Il 30 novembre scorso, la Commissione europea ha presentato la proposta di Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio che introduce il concetto di riuso dei materiali, oltre a quello del riciclo, per ridurre in linea teorica la diffusione, e di conseguenza la produzione, del packaging e dei rifiuti pro-capite.
Una proposta di riforma che ho da subito ritenuto sbagliata per diverse ragioni. La prima riguarda la strategia europea sul riciclo, rispetto alla quale l’Italia ha già investito per raggiungere i target fissati dall’Unione europea.
IL MIO IMPEGNO PER MIGLIORARE LA PROPOSTA
È proprio su questo aspetto che ho incentrato gran parte del mio lavoro di miglioramento della proposta di Regolamento. In Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo, infatti, è iniziata la discussione degli emendamenti alla riforma della Commissione europea. Sono del parere che gli obiettivi ambientali debbano essere sempre concreti, realistici, monitorabili e ragionevoli. E ciò non significa volere picconare le ambizioni europee e nazionali in difesa dell’ambiente. Al contrario. Lo dimostrano le mie proposte di emendamento e quelle da me sottoscritte.
Da tempo, il packaging è finito nel mirino della Commissione europea perché è considerato un fattore importante di inquinamento ambientale. In effetti, gli imballaggi costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani. Finora la strategia europea è stata quella di ridurre questa percentuale, chiedendo agli Stati membri di investire sul riciclo dei materiali, dalla plastica al legno.
Stando ai dati del CONAI, il nostro Paese per ora è uno dei primi in Europa per percentuale di materiali immessi al riciclo, in modo particolare, carta, cartone e vetro. L’Italia già nel 2021 aveva raggiunto gli obiettivi di riciclo complessivi che l’Europa impone agli Stati membri entro il 2025. Tra meno di due anni, infatti, ogni Paese dovrà riciclare almeno il 65% degli imballaggi.
Nonostante i grandi passi avanti compiuti in questi anni dall’Italia soprattutto, i livelli di immissione a riciclo dei materiali non sono ancora sufficienti a impedire che plastica, carta, cartone, alluminio o vetro finiscano dispersi nell’ambiente e nei mari.
IL RIUSO RISCHIA DI DANNEGGIARE LE IMPRESE ITALIANE
L’inquinamento da materiali quindi è un problema ambientale da contrastare ma sono convinta che puntare tutto sul riuso sia una mossa sbagliata e dannosa, tanto più che nella proposta della Commissione europea mancano totalmente studi che consentano di stabilire i reali impatti economici, sociali e ambientali della misura.
Uno dei rischi principali è quello di creare un problema economico e occupazionale per i territori in cui le aziende degli imballaggi operano. Ad esempio, in Italia, l’Emilia Romagna è la regione con il maggior numero di imprese attive nel settore. Nella sua impostazione attuale, la proposta di regolamento rischia di mandare in fumo anni di investimenti privati e pubblici sul sistema del riciclo che l’Unione europea ha promosso in precedenza.
Senza contare l’impatto negativo che si avrebbe anche sulle imprese che utilizzano packaging riciclabili, dall’agricoltura agli utilizzatori industriali e artigianali, alle imprese del commercio, del turismo, della ristorazione e dello spettacolo e dei servizi, che complessivamente generano un fatturato di oltre 1,8 trilioni di euro con una forza lavoro di oltre 7 milioni di lavoratori.
IN PERICOLO SALUBRITÀ E TRACCIABILITÀ DEI PRODOTTI
Sono dunque convinta che il riciclo debba restare parte integrante e imprescindibile di una più ampia azione europea e nazionale di riduzione dell’impatto ambientale dei rifiuti solidi. La strategia del riuso implica inevitabilmente l’impiego di grandi quantitativi d’acqua e sostanze chimiche per la pulizia dei contenitori che devono comunque essere gestite e smaltite in qualche modo.
Gli imballaggi garantiscono la qualità e la conservazione degli alimenti, ed è a mio avviso indispensabile potenziare il riciclo degli stessi piuttosto che immaginare di sostituire con il riuso i contenitori per bevande e alimenti.
Il riuso pone infatti un enorme dubbio sugli standard igienici richiesti dalla stessa Unione europea sugli imballaggi alimentari, in particolare per quanto riguarda carne, pesce e prodotti lattiero caseari.
In gioco ci sono la salubrità e la sicurezza di ciò che mangiamo e la corretta informazione dei consumatori rispetto alla tracciabilità e autenticità dei prodotti made in Italy.
IL RICICLO RESTA LA CHIAVE PER RIDURRE I RIFIUTI DA IMBALLAGGIO
La mia idea resta perciò quella di puntare il più possibile sul riciclo, incentivando magari il cosiddetto riciclo chimico da affiancare a quello meccanico in modo da innalzare, soprattutto nel caso della plastica, la percentuale di materiale che può effettivamente essere utilizzato nuovamente per produrre nuove confezioni in grado di garantire il mantenimento delle proprietà organolettiche dei prodotti alimentari.
Allo stesso tempo è fondamentale investire in ricerca e sviluppo al fine di creare nuovi materiali 100% riciclabili e adatti a conservare gli alimenti in modo ottimale. Un esempio in questo senso è dato dalle cosiddette plastiche compostabili che, a differenza delle plastiche biodegradabili, possono essere conferite nei rifiuti organici (o umido) perché capaci di trasformarsi in compost.
In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, sono state riciclate organicamente 38.400 tonnellate di imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile, pari al 51,9% degli imballaggi immessi sul mercato nello stesso periodo (74.000 tonnellate). Dati che pongono nuovamente il nostro Paese in cima alle migliori performance europee, complice anche l’elevata quantità di materiali raccolti attraverso la raccolta differenziata. Il meccanismo del deposito e del vuoto a rendere quindi dovrebbe essere valutato solo come una opzione per raggiungere l’obiettivo del 90% di raccolta del packaging.
Insomma, la mia battaglia con la riforma proposta dalla Commissione europea si basa su idee e proposte che impediscano di bruciare i progressi compiuti dal sistema del riciclo dei materiali, che al tempo stesso non escludano il riuso del packaging ove però non crei problemi di sicurezza e salute alimentare, danni economici e occupazionali incalcolabili per le aziende che producono imballaggi, che valorizzino gli investimenti fatti per ridurne l’impatto ambientale, nel solco di un approccio pragmatico e non ideologico.
Nell’interesse delle nostre filiere agroalimentari, dei consumatori, degli imprenditori e dell’ambiente.