Guerra e inflazione non possono fermare le transizioni verde e digitale dell’industria europea. Sono stati approvati importanti e ambiziosi piani e strategie per guidare l’Europa verso la neutralità climatica. E, con la guerra in Ucraina, sancire la fine della forte dipendenza europea dai combustibili fossili importati dalla Russia, fino ad ora il nostro principale partner commerciale.
L’aggressione da parte di Vladimir Putin ai danni dell’Ucraina ha sconvolto questi rapporti. E ha spinto Bruxelles e i 27 Stati membri a trovare delle soluzioni comuni verso la diversificazione energetica e le fonti rinnovabili. La crisi pandemica, prima, e la crisi energetica, poi, che sembra essere rientrata grazie a una notevole diminuzione dei prezzi del gas naturale, hanno costretto gli Stati membri a sostenere famiglie e imprese, spendendo come non era mai avvenuto prima, miliardi di euro.
STATI UNITI E IL SOSTEGNO ALL’INDUSTRIA AMERICANA
Nel frattempo, a livello internazionale, gli Stati Uniti hanno approvato – il 12 agosto 2022 – l’Inflation Reduction Act (o Ira). Un impegno fiscale straordinario. E forse inusuale per un modello economico come quello americano. La Casa Bianca ha infatti stanziato ben 370 miliardi di dollari per la riduzione delle emissioni. Per la promozione di tecnologie verdi, e in generale, per mitigare gli effetti del cambiamento climatico. Anche se, l’obiettivo di fondo è quello di indirizzare la ripresa economica americana post Covid-19.
Per l’amministrazione di Joe Biden si tratta di un ottimo risultato. Non solo, perché era parte del programma elettorale ma anche perché, dopo gli anni di amministrazione trumpiana, molti passi in avanti fatti per ridurre l’impatto dell’industria sull’ambiente erano stati letteralmente smantellati.
Gli Stati Uniti sanno, ora, che la corsa della transizione verde e digitale è una questione economica e sociale. Che ha un enorme peso rispetto alla concorrenza sul mercato globale.
GLI EFFETI DEL PIANO AMERICANO SULL’EUROPA
Alleati e partner dell’Unione europea, gli Stati Uniti con l’Ira rischiano di erodere la competitività dell’industria dell’Unione europea, sottoposta ad una regolamentazione ambientale storicamente più stringente.
Il timore dell’Ue è che la legislazione americana, basata su agevolazioni e sussidi per l’economia verde, distorca la competizione e inneschi una fuga di investimenti dal mercato europeo a beneficio di quello americano.
I sussidi previsti dall’Ira potrebbero infatti incentivare le aziende europee a delocalizzare negli Stati Uniti, a partire dal gennaio 2023. Quando inizieranno le sovvenzioni all’energia eolica, alle auto elettriche e alle altre industrie verdi per privilegiare la produzione nazionale rispetto alla concorrenza d’Oltreoceano, attraverso le cosiddette clausole “Buy American”.
GREEN DEAL, NECESSARIA UNA RISPOSTA CORAGGIOSA E COMUNE
L’Europa ha dunque bisogno di una pronta risposta all’Ira statunitense per garantire un futuro alla sua industria.
In particolare, l’Unione è chiamata con urgenza, espressa di recente da alcuni grandi stati membri (Francia e Germania), a una revisione dei criteri e delle regole comunitarie in merito agli aiuti di Stato.
Ho trovato positivo che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, così come la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, abbiano aperto all’idea che per preservare la competitività delle nostre imprese e non lasciare indietro le famiglie e, più in generale, il settore privato, sia indispensabile intervenire.
Ripeto ormai da tempo che crisi come quella energetica e inflazionistica richiedono uno sforzo comune da parte dell’Unione europea. Non meno importante, ma anzi direi cruciale, di quello del 2020, fatto con il Next Generation Eu. Come ho spiegato quando sono tornata sul tema del Meccanismo Europeo di Stabilità (o Mes), l’Unione europea deve avere il coraggio e l’audacia di improntare strumenti legislativi innovativi che rompano con le logiche dello zero virgola dei conti pubblici.
Attenzione però questo non significa lasciare che il debito pubblico esploda. Ma appunto immaginare meccanismi e/o sistemi comuni.
GREEN DEAL, LA PROPOSTA DELLA COMMISSIONE
Mercoledì 1 febbraio, la Commissione europea ha presentato il Piano Industriale del Green Deal che dovrebbe essere il tentativo dell’Unione di rispondere ai maxi sussidi varati da Washington. Il Piano si basa su due pilastri.
- Fondo sovrano entro l’estate per gli obiettivi di lungo termine;
- Aiuti di Stato nel breve termine.
Il Piano industriale europeo, così come presentato dalla Commissione, ha già creato fratture tra gli Stati. Il semplice via libera agli aiuti di Stato, anche se nel breve termine, rischia di creare disparità all’interno dell’Unione. I paesi economicamente più forti possono sostenere più vigorosamente la loro industria, al contrario di quelli che hanno meno margini per la spesa pubblica.
Non è un caso, che paesi come l’Italia, hanno chiesto subito la creazione di un fondo europeo che compensasse queste disparità. Tuttavia, Stati come Germania o Olanda hanno espresso chiaramente la loro contrarietà a versare altro denaro alla causa europea. E hanno escluso la possibilità di emettere nuovo debito comune come è stato fatto per la pandemia. Dunque, la proposta presentata dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, è frutto di un compromesso che esclude l’opzione di ricorrere allo SURE, strumento che è stato cruciale per contenere la disoccupazione durante la pandemia Covid-19. E che, come ricorderete, io stessa proposi al Commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, per aiutare le famiglie e le imprese contro la crisi energetica.
CORRERE INSIEME
Non nego quindi che la proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, di sfruttare lo SURE per creare un fondo europeo comune e fornire a tutti i paesi europei le risorse pubbliche necessarie per sostenere l’industria, fosse un ottimo punto di partenza. La proposta teneva meglio conto di determinati divari economici e sociali del mercato unico europeo. A mio avviso, l’Unione deve tenere sempre bene a mente l’obiettivo di una Europa unita. Capace di correre a una sola velocità, soprattutto nell’attuazione del Green Deal, per tenere il passo con gli Stati Uniti. Ma anche per essere più resiliente in un contesto in cui stanno emergendo, con maggiore forza, player del calibro di Cina e India.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.