Da una parte il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dall’altra, la conferenza stampa della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Le visioni tratteggiate dall’uno e dall’altra sono profondamente diverse e meritano una riflessione, cari lettori e lettrici, perché il 2024 è un anno cruciale per l’Unione europea e il nostro Paese ma anche per la comunità internazionale su cui pesano conflitti e crisi.
LE BUGIE DI MELONI DESCRIVONO UNA REALTÀ CHE NON ESISTE
Lo scorso 4 gennaio si è tenuta la consueta conferenza stampa di fine anno della Presidenza del Consiglio. Inizialmente prevista per il 21 dicembre è poi slittata a inizio 2024 per problemi di salute della Premier. Più di quaranta domande in poco più di tre ore che hanno affrontato diversi temi a cui purtroppo la Premier ha risposto in modo retorico, fuorviante o poco accurato. Sicuramente, senza dare un minimo di visione di futuro del Paese e dell’Europa.
Nel discorso di fine anno del Presidente della Repubblica traspare invece il rispetto profondo per le Istituzioni e per la politica che è suo dovere rimproverare se non si dimostra all’altezza delle sfide – tante sfide – che riguardano l’Italia e l’Italia in Europa.
Tanta propaganda, dunque, che allontana il governo del Paese dalla realtà. Per dirne una. Meloni ha dichiarato che la legge di Bilancio è stata approvata in tempi record, salvo poi precisare “Intendo approvata [in tempi record] in Consiglio dei ministri”. Ma è solo una delle tante bugie di Meloni.
STIME DI CRESCITA SOTTO LA MEDIA UE E NESSUN TAGLIO ALLE TASSE
Per esempio, a proposito delle stime di crescita del Pil, la Premier ha sostenuto che è superiore alla media europea. Peccato che i numeri dicano il contrario. Le statistiche europee registrano un aumento del Pil italiano dello 0,9% nel 2024, contro l’1,3% previsto dall’UE nel suo insieme. Nel dettaglio, poi, il Pil italiano potrebbe addirittura fermarsi allo 0,6% quest’anno, anche perché alle statistiche teoricamente positive sulla occupazione dobbiamo affiancare quelle negative sulla produzione industriale in calo.
“Abbiamo diminuito le tasse tagliando la spesa pubblica”, ha detto poi la Premier Meloni.
Falso. Non solo non diminuiscono le tasse ma aumenta la spesa pubblica di ben 15 miliardi. La manovra, la peggiore degli ultimi dieci anni, in realtà ha solo “congelato” l’aumento delle tasse confermando il taglio del cuneo fiscale e l’accorpamento delle due aliquote Irpef per i lavoratori e le lavoratrici che guadagnano fino a 28mila euro l’anno. Le buste paga restano le stesse. Buste paga sulle quali ha pesato e peserà ancora l’inflazione – in lieve calo – ma non per i beni di largo consumo, quelli cioè che finiscono nel carrello della spesa delle famiglie.
EXTRA PROFITTI E BALNEARI. I MERITI CHE NON ESISTONO
E ancora, sugli extra profitti delle banche ha detto:
“Siamo il primo Governo che ha tassato le banche”. Altra bugia. Non c’è stata alcuna tassazione sugli extra profitti bancari e allo stato attuale nessun istituto di credito ha versato un euro in più rispetto al passato allo Stato.
Riguardo al nodo balneari, poi, che rischia di costare l’avvio di una procedura d’infrazione dell’UE contro l’Italia, la Presidente del Consiglio ha sostenuto che il suo governo è stato il primo a portare avanti la mappatura delle coste per le concessioni. In realtà, già dal 1993 esiste il sistema informativo del demanio che serve proprio ad acquisire informazioni sulle concessioni e le aree a disposizione. Il problema è che non sono mai stati indetti i bandi di gara per assegnarle ai privati.
L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA CHE PENALIZZA METÀ DELLE REGIONI
Sull’autonomia differenziata le parole della presidente Meloni sono state: “Non vedo sperequazioni tra Nord e Sud. Non è tagliare a una regione per dare a un’altra”
Peccato che il dossier del servizio studi del Senato dica esattamente il contrario: “Le regioni più povere, ovvero quelle con bassi livelli di tributi erariali maturati nel territorio regionale, potrebbero avere maggiori difficoltà ad acquisire le funzioni aggiuntive”. Meloni ha aggiunto che il suo governo avrà il merito di definire i livelli essenziali dei servizi, vedremo, a ogni modo l’autonomia differenziata è un disegno di legge che regge sulle sperequazioni e rischia tra le altre cose di impedire gli investimenti nel Mezzogiorno suggeriti invece dall’Unione europea con l’assegnazione delle risorse del PNRR.
PREMIERATO: LA RIFORMA CHE DEPOTENZIA IL CAPO DELLO STATO
Sul premierato è stato detto che la proposta di riforma costituzionale manterrà intatto il ruolo del Presidente della Repubblica.
Anche qui un’inesattezza. Il testo infatti obbliga il Capo dello Stato a sciogliere le Camere se non trova un Premier alternativo tra i parlamentari dello schieramento vincente che si traduce di fatto in un depotenziamento del ruolo di garanzia del Capo dello Stato super partes ai partiti.
MES E IL RISCHIO DI RESTARE ISOLATI IN EUROPA
Infine, ma l’elenco sarebbe ancora molto lungo, il Mes, la cui mancata ratifica può diventare, secondo Meloni, l’occasione per rivedere il trattato.
Altra bugia. Tutti i principali dirigenti delle strutture legate al Mes hanno sempre anteposto la ratifica del trattato alla possibilità di nuove modifiche. Per una riforma migliorativa, occorre ratificare il Mes. L’Italia è venuta meno ai patti con l’Unione Europea, scegliendo un folle isolamento politico.
Sono convinta che la confusione tangibile di questa maggioranza e delle destre in Italia si ripercuoterà anche in Europa, dove ho più volte denunciato le contraddizioni e i continui “no” a riforme cruciali non solo per la Nuova Europa ma anche per l’Italia.
La collezione di brutte figure che gettano un’ombra sul Paese continua anche in questi giorni. Dopo l’adunata per la commemorazione della strage di Acca Larentia. Dalla Premier non è arrivata nessuna parola di condanna per una manifestazione che altro non è che apologia del fascismo, per altro vietata dalla nostra Costituzione. Ci chiediamo il perché di questo silenzio da parte della più importante carica dello Stato. Intanto i saluti fascisti conquistano l’attenzione della stampa estera e finiscono sotto la lente dell’Europa. Una brutta vetrina per l’Italia, in un anno delicato per il futuro delle Democrazie e lo Stato di diritto.
DA MATTARELLA UN CHIARO RICHIAMO AI BISOGNI DEL PAESE REALE
Il richiamo, forte e deciso, ai veri problemi del Paese arriva invece dalla voce autorevole del Presidente della Repubblica. Nel suo discorso di fine anno, Mattarella ha posto l’accento sui problemi che assillano i giovani e le famiglie, ricordando che bisogna fare di più per il lavoro, specie per quello sottopagato o svolto in condizioni inique e di scarsa sicurezza. Ha sottolineato le “immani differenze di retribuzione tra pochi super privilegiati e tanti che vivono nel disagio”. Difficoltà che oggi si “incontrano” anche “nel diritto alle cure sanitarie per tutti” a causa di “liste d’attesa per visite ed esami in tempi inaccettabilmente lunghi”.
Tra i richiami sui diritti anche quello legato alle “esigenze degli studenti” che “vanno aiutati a realizzarsi”. E qui il richiamo è tutto legato a una delle lotte degli universitari, che hanno segnato l’anno che si è appena chiuso: in particolare, quello degli “ostacoli” al diritto allo studio a “cominciare dai costi di alloggio nelle grandi città universitarie, improponibili per la maggior parte delle famiglie”.
Parole che rappresentano un faro di saggezza. Una guida che dovremmo tenere bene a mente per dare concretezza a quel progetto di Paese e di Europa più vicina ai cittadini e alle cittadine pronte e capaci ad affrontare le grandi e delicate sfide che ci attendono.