La gestione dei flussi migratori è una delle emergenze che l’Unione europea non è ancora riuscita a risolvere a causa di forti divisioni politiche e ideologiche, della mancata riforma dei Regolamenti di Dublino e del meccanismo dei ricollocamenti volontari dei rifugiati. Ricollocamenti, a cui si sono del tutto sottratti alcuni Stati membri, come quelli del gruppo di Visegrad.
Il mese scorso il governo Meloni ha polemizzato con l’Unione europea sulla gestione degli sbarchi. Di fatto alzando un polverone, che ha generato non poche tensioni con i paesi limitrofi e non ha però portato a una soluzione. Nella newsletter precedente ho commentato la scelta dell’Esecutivo di fare la voce grossa sul tema dei flussi migratori, trovandola purtroppo infruttuosa e ideologica.
L’emergenza migranti, infatti, va affrontata con coesione e solidarietà. Mettendo subito mano ai Regolamenti di Dublino, ma anche, evitando di diffondere la retorica che racconta oggi all’opinione pubblica come la maggior parte dei migranti che arrivano in Europa lo facciano tramite ONG e in modo illegale. Il tema delle migrazioni è più complesso e ricco di sfaccettature. Non a caso, al Parlamento europeo sto seguendo due importanti riforme con l’obiettivo di semplificare l’accesso dei lavoratori provenienti dai paesi terzi nell’Unione europea e di garantire loro diritti e tutele in quanto soggiornanti di lungo periodo.
Alcuni dati
La migrazione e la mobilità sono e continueranno ad essere caratteristiche intrinseche della storia umana, a livello mondiale e nell’Unione europea. Ogni anno 2-3 milioni di cittadini stranieri arrivano in Europa con un permesso di soggiorno per motivi familiari o di lavoro. Il 1° gennaio 2021 soggiornavano nell’Unione europea circa 23,7 milioni di cittadini di paesi terzi, il 5,3% della popolazione totale. Il settore agricolo in modo particolare in Italia occupa la stragrande maggioranza degli stranieri che vivono e lavorano in Europa.
Proprio nel nostro Paese, l’agricoltura dà lavoro a un milione di migranti circa. Lavoratori dipendenti, i quali hanno continuato a operare nei campi anche durante la pandemia.
La migrazione irregolare rimane limitata, anche se i media tendono a cavalcare spesso l’onda della minaccia di un’invasione. Mentre sono milioni i cittadini di paesi terzi che arrivano nell’Unione europea utilizzando percorsi legali. Gli arrivi irregolari infatti sono circa 125-200 mila.
Sono convinta che la migrazione legale sia vantaggiosa per la nostra società e la nostra economia. In primo luogo, perché sostiene la ripresa dell’Unione europea soprattutto nel periodo post pandemico. In secondo luogo, rimedia alla carenza di manodopera e figure professionali utili per accompagnare la transizione verde e digitale dell’Ue. In terzo luogo, i lavoratori migranti aiutano l’Unione europea ad arginare la grave crisi demografica e il rapido invecchiamento della popolazione.
Cosa prevedono le direttive europee e perché aggiornarle
La direttiva sui soggiornanti di lungo periodo e la direttiva sul permesso unico definiscono il quadro in termini di procedure e diritti per gran parte dei lavoratori di paesi terzi che soggiornano legalmente nell’Unione europea.
Tuttavia, i due atti legislativi non hanno pienamente raggiunto gli obiettivi per i quali sono stati inizialmente adottati, rispettivamente nel 2003 e nel 2011.
La direttiva sui soggiornanti di lungo periodo è sottoutilizzata dagli Stati membri e non garantisce un diritto effettivo alla mobilità all’interno dell’Ue. La direttiva sul permesso unico inoltre non ha pienamente conseguito l’obiettivo di semplificare le procedure di ammissione per tutti i lavoratori provenienti dai paesi terzi.
Per questi motivi, la Commissione ha proposto una revisione globale delle due direttive. Gli obiettivi principali consistono nel rendere le procedure più efficienti e rapide, rafforzare la mobilità all’interno dell’Ue dei cittadini di paesi terzi che già soggiornano e lavorano nell’Unione, promuovere l’integrazione e prevenire lo sfruttamento dei lavoratori.
La Commissione ha proposto anche di aggiornare la direttiva sul permesso unico allo scopo di snellire ulteriormente la procedura di domanda di un permesso combinato di lavoro e soggiorno e rafforzare le garanzie per la parità di trattamento e la protezione contro lo sfruttamento dei lavoratori.
Le mie proposte di miglioramento
Ho presentato delle proposte molto chiare per agevolare la permanenza dei lavoratori migranti e impedire forme di sfruttamento e caporalato, in particolare nel settore agricolo, in cui non mancano, purtroppo, storie di illegalità e di abusi ai limiti della schiavitù che dobbiamo contrastare con tutti i mezzi.
Per farlo, il primo passo non può che essere quello di coinvolgere il più possibile le parti sociali nei meccanismi di controllo e d’ispezione sui datori di lavoro, in modo particolare in caso di sub-appalto dove sempre più spesso si verificano violazioni. I lavoratori migranti devono potere ricevere aiuto e assistenza dai sindacati italiani e dalle ONG. Il permesso di soggiorno unico va rilasciato anche in formato elettronico per prevenire casi di sottrazione illegale da parte dei datori di lavoro.
Stop allo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura
Per i braccianti, ai quali viene concesso col lavoro anche l’alloggio, è fondamentale che le autorità possano sempre verificare la salubrità delle condizioni abitative. Dobbiamo mettere fine alle baraccopoli, che in alcune aree del Sud Italia, sono teatro di emarginazione, sfruttamento e povertà e che rappresentano una grande vergogna per il nostro Paese.
Garantire percorsi chiari e condivisi di migrazione a livello europeo per favorire l’accesso al mercato del lavoro e l’integrazione è un tassello indispensabile per combattere lo sfruttamento in agricoltura.
I lavoratori stranieri devono potersi muovere facilmente nel mercato interno, per questo, occorre un coordinamento tra tutti gli Stati membri. Serve un sistema informatizzato per lo scambio di informazioni sui lavoratori migranti, dipendenti e autonomi, anche per controllare che i loro diritti vengano rispettati in tutti i paesi europei. Riconoscere i titoli di studio degli stranieri di paesi terzi infine è essenziale per reperire facilmente nuovi professionisti.
Con queste norme europee, vogliamo valorizzare la migrazione legale per motivi di lavoro e/o familiare. E spingere così gli Stati membri a investire meglio le risorse per permettere loro di accedere nell’Unione europea, portando così nuove energie e nuove competenze. Demonizzare il fenomeno delle migrazioni è sbagliato ma anche controproducente. Inoltre, raccontare un fenomeno complesso in modo semplicistico non porterà alcun beneficio né all’Italia né all’Unione europea e impedirà invece di trovare soluzioni concrete.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.