“Looking forward to Kyiv”. Sono le sette e trentotto dell’8 aprile scorso. Con un tweet sintetico, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, “guarda avanti” in direzione della Capitale ucraina.
Lo scatto postato sul social network la ritrae in cammino sulla banchina della stazione ferroviaria in partenza per Kiev. Von der Leyen prima fa tappa a Bucha, l’altra città “martire” dove l’esercito russo ha ucciso oltre 400 civili, tumulati poi in fosse comuni, e poi incontra il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
In occasione di questa visita, la presidente della Commissione europea ha rilasciato una dichiarazione forte sull’adesione all’UE dell’Ucraina.
Your fight is our fight. Europe is on your side.
This is the message I brought to President @ZelenskyyUa and the Ukrainian people yesterday in Kyiv. pic.twitter.com/UvWtm26Iww
— Ursula von der Leyen (@vonderleyen) April 9, 2022
L’adesione dell’Ucraina all’UE
Il presidente ucraino ha presentato formalmente la domanda di adesione all’Unione europea il 27 febbraio scorso, appena tre giorni dopo l’inizio del conflitto. L’11 marzo scorso il Consiglio europeo ha chiesto alla Commissione di predisporre la complessa procedura che potrebbe condurre all’ingresso dell’Ucraina nell’UE, assieme alla Moldavia e alla Georgia. Altri due Stati verso i quali il presidente russo, Vladimir Putin, non ha mai tenuto nascoste le proprie mire espansionistiche.
Il massacro di Bucha, e l’ostinazione del presidente russo nel perseguire il suo folle obiettivo di occupare l’Ucraina dopo oltre 50 giorni di bombardamenti e attacchi via terra, sta scuotendo l’Unione europea. Contro i gravi crimini di guerra commessi dai russi, dopo il primo “round” di sanzioni contro Mosca, è necessario reagire con decisione.
Le sanzioni e l’opinione formale della Commissione sulla domanda domanda di adesione dell’Ucraina
Sul tavolo è stata posta, prima di tutto, la richiesta del Parlamento europeo di imporre l’embargo sui combustibili fossili che l’Unione europea importa dalla Russia. L’obiettivo è duplice: isolare economicamente Putin e i suoi “oligarchi”, togliendo così una fetta sostanziosa di fondi per finanziare il conflitto, e indebolire politicamente Mosca, affinché chiuda questo orrendo capitolo contro l’Ucraina.
Sull’embargo, la decisione spetta ora al Consiglio europeo. Le resistenze di alcuni Paesi, quali Germania, Austria, Olanda, stanno generando delle frizioni interne che non possiamo permetterci. Sono convinta che l’embargo, proposto dal Parlamento europeo, sia doveroso e urgente. Al tempo stesso però sicuramente difficile da mettere in pratica senza unità e coesione e naturalmente una strategia energetica comune, come spiego meglio qui.
L’Europa, decisa a sostenere Kiev sia sul piano militare sia sul piano umanitario, giudica oggi positivamente l’ingresso dell’Ucraina nell’UE, dopo questa vile aggressione della Russia. La promessa della presidente von der Leyen “di una opinione formale sull’adesione dell’Ucraina all’UE in pochi mesi, come prevede la procedura”, giunge in un momento drammatico e di vitale importanza per il futuro dell’Ucraina e per la stabilità europea.
Il 20 aprile scorso, il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, ha ribadito al presidente ucraino Zelensky che, “Entro giugno avremo l’opinione della Commissione” sullo status dell’Ucraina, come Paese candidato.
Putin “non riuscirà a distruggere la sovranità dell’Ucraina né a dividere l’Unione Europea, l’Ue farà ogni cosa per fare vincere la guerra a Kiev“.
Se da un lato, l’adesione dell’Ucraina costituirebbe un valore aggiunto per l’Unione europea sul piano politico ed economico, dall’altro, credo che sia importante tenere conto di una serie di domande aperte.
La procedura di adesione: tempi, condizioni, modalità
L’Unione europea è il risultato di un processo di allargamento che dal 1957 ha portato il numero degli Stati membri dai 6 paesi fondatori agli attuali 27.
Nonostante nel 2020 il Regno Unito abbia abbandonato l’Unione, sono tanti i paesi che invece hanno chiesto di farne parte: il Montenegro (che ha presentato domanda nel 2012), la Serbia (che attende dal 2014), l’Albania e la Macedonia del Nord (dal 2020), la Turchia (dal 2005), la Bosnia Erzegovina (dal 2016).
Fare parte dell’Unione europea non è semplice e non esiste una procedura accelerata. Ogni tappa è stabilita dal Trattato dell’Unione europea che, all’articolo 49 fissa i criteri a cui tutti i paesi che desiderano diventare membri devono conformarsi.
I criteri:
- la presenza di istituzioni stabili a garanzia della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti umani, del rispetto e della tutela delle minoranze;
- un’economia di mercato affidabile e la capacità di far fronte alle forze del mercato e alla pressione concorrenziale all’interno dell’Unione;
- la capacità di accettare gli obblighi derivanti dall’adesione, tra cui la capacità di attuare efficacemente le regole, le norme e le politiche che costituiscono il corpo del diritto dell’Unione, nonché l’adesione agli obiettivi dell’unione politica, economica e monetaria.
Soddisfare tutti questi criteri richiede tempo. E, in media, i paesi che decidono di aderire attendono 10-12 anni per diventare ufficialmente Stati membri.
Il concetto di accelerazione sui tempi di adesione è quindi molto relativo. Nel caso dell’Ucraina si discute infatti sulla velocizzazione del primo passo, quello del riconoscimento dello status di “candidato”.
Fino ad oggi, l’allargamento ha rappresentato il principale strumento di politica estera dell’Ue. La prospettiva di aderire all’Unione europea, e di beneficiare del suo grande mercato interno, ha incentivato la stabilizzazione politica dei Paesi candidati, oltre che la loro apertura economica.
Attraverso i vari allargamenti, in particolare quelli del 2004 e 2007, è stato possibile avvicinare l’Europa orientale e occidentale, rendendo entrambe più sicure.
Tuttavia, i vari allargamenti hanno creato anche non pochi problemi all’UE. Hanno aumentato la disomogeneità interna, relativamente alle finalità dell’integrazione europea. E reso evidenti le difficoltà di alcuni dei nuovi Stati membri ad accettare il progetto europeo di un’Unione “sempre più stretta e coesa”, da raggiungere a scapito di una parte della propria sovranità nazionale.
Il futuro dell’Ucraina e dell’Europa post conflitto
La guerra in Ucraina ha costi innanzitutto umani ma anche economici e politici enormi che l’Europa, comunque, non potrà ignorare.
La popolazione ucraina è ampiamente a favore dell’integrazione europea. L’Ucraina è un Paese di 50 milioni di abitanti, territorialmente vasto e con un reddito medio pro capite bassissimo.
I costi per la sua integrazione saranno sicuramente elevati. E non c’è certezza sul fatto che Putin accetterebbe un’Ucraina all’interno dell’UE. Anche se, le sue preoccupazioni politiche si concentrano da sempre su una espansione a Est dell’Alleanza Atlantica (NATO).
Quel che è certo è che l’Unione europea ha dinanzi a sé una sfida enorme. Prima di tutto, perché è bene che non commetta gli errori del passato, nonostante le circostanze, dovrà evitare un ingresso frettoloso.
Sia perché ci sono altri paesi che attendono da tempo di potere entrare a far parte dell’UE sia perché non deve alimentare nuovi squilibri economici e politici al proprio interno. Squilibri che non le gioverebbero affatto, ma al contrario la indebolirebbero.
Come ci ricordano Ungheria e Polonia su diverse questioni – dal rispetto dello Stato di diritto, alla libertà di stampa, alla concorrenza sleale – c’è tanto lavoro da fare per una maggiore integrazione politica ed economica di tutta l’Unione europea.
La volontà del popolo ucraino
Con la elezione di Zelensky nel 2019, il popolo ucraino si è espresso chiaramente a favore dell’adesione all’UE. Tale volontà, proprio come quella di autodeterminarsi, non va ignorata.
Sono convinta però che sia fondamentale, a partire da ora, provare a rispondere a una serie di domande aperte, che riguardano l’adesione all’UE dell’Ucraina.
- Come trattare concretamente sul piano politico questa adesione in una prospettiva post conflitto?
- I costi per la ricostruzione dell’Ucraina saranno enormi. L’Unione europea come intende gestirla, con un nuovo Piano Marshall?
- L’Ucraina rimarrà comunque una frontiera esterna, l’UE come affronterà in prospettiva le decisioni di difesa e sicurezza comune?
Domande aperte e legittime, in un contesto in cui è molto difficile, ancora, dire quando e come si concluderà questo ingiustificato e ingiustificabile conflitto.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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