I migranti dividono le destre, anche se vogliono far credere ai cittadini e alle cittadine il contrario. La Plenaria della settimana scorsa è stata un pò la cartina di tornasole delle debolezze e contraddizioni delle destre europee e italiane. Il 20 aprile scorso, l’Eurocamera ha votato a favore del nuovo patto asilo e migrazione che contiene una serie di proposte, avanzate dalla Commissione europea ed emendate poi dal Parlamento europeo, per riformare le regole sui richiedenti asilo, i rifugiati e i migranti economici.
La riforma dovrebbe chiudersi entro il 2024, prima cioè delle Europee. Il condizionale è d’obbligo.
Primo. Mettere d’accordo tutti i paesi membri non sarà facile. Bruxelles infatti inizierà un lavoro di interlocuzione e negoziato con i governi nazionali nella maggior parte dei casi oggi guidati da partiti conservatori e/o coalizioni in cui c’è una estrema destra molto forte – partiti spiccatamente nazionalisti e sovranisti – che pretendono maggiore solidarietà europea ma sono poi gli ultimi disposti a cedere sull’accoglienza e l’integrazione dei migranti.
Secondo. Oggi ci sono paesi, tra cui anche il nostro, campioni di paradossi sul tema migranti. E in effetti, durante la Plenaria del Parlamento europeo è successo che le destre si siano spaccate al loro interno sul voto al nuovo patto asilo e migrazione e che siano stati fortemente criticati dai popolari europei, il cui capo gruppo, Manfred Weber, ha tentato invano di costruire un cartello politico-elettorale con i gruppi di estrema destra, ECR e ID, a cui aderiscono rispettivamente Fratelli d’Italia e Lega, sfruttando il tema migranti.
DESTRE NEL CAOS
Nei giorni precedenti alla discussione e votazione in Plenaria, ECR e ID hanno fatto ostruzionismo contro la relazione sul patto asilo e migrazione della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) del Parlamento europeo. Le delegazioni di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia sono state costrette a tentativi di conciliazione con gli altri partiti di estrema destra europei appartenenti agli stessi gruppi parlamentari. Segno che Meloni può fare affidamento sull’alleato ungherese Orban solo a fasi alterne visto che il punto su cui ECR e ID si sono spaccati al loro interno riguardava la proposta di un sistema di ricollocazione dei migranti obbligatorio per alleggerire i paesi di frontiera, come l’Italia, e in generale i paesi del Mediterraneo.
Come se non bastasse, il Parlamento europeo, per fortuna, ha bocciato – è la prima volta – e in toto, il budget 2024, sventando così il tentativo da parte questa volta dei Popolari europei di finanziare, con i soldi del bilancio europeo, la costruzione di muri e recinzioni alle frontiere.
Muri e recinzioni destinati ai confini tra Europa e paesi più a Est del Continente attraversati dalla rotta balcanica dei migranti.
Tutto questo è avvenuto in una settimana in cui, quindi, fallito l’asse tra i conservatori europei e le destre più estreme in vista delle Europee 2024, in Italia il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in visita a Varsavia, ha invitato l’Europa, ancora una volta, a rivedere i regolamenti di Dublino, definendo le norme europee “preistoriche”. Ma condannando qualsiasi forma di nazionalismo e sovranismo che in concreto non riescono a trovare risposte o a elaborare soluzioni ai problemi o alle emergenze. Fonti invece di innumerevoli paradossi e caos politico.
SUI MIGRANTI OCCORRE ABBANDONARE IDEOLOGIE E PROPAGANDA
Per quanto riguarda l’Italia, ho già espresso in più occasioni forti preoccupazioni sul metodo Piantedosi-Meloni, i quali battendo i pugni contro le Ong e contro alcuni paesi europei, non si rendono conto che questo fenomeno umanitario e socio-economico va affrontato con sobrietà, rispettando la vita umana, i diritti fondamentali, le norme internazionali e ricercando con diplomazia, impegno e proposte concrete un coordinamento europeo nelle sedi opportune.
Non è accattabile anteporre una ideologia politica al rispetto e alla difesa della vita e della dignità umana. Proposte come il blocco navale o la retorica del fermare le partenza non hanno alcun senso, se non un fine elettorale. Lo sono i limiti ai salvataggi in mare imposti alle ONG. Che per decreto oggi devono procedere allo sbarco dei naufraghi subito dopo ogni operazione di soccorso; e solo ed esclusivamente nel porto assegnato dalle autorità nazionali a miglia di distanza dal luogo del soccorso.
Una misura che ostacola ulteriori salvataggi, in contrasto con i principi e le regole della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare che obbliga invece a prestare assistenza immediata alle persone in difficoltà. Di fatto, l’allontanamento forzato delle navi umanitarie aumenta il rischio di perdere vite umane in mare e non ha affatto diminuito il numero delle partenze dai paesi del Nord Africa. La teoria del “pull factor” del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi è stata smentita dai circa 40mila arrivi dall’inizio del 2023 o dalle stragi in mare, come quella che si è consumata a Steccato di Cutro.
Caos e disfatta totale per le destre sui #migranti. Il @Europarl_EN boccia la proposta di finanziare muri con i soldi europei! Al solito le destre affrontano il tema in modo contraddittorio e paradossale sabotando così una risposta comune che pure pretendono a gran voce.
— Daniela Rondinelli (@Dani_Rondinelli) April 19, 2023
STATO DI EMERGENZA: ENNESIMO SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE
Intanto gli sbarchi sulle nostre coste continuano senza sosta. Sono oramai circa 40mila i migranti approdati in Italia dall’inizio dell’anno ad oggi, molti di più di quelli arrivati nello stesso periodo del 2022 (8.432) e del 2021 (8.522). Davanti a questi numeri, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza, un atto amministrativo regolato dal codice di Protezione civile utile a intervenire con maggiore velocità in situazioni eccezionali. Ancora una volta, quindi, si continua a procedere con soluzioni tampone, dettate dalla contingenza, senza risolvere le basi del problema. Non si tiene conto, ad esempio, che una delle priorità riguarda il sistema di accoglienza. Con i decreti sicurezza è stata smantellata la rete di accoglienza diffusa.
Non sono d’accordo con l’approccio dei rimpatri: operazioni costose per le quali non basteranno mai i 5 milioni di euro stanziati al momento dal governo. Contrari alla gestione emergenziale dei migranti sono anche molti sindaci e presidenti di Regioni che hanno fatto sapere che non intendono ospitare sui loro territori i Centri di permanenza e rimpatrio (Cpr) che il governo vorrebbe costruire per velocizzare le procedure di rientro dei migranti: 45mila circa negli ultimi cinque anni.
LE SOLUZIONI NON POSSONO CHE ESSERE COMUNI
Se è vero che nella gestione dei migranti non tutte le responsabilità possono essere addossate al governo Meloni, è altrettanto evidente che è arrivato il momento di mettere da parte ambiguità e atteggiamenti che indeboliscono molto la posizione dell’Italia sui tavoli europei.
Le migrazioni infatti sono un’emergenza umana e sociale che riguarda tutta l’Unione. Servono proposte realizzabili, ad esempio, un meccanismo di soccorso e salvataggio in mare comune. Corridoi umanitari che impediscano ai migranti che fuggono dai conflitti, dalle crisi economiche e sociali o dai regimi di affidarsi ai trafficanti e di morire in mare. Nuove norme europee chiare sull’accoglienza, i ricollocamenti e i ricongiungimenti familiari e infine la loro integrazione in Europa. Giudico molto grave che l’esecutivo abbia deciso di indebolire la protezione umanitaria speciale. Come nel caso del decreto anti ONG, il governo italiano continua ostinatamente a guardare il dito e non la luna. E a perdersi in paradossi e contraddizioni.