Nelle scorse settimane sono intervenuta in Commissione Occupazione e Affari Sociali sul tema del benessere mentale nel mercato del lavoro digitale. Al riguardo, ho presentato degli emendamenti con i quali ho sottolineato la necessità di mettere a punto una normativa che equipari finalmente la salute e la sicurezza psichica dei lavoratori con quella fisica.
Sono dell’avviso infatti che occorra un nuovo e specifico paradigma per comprendere tutta la complessità del lavoro digitale, nel quale la salute mentale rappresenta un elemento essenziale. Abbiamo bisogno di aggiornare e rafforzare gli strumenti normativi attuali che da soli non sono più sufficienti a garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Lavoro digitale e benessere mentale
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) definisce la salute mentale come uno stato di benessere che consente agli individui di superare le tensioni quotidiane, di realizzarsi, di lavorare in maniera fruttuosa e produttiva e contribuire alla comunità.
In Europa, i disturbi mentali sono la principale causa di disabilità. E la terza causa principale del carico complessivo di malattia, dopo le malattie cardiovascolari e i tumori.
Secondo i dati raccolti dallo ENWHP – European Network for Workplace Health Promotion, i costi delle patologie mentali sono stimati oltre il 4 per cento del PIL in tutti gli stati dell’Unione europea. La depressione collegata al lavoro incide per 620 miliardi di euro all’anno, con una perdita i 240 miliardi in termini di produzione economica.
Lavoro digitale, tra pandemia e salute mentale
Durante la pandemia, il personale sanitario e altri lavoratori essenziali hanno affrontato da un lato un alto rischio di contrarre l’infezione. E dall’altro dovevano fare i conti con alti livelli di stress che in molti casi hanno minacciato la loro salute mentale.
Allo stesso modo, lo smart working, che il Covid-19 ha trasformato da possibilità per pochi a una necessità per molti, ha dilatato le dimensioni di spazio e tempo di lavoro. Generando difficoltà nel mantenere un equilibrio tra vita privata e vita lavorativa.
Un carico di lavoro eccezionalmente elevato, unito al rischio costante di contrarre il virus, hanno contribuito in maniera determinante all’aumento dei disturbi legati all’ansia. Come insonnia, burn out e vera e propria depressione.
Sono convinta che il disagio psichico debba essere riconosciuto come una priorità in termini di salute pubblica. Dobbiamo quindi scardinare il tabù della salute mentale che riguarda l’individuo e al tempo stesso la collettività. E da cui con la pandemia stiamo imparando dipende il benessere della società.
Chiedo quindi di ampliare la definizione di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Un ambiente sicuro è tale quando non danneggia né la salute fisica e né quella mentale dei lavoratori. Un diritto essenziale che deve trovare pieno riconoscimento sia a livello europeo sia a livello nazionale.
L’azione dell’Italia e del Parlamento europeo
In Italia il confronto pubblico sulle questioni di salute mentale e sull’urgenza di intervenire ha portato all’approvazione dell’emendamento per il cosiddetto “Bonus psicologo”, inserito ed approvato nel decreto Milleproroghe a metà del mese di febbraio.
Una misura che abbiamo voluto sostenere subito. E che siamo convinti permetterà a tanti cittadini di ottenere un supporto economico importante per le cure psicoterapiche. Il cui accesso non deve essere un privilegio di pochi.
Nell’attuale mercato del lavoro, la trasformazione digitale sta apportando diversi mutamenti. Dobbiamo preoccuparci di garantire la salute mentale dei lavoratori da remoto e degli smart worker che non possono più essere tutelati attraverso meri accordi volontari e individuali o protocolli. Quel che serve è una legge ad hoc in Italia e in Europa.
Il Parlamento europeo ha detto con chiarezza che serve agire con una direttiva su temi sensibili. Il diritto alla disconnessione o la regolamentazione degli algoritmi sempre più pervasivi per assicurare a tutti i lavoratori pari dignità e pari condizioni di lavoro. E inoltre stroncare nuove forme di dumping sociale che si ripercuotono sulla salute dei lavoratori.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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