La campagna elettorale per le europee del prossimo anno è già iniziata

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Nelle ultime settimane, il Parlamento europeo viene utilizzato sempre più spesso come una “piattaforma” per fare campagna elettorale a livello nazionale. Anziché come un organo legislativo per discutere e adottare politiche per l’Unione europea.

Per quanto legittimo nell’ambito di un dibattito democratico, i rischi per l’andamento futuro dei lavori sono molteplici. Esiste, infatti, la concreta e non auspicabile possibilità che questioni nazionali riducano o interferiscano con le tematiche comunitarie.

Catalogna, famiglie arcobaleno e verifica dello Stato di diritto in diversi paesi europei: credo che questi tre temi siano utili per capire quanto sia stata delicata la Plenaria di questa settimana che si è appena conclusa. Soprattutto per gli Stati membri coinvolti.

Trattasi di battaglie ideologiche e soprattutto di temi politici nazionali.

COSA È SUCCESSO NEL CORSO DELLA PLENARIA?

Nella discussione iniziale di mercoledì 29 marzo scorso, c’è voluta oltre un’ora e mezza di dibattito per riuscire ad approvare l’ordine del giorno. La maggior parte del tempo è stato impiegato in discussioni accese tra esponenti nazionali appartenenti a correnti opposte su temi molto delicati, uno in particolare riguardante il nostro Paese.

La presenza del sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha messo sotto i riflettori un tema che mi sta particolarmente a cuore e che è stato al centro del dibattito politico nelle ultime settimane: i diritti delle famiglie omogenitoriali.

In particolare, quasi tutti i gruppi, seppur con diverse sfumature, hanno proposto discussioni e iniziative sul tema. Generando inevitabilmente dissapori e contrasti. Alla fine, dopo una ventina di minuti di discussioni, il tutto “ha trovato soluzione” con l’approvazione di una proposta di dibattito che ha posto fine allo scontro.

L’ordine del giorno della Plenaria è stato dominato da temi legati a doppio filo con le dinamiche nazionali di diversi Stati membri. L’arresto dell’europarlamentare catalana Clara Ponsati; la richiesta di risposte sulle violenze contro i manifestanti in Francia; ma soprattutto la verifica dello Stato di diritto in Spagna, Malta e Grecia, dove tra poche settimane si voterà per rinnovare il governo.

Temi che, per quanto possano essere considerati rilevanti a livello europeo, sembrano piuttosto figli di questioni nazionali rispetto alle quali non si trovano, o non si vogliono trovare, risposte nelle sedi opportune.

E, a volere essere maliziosi, sono convinta che sono tutti temi utili per la campagna elettorale delle Europee 2024.

IL PALCOSCENICO EUROPEO PER LE BATTAGLIE NAZIONALI

Il fenomeno dell’internazionalizzazione dei temi nazionali non è nuovo nell’ambito delle Istituzioni. Da sempre, soprattutto a ridosso del periodo delle elezioni, i partiti politici cercano consensi. Presentandosi come difensori degli interessi nazionali o più semplicemente decidono di utilizzare il Parlamento europeo come trampolino di lancio per la loro campagna politica a livello nazionale.

Questo tipo di comportamento non solo ha effetti negativi sulla capacità del Parlamento europeo di adottare politiche comunitarie efficaci. Ma può anche portare a una pericolosa frammentazione interna. In effetti, quando i partiti o i gruppi politici adottano strategie puramente elettorali, quasi dimenticano di lavorare per la comunità europea. Indebolendo peraltro la posizione dell’Unione a livello internazionale.

È quindi importante che i politici europei rispettino il ruolo del Parlamento e non lo snaturino rispettando il mandato: adottare politiche che soddisfino i bisogni e le istanze dei cittadini europei.

È GIUSTO CHE BATTAGLIE LOCALI VENGANO PORTATE A LIVELLO EUROPEO?

La riposta in questo caso è un “ni”. D’altro canto è innegabile la relazione intrinseca che lega i due livelli politici. Molti dei temi politici nazionali hanno un impatto sulle politiche europee e viceversa. Inoltre, molte questioni, come l’immigrazione o la sicurezza, hanno conseguenze su altri Stati membri. Adottare una prospettiva ampia è quindi importante.

Il Parlamento, inoltre, in quanto rappresentante diretto degli interessi dei cittadini, deve essere in grado di discutere e adottare politiche che oltre ad avere un impatto europeo ne abbiano uno anche a livello locale.

Sempre più cittadini si percepiscono come parti attive all’interno dell’Unione europea ed è quindi naturale che si aspettino delle risposte o delle soluzioni.

Ultimo, ma non per importanza, il coordinamento tra paesi dell’Unione europea consente ai rappresentanti di coordinarsi meglio e di trovare soluzioni comuni a problemi comuni. In questo modo, il Parlamento europeo può contribuire a una maggiore coesione tra gli Stati membri e a una maggiore solidarietà tra i cittadini europei.

Sono convinta che nella costruzione di una buona agenda politica europea il nostro faro sono i Trattati che stabiliscono le competenze degli Stati nazionali – secondo i principi della sussidiarietà e proporzionalità – quelle delle Istituzioni europee e infine le competenze comuni.

Quindi, è giusto che i temi politici nazionali trovino spazio al Parlamento europeo.

Al tempo stesso però quanto è avvenuto questa settimana in Plenaria mi ha fatto riflettere sull’importante differenza che c’è tra rappresentanza politica ed interessi di parte.

Se le discussioni parlamentari si spostano da “cosa è importante per i cittadini”  a “cosa è importante in vista delle elezioni” sviliamo le Istituzioni europee. È importante trovare un equilibrio tra i dibattiti e i confronti sulle questioni nazionali e quelle europee. Solo in questo modo si può garantire rappresentanza ai cittadini senza minare la ragion d’essere dell’Unione europea.