissioni di gas serra, anche all’eccessivo consumo del suolo; alla deforestazione; alla perdita di biodiversità, all’inquinamento e allo spreco delle risorse idriche, al consumo di carne, infine, all’aumento demografico a livello globale. Insomma, ci sono ad oggi tutta una serie di concause antropiche che hanno alterato la temperatura media del Pianeta, da cui dipendono eventi metereologici sempre più estremi e imprevedibili. Quel che produciamo, come e quanto, e quel che mangiamo sono considerate due delle tante cause dell’impatto negativo dell’uomo sulla Terra. Soprattutto in agricoltura, l’ipotesi di strade alternative, considerate da alcuni più sostenibili, ha spinto l’Unione europea a valutare la commercializzazione dei Novel Food nel mercato unico. Già nel 1997 l’Unione europea fornì una definizione di Novel food:Ma l’autorizzazione alla commercializzazione di questi prodotti e ingredienti nel mercato unico europeo non è stato il frutto di un processo immediato. È solo a distanza di anni infatti che l’Unione europea ha aperto, poco a poco, ai Novel Food tra cui la farina di grillo. Un iter lungo e molto dibattuto, come è avvenuto, ad esempio, per gli alimenti OGM o OGM derivati.Tutti quei prodotti o ingredienti “la cui novità è data dal non essere stato utilizzato, del tutto o in quantità significativa e riscontrabile all’interno dell’Unione europea prima del 1995, ovvero dell’entrata in vigore del Regolamento CE 258/97”.
Farina di grillo, indicazione in etichetta
La commercializzazione della farina di grillo ha ricevuto il parere favorevole dell’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, che la considera sicura per l’alimentazione umana, pur avendo sottolineato però la necessità di segnalare opportunamente in etichetta la presenza di questo ingrediente in tutti gli alimenti che la contengono. Questo perché, come altri ingredienti, si è osservato che la farina di grillo può provocare reazioni allergiche.È sbagliato però far passare il messaggio ai cittadini e ai consumatori che la farina di insetto potrà sostituirsi ai prodotti o agli ingredienti tradizionali, viste anche le ripercussioni economiche e occupazionali, molto probabilmente, incalcolabili. I Novel food sono considerati da organismi internazionali, quali l’ONU e la FAO, come uno strumento chiave per risolvere problemi legati alla disponibilità dei terreni per la coltivazione di tutta una serie di materie prime, che oggi più che mai, con la guerra in Ucraina e la crisi alimentare da essa innescata, sono fondamentali per produrre generi alimentari di prima necessità. Non solo, i Novel Food sono considerati anche un alimento strategico per combattere la fame e l’insicurezza alimentare. La farina di grillo infatti può essere utilizzata per la produzione di pane, pasta e moltissimi prodotti da forno e snack. Possiamo davvero credere che la farina di grillo ci salverà dall’insicurezza alimentare e risolverà i problemi legati all’impatto ambientale delle attività agricole e zootecniche? Non sono d’accordo. L’Unione europea può e deve guardare altrove.Quello dell’etichettatura è un aspetto a mio parere rilevante. L’apertura all’utilizzo della farina di grillo non è infatti da condannare, purché i controlli fitosanitari siano elevati e vengano garantite tracciabilità e trasparenza.
Pac, le conseguenze dell’inflazione
La Commissione europea ha dato il via libera alla commercializzazione della farina di grillo, in una fase in cui il settore agricolo è in estrema difficoltà a causa della guerra in Ucraina e dell’inflazione. Lo dimostra il fatto, che nei mesi scorsi, il Commissario all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, ha proposto più volte di rivedere gli obiettivi contenuti nella PAC, in corsa. Secondo uno studio della Commissione europea la Politica Agricola Comune potrebbe perdere il 32% del proprio valore – un terzo in meno, pari a 85 miliardi di euro – entro il 2027, proprio a causa dell’inflazione. Nello specifico, rispetto al primo semestre del 2021 e al primo semestre del 2022, i costi di produzione per il settore agricolo sono aumentati del 35% e i prezzi dei prodotti sono aumentati del 29%. Il commissario Wojciechowski sostiene che il recente compromesso raggiunto di aumentare di 22 miliardi i fondi PAC, a fronte dell’aumento del livello generale dei prezzi, costituisca una dotazione finanziaria insufficiente. Non solo. Secondo il commissario, di fronte ai requisiti PAC che gli agricoltori sono tenuti a rispettare per avere accesso ai fondi, è altamente probabile che alcuni di questi preferiscano produrre senza tenere conto dei limiti ambientali, poiché eccessivamente rigidi e difficili da rispettare, rinunciando così ai fondi della PAC e mettendo a repentaglio anche gli obiettivi green della stessa. Sono convinta però che un conto sia rivedere il budget della PAC per difendere gli aiuti per gli agricoltori e le aziende del settore. Un altro, invece, stravolgere gli obiettivi della PAC, quando è già entrata in vigore per il 2023-2027. Per questo, dopo avere constatato che il commissario non ha in mente una strategia per difendere il comparto agricolo dalla crisi inflattiva, ho fatto una proposta ben precisa. Una proposta che consentirebbe di intervenire adesso e di non tergiversare oltre.L’ambiguo comportamento della Commissione
La mia idea è che la Commissione europea abbia perso di vista ciò che serve per tutelare l’agricoltura europea. Con la crisi dei prezzi, dei carburanti, dei fertilizzanti, dei mangimi, le aziende devono essere senza dubbio aiutate. Per farlo, l’Unione europea ha negoziato e approvato tutta una serie di deroghe temporanee ad alcuni obiettivi della PAC. Deroghe sicuramente indispensabili e che rispondono ai bisogni contingenti degli agricoltori e degli allevatori, senza stravolgere il lavoro del Parlamento europeo sulla PAC. Giudico, poi, piuttosto contraddittorie le proposte del commissario per rilanciare l’agricoltura europea. Da un lato, infatti, ipotizza di stravolgere la PAC per fronteggiare la crisi inflattiva. Dall’altro, invece, dà il via libera alla commercializzazione della farina di grillo, che come ho spiegato sopra non è da demonizzare a patto che non si perdano di vista le esigenze reali del settore agricolo, o peggio ancora, finanzia la sperimentazione sulla produzione della carne sintetica. Pur trattandosi entrambi di Novel food, in base alle norme europee, la differenza tra grilli e carne sintetica prodotta in laboratorio mi pare più che evidente. I primi sono chiaramente prodotti naturali, che possono essere allevati e rientrare facilmente nei disciplinari di controllo di qualità e sicurezza già previsti dall’Ue. I secondi invece sono prodotti interamente realizzati in laboratorio sui quali non è stato ancora condotto nessuno studio approfondito che ne stabilisca la sicurezza per la salute umana.Niente da fare: la @european_commission ha altre priorità: dopo i grilli, e peggio ancora la carne sintetica, via libera anche alle larve della farina. Mentre siamo su un binario morto rispetto a una strategia che tuteli il settore agricolo dalla crisi inflattiva. 1/2
— Daniela Rondinelli (@Dani_Rondinelli) January 19, 2023
Senza contare il fatto che una produzione su larga scala di carne sintetica provocherebbe un danno economico enorme a migliaia di aziende del settore dell’allevamento e la perdita di posti di lavoro.