Sui migranti lascia esterrefatti la disinvoltura con la quale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, in visita a Varsavia dal premier polacco Morawiecki, ha dichiarato di comprendere le ragioni che hanno spinto la Polonia a far saltare in aria l’accordo sul Patto asilo e migrazioni in Consiglio europeo.
A Varsavia si sono riuniti i Conservatori europei, e in mezzo agli alleati ed amici, in vista delle elezioni europee 2024, come avrebbe potuto Giorgia Meloni sgridare uno dei suoi più importanti interlocutori in Europa?
A ottobre prossimo la Polonia eleggerà un nuovo Parlamento e un nuovo Primo ministro. Morawiecki, naturalmente, spera in una sua rielezione. La stessa Meloni lo augura per rinsaldare l’asse conservatore che punta ad ottenere un cospicuo numero di rappresentanti a Bruxelles.
SALTATO IL PATTO ASILO E MIGRAZIONI
Sui migranti, quindi, non solo per colpa dei conservatori non sono stati fatti passi in avanti, quanto meno nemmeno quelli propagandati da Meloni & Co. Ma è andata anche in scena un triste copione ricco di contraddizioni e ambiguità. Sempre le stesse.
Il 30 giugno scorso, i 27 capi di Stato e di governo hanno sottoscritto le conclusioni sul nuovo Patto immigrazione e asilo, siglato dai ministri dell’Interno lo scorso 8 giugno, in cui si prende atto del no della Polonia e dell’Ungheria sui ricollocamenti obbligatori dei migranti tra tutti gli Stati membri, proposto per superare il fallimentare schema volontario. E la loro ferma contrarietà dunque al pagamento di una sanzione in caso di mancato rispetto del vincolo.
E la solidarietà europea chiesta a gran voce da Budapest e Varsavia? Vale per gli altri Stati europei ma non per loro.
UNGHERIA E POLONIA DICONO NO, L’ITALIA LE GIUSTIFICA
Il fatto clamoroso è che su 27 Stati membri, tra cui anche l’Italia rappresentata da Meloni, soltanto Polonia e Ungheria si sono opposti, adducendo come pretesto quello di avere accolto i rifugiati ucraini. Oltre alle palesi contraddizioni e ambiguità del sovranismo europeo, c’è una forte miopia sulla urgenza di governare il fenomeno migratorio prima che esploda in tutta Europa.
In gioco ci sono il diritto alla vita, il rispetto del diritto internazionale e della Convenzione sul diritto del mare, la resilienza dell’Unione europea che non può limitarsi a trincerarsi dietro le cosiddette frontiere esterne. Infine, quale futuro vogliamo per la società europea oggi sempre più scossa da divisioni, manifestazioni di intolleranza e rigurgiti inaccettabili di matrice estremista e a destra.
MIGRANTI, SEMPRE LO STESSO COPIONE
La Premier Meloni è andata in giro a raccontare che la soluzione allo strutturale fenomeno delle migrazioni in Europa è quello di replicare modelli sbagliati e fallimentari come gli accordi bilaterali con i Paesi di provenienza. Ma a quale costo?
Intanto, la vittoria propagandata da Meloni sull’accordo con la Tunisia è una fake news. Non c’è modo di chiuderlo, se volessimo in modo vantaggioso per l’Unione europea, quando la controparte è uno Stato sull’orlo della bancarotta, dilaniato da lotte interne e dalla diffusa povertà. Non solo.
Ritengo anche che continuare a fare credere che basti chiudere un accordo con la Tunisia per arrivare a una svolta è quanto di più sbagliato possa fare il governo italiano e l’Unione europea. Come Partito Democratico non condividiamo oggi missioni condotte in Paesi non sicuri nella vana e illusoria speranza che si possano bloccare le partenze.
UN FLOP DOPO L’ALTRO
Insomma, dalla riforma del Regolamento di Dublino (obiettivo mancato), alla gestione comune delle operazioni di salvataggio in mare (obiettivo mancato) fino alla recente missione in Tunisia con la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, l’Olanda, con Mark Rutte, e l’Italia, con Giorgia Meloni, alla ricerca di un’intesa in cambio di sostegno economico, per il controllo delle partenze e che almeno sulla carta dovrebbe comprendere azioni congiunte per combattere il traffico di esseri umani, estendere le attività di ricerca e soccorso e aumentare i rimpatri, è un flop dietro l’altro.
Sono convinta quindi che le migliori basi per una buona politica migratoria passino da una visione intelligente e lungimirante rispetto a quella che pone al centro le sole frontiere esterne, da proteggere a tutti i costi finanche con muri, filo spinato e recinzioni.
SULLA GESTIONE DEI MIGRANTI LA SVOLTA UE NON ESISTE
E così il prevalere delle posizioni più estremiste, sovraniste e ideologiche, purtroppo, allontanano e di molto la prospettiva di una Unione europea più forte e più giusta anche e soprattutto sulla gestione dei flussi migratori. Gestione che è diventata già oggetto del contendere alle prossime elezioni europee 2024.
Oltre ai veti incrociati e mal celate strategie e accordi politici, nessuna soluzione concreta o un’alternativa valida è mai stata proposta da quei paesi che invocano una solidarietà “à la carte” e pronti a tutto per calpestarla alla prima occasione utile.