Dall’inizio del conflitto, il Cremlino sfrutta il grano come arma di ricatto geopolitico. A giugno scade l’accordo ONU, sottoscritto dalla Russia e dall’Ucraina, al fine di consentire il transito delle navi cariche di cereali nel Mar Nero verso i paesi meno avanzati dove, ben prima del conflitto, la popolazione è esposta all’insicurezza alimentare e alla fame.
Nell’ultimo mese, però, la Russia non ha onorato l’accordo ONU. Come denunciato dall’Alto Rappresentante per gli Affari Esteri dell’Unione europea, Joseph Borrell, il Cremlino ha bloccato il transito di circa 50 navi cariche di cereali, con l’obiettivo di generare forti tensioni. In questo contesto, in cui la Russia ha invaso uno Stato sovrano e ‘gioca’ con il cibo per tornaconti politici e militari, la decisione a sorpresa e unilaterale dei paesi dell’Est Europa di bloccare l’importazione del grano ucraino e di altri prodotti è stata gravissima. Una decisione cinica ed egoistica. Ma soprattutto pericolosa per l’unità dell’Unione europea e per lo sforzo comunitario a sostegno dell’Ucraina ingiustamente aggredita.
Un favore al Presidente russo, Vladimir Putin, che ora esorta le aziende nazionali del commercio dei cereali a recarsi nei paesi emergenti e in quelli meno avanzati per sostituirsi alle imprese europee e occidentali. Chiaramente, la strategia serve a sottrarsi dall’accordo ONU, e non vedersi costretto a prorogarlo entro giugno prossimo. Infine, mettere in enorme difficoltà l’Ucraina ma anche il mercato europeo che dipende in parte dal grano di Kiev.
LO STOP AI DAZI E I CORRIDOI DI SOLIDARIETÀ
Subito dopo l’invasione russa, l’Unione europea, per aiutare il governo ucraino, aveva sospeso i dazi al fine di consentire l’ingresso di vari prodotti, tra cui quelli agricoli. Non solo grano, ma anche latte, frutta, verdura e carne. All’inizio della settimana scorsa però Polonia, Ungheria, Slovacchia, Bulgaria e Romania hanno imposto un divieto temporaneo alle importazioni di prodotti agricoli, e in modo particolare all’ingresso in Europa del grano ucraino perché, secondo quanto dichiarato dai rispettivi governi, i comparti agricoli nazionali erano in ginocchio a causa dei prezzi in picchiata delle materia prime.
I leader dei principali partiti di maggioranza del blocco di Visegrad accusano l’Unione europea di volere danneggiare i loro agricoltori e allevatori. Il prezzo del grano ucraino è tra i più bassi in circolazione, dal momento che il paese è il primo produttore ed esportatore al mondo di oro giallo e i dazi sono stati sospesi. Per sventare una grave crisi alimentare, realistica con il conflitto, il grano di Kiev compete con quello prodotto soprattutto dalla Polonia e dall’Ungheria e mantiene basse le quotazioni sul mercato, secondo Orbàn e Morawiecki, ‘uccidendo’ agricoltori e allevatori europei…
MA È DAVVERO COSI?
Intanto, i corridoi verdi o di solidarietà garantiti via terra – su gomma e rotaia – sono parte dello sforzo europeo per non lasciare solo e indifeso il popolo ucraino. Strumenti indispensabili per soddisfare la domanda europea di grano e altri cereali; mantenere sotto controllo il livello dei prezzi e contrastare i tentativi di speculazione al rialzo, come è avvenuto l’anno passato con il gas naturale.
Quindi, l’obiettivo primo di queste azioni europee e internazionali non è mai stato quello di danneggiare gli agricoltori polacchi, rumeni o ungheresi. Ma solo ed esclusivamente di:
- sostenere l’economia ucraina fortemente condizionata dalla guerra;
- contribuire a mantenere bassi i prezzi a livello mondiale, visto che nei primi mesi del conflitto l’aumento del costo dei cereali faceva temere carestia e tumulti dall’Africa al Medio Oriente.
Quella dei paesi del Blocco di Visegrad è stata una decisione contraria ai Trattati europei, che ha rischiato di indebolire l’Unione solo ed esclusivamente per perseguire gli interessi nazionali. A ottobre infatti in Polonia si vota. Il partito al governo – il Pis – è in crisi e perde consenso anche tra gli agricoltori e gli allevatori. In Ungheria, invece, Fidesz e il suo leader e premier Viktor Orban sono in difficoltà a causa dell’inflazione elevata ma anche perché non hanno mai smesso di strizzare l’occhio a Putin dal giorno dell’invasione. Imporre il blocco alle importazioni di grano ucraino avrebbe sicuramente agevolato la strategia russa.
LA CRISI COLPISCE IL SETTORE AGRICOLO EU E NON UN PARTE
Eppure non sono solo gli agricoltori dei paesi di Visegrad ad attraversare una fase difficile. La crisi sta colpendo tutto il settore agricolo europeo per l’inflazione e il conflitto. In Italia, per esempio, almeno una azienda su quattro è in perdita. Il reddito dei nostri agricoltori e allevatori si assottiglia ogni anno che passa, complici anche i danni causati dalla crisi climatica che alterna periodi di siccità estrema a periodi di forte maltempo.
Per le nostre filiere e in generale quelle europee, è fondamentale che il prezzo del grano e degli altri cereali resti contenuto. Per evitare che i rincari si scarichino sui prodotti finali, rispetto ai quali comunque i prezzi sono più alti degli anni precedenti, frenando i consumi e danneggiando le famiglie!
È altrettanto importante tenere sotto controllo le quotazioni. Se eccessivamente basse infatti rischiano di danneggiare pesantemente i produttori. Nel frattempo, secondo una analisi Coldiretti, sul mercato europeo sono in atto alcune distorsioni commerciali sui cereali favorite in parte dall’afflusso di grano ucraino, che avrebbe dovuto essere destinato principalmente verso Nord Africa e Asia. Ma attenzione ai prezzi dei prodotti finiti! Mentre, ad esempio, il prezzo del grano tenero e duro resta molto contenuto, pane e pasta hanno superato anche i due, tre euro.
AZIONE EUROPEA RESTI UNITA
Sono convinta quindi che la decisione unilaterale dei paesi di Visegrad sia stata una scorrettezza politica nei confronti dell’Unione europea e dell’Ucraina. Stati guidati da leader sovranisti e nazionalisti, i quali solo a fasi alterne chiedono più Europa e più solidarietà. La stessa tattica sbagliata adottata spesso dal nostro governo. Io credo invece che occorra mantenere saldo e intatto il sostegno all’Ucraina. Sostegno che passa anche attraverso aiuti economici e commerciali agli agricoltori e agli allevatori ucraini per tutto il tempo necessario. Farlo significa tutelare davvero le nostre aziende. I cittadini, le famiglie.
La giusta strategia europea è questa. E non va cambiata. La Commissione europea però resti vigile e attenta, affinché non accada più un episodio simile che mina l’autorevolezza e la credibilità dell’Unione europea agli occhi dell’Ucraina e del mondo, lasciando che una manciata di paesi membri si muovano in ordine sparso. Intervenga in agricoltura prima che le situazioni diventino esplosive o difficili da gestire. Vi faccio un esempio. Tempo fa chiesi al Commissario europeo all’agricoltura di intervenire per evitare la svalutazione degli aiuti contenuti nella PAC dinanzi alla forte inflazione. Che cosa ha fatto la Commissione europea? Nulla. E l’inflazione intanto non è diminuita affatto per il settore.
LA TATTICA DEI SOVRANISMI E NAZIONALISMI
Non solo. Trovo che Bruxelles non possa finire ostaggio di uno o pochi Stati. La Commissione europea, prima, ha condannato la decisione. Salvo poi, concedere un pacchetto di aiuti da 100 milioni di euro per compensare le perdite degli agricoltori ai paesi del Blocco di Visegrad. Somma che si aggiunge alle risorse già stanziate a fine marzo, pari a 56 milioni di euro!
La tattica di Visegrad, dettata da una ideologia miope, egoistica e divisiva, è tipica dei partiti politici estremisti e populisti che li governano. Ma oggi più che mai nazionalisti, sovranismi e populismi generano solo caos, confusione, incertezza e paradossi. È quindi cruciale che l’Unione europea non sia resa ostaggio di interessi di pochi ma agisca sempre compatta nell’interesse di tutti. È una questione di sicurezza, giustizia, umanità e difesa della democrazia.