Sono quasi 6 milioni gli italiani che vivono e lavorano all’estero. Come figlia di immigrati in Svizzera ma anche come italiana che vive e lavora da più di 12 anni fuori dal proprio Paese, conosco bene i problemi e le necessità di quanti risiedono in Europa. Sono convinta che proprio verso di loro, le istituzioni dovrebbero avere una cura particolare. Non facendoli sentire cittadini di “serie B”, salvaguardandoli e valorizzandoli. E per migliorare la condizione di vita dei nostri concittadini e concittadine all’estero, sono tre i punti sui quali bisogna agire.
Potenziare i servizi consolari
Condivido pienamente la necessità di rafforzare i servizi consolari. È necessario aumentare e ottimizzare il personale prevedendo anche sportelli dedicati per gli italiani che si recano per la prima volta all’estero per motivi di famiglia, studio o lavoro. Ritengo che il rafforzamento della pubblica amministrazione passi dalla semplificazione dei processi amministrativi, tramite i servizi digitali. Sono convinta che i fondi del PNRR ottenuti in sede europea possano (e debbano) essere utilizzati a questo scopo.
Potenziamento del ruolo dei Comites e del Cgie, riforma AIRE e rimodulazione dell’IMU
I Comites hanno un ruolo centrale per dare voce alla grande comunità degli italiani all’estero. A oggi tre milioni di concittadini e concittadine risiedono nei 46 paesi europei che costituiscono il collegio Europa. Ritengo che essi debbano essere definitivamente svincolati da un approccio puramente volontaristico che rappresenta un argine censitario alla rappresentanza.
Il potenziamento del ruolo dei Comites deve avere una proiezione politica non solo a Roma, ma anche presso i nostri rappresentanti al Parlamento Europeo, dato che è a Bruxelles che oggi si decidono gran parte dei diritti e dei doveri di oltre 400 milioni di abitanti dell’Unione Europea, nonché i rapporti con i paesi extra UE.
Un altro tema sensibile è quello del trattamento fiscale. Considero inaccettabile tartassare gli italiani residenti all’estero con il pagamento dell’IMU sulla seconda casa. Associare il mantenimento delle proprie radici a un bene di lusso è sbagliato nel metodo e nel merito e per questo ritengo giusto rivedere questa norma, sostanzialmente, rimodulandola.
Assistenza sanitaria, pensionati, doppia cittadinanza e riconoscimento automatico dei titoli di studio nell’UE
La portabilità dei diritti è un tema che incide nella vita quotidiana degli italiani all’estero. Vale per i titoli di studio e professionali acquisiti in Europa ma anche per la tutela sanitaria e gli assegni familiari. Per finire, anche con l’annosa questione del ricongiungimento dei contributi versati all’estero per ottenere la pensione. Tutti diritti fondamentali che determinano le opportunità e la qualità di vita di una persona e che vanno garantiti in modo chiaro, semplice e sistematico per tutti.
Particolare attenzione ai lavoratori
Gli italiani all’estero, nel collegio Europa, sono anche lavoratori distaccati. La platea più numerosa è sicuramente quella dei lavoratori trans-frontalieri. Conosco molto bene le loro difficoltà nel ricongiungimento dei contributi previdenziali e soprattutto di quelli pensionistici. Ma anche i problemi legati alla certezza di potere esercitare il diritto alla tutela sanitaria e quello agli assegni familiari. Tutto è nella mani degli Stati nazionali.
Nell’UE questi temi stanno assumendo, col passare degli anni, sempre più importanza perché aumenta di anno in anno il numero di chi lavora in uno o più paesi UE: 13 mln in totale, di cui 1,5 mln frontalieri e 3 mln distaccati. Come candidata di Impegno Civico alla Camera dei Deputati per la circoscrizione Estero-Europa, forte del lavoro fatto al Parlamento UE sul numero di sicurezza sociale, pensato con lo scopo di combattere forme di dumping sociale e salariale e garantire una sana mobilità lavorativa nell’UE, continuerò sempre a sostenere la necessità di armonizzare e semplificare la portabilità di tutti questi diritti fondamentali.
In particolare, sugli assegni familiari ritengo assurdo che italiani che producono reddito e pagano le tasse in Italia, non possano beneficiarne. Il nuovo governo e il nuovo Parlamento dovranno stanziare sufficienti risorse pubbliche, che spettano di diritto ai nostri concittadini e concittadine, modificando subito la legge sull’assegno unico. Azioni necessarie che rafforzerebbero ulteriormente l’idea di un’Europa che abbatte realmente ogni barriera.