All’Attenzione del Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni
Vedo il 25 settembre 2022 come uno spartiacque importante per l’Italia. Il 25 settembre 2022, dopo l’esperienza del governo di (quasi) unità nazionale, guidato dal suo predecessore Mario Draghi, ha restituito la parola ai cittadini e alle cittadine italiani, decretando la vittoria netta alle urne del centrodestra, ma soprattutto, del suo partito, Fratelli d’Italia.
Ho seguito il suo discorso alle Camere in occasione del voto di fiducia, ed è nel merito dei punti programmatici da lei presentati che voglio far luce su alcuni aspetti molto delicati, nell’interesse esclusivo del mio Paese.
Da europarlamentare, ritengo fondamentale preservare il peso politico ed economico dell’Italia in Europa. Nei mesi scorsi, riconosco al nostro Paese il merito di avere ricoperto un ruolo da protagonista su diversi temi di respiro europeo e internazionale. Nei mesi scorsi, infatti, l’Italia è stato un Paese forte, credibile, autorevole e chiaro sulle questioni cruciali per i cittadini e le cittadine italiani ed europei.
Ho un profondo rispetto per le Istituzioni europee e per l’Unione europea. Convinta europeista quale sono, credo che l’Italia non possa fare a meno dell’Europa e che l’Europa non possa fare a meno dell’Italia. In questi tre anni di mandato al Parlamento europeo ho portato avanti proposte che potessero migliorare l’architettura politica ed economica dell’Unione europea che, talvolta, sappiamo essere eccessivamente lenta nel fornire risposte utili ai bisogni dei cittadini e delle cittadine europee.
Un conto però è contribuire in modo costruttivo a rafforzare l’Unione europea, e così facendo anche il nostro Paese, chiedendo maggiore coesione, solidarietà di fatto – e non solo di principio – unione e centralità della rappresentanza politica, e quindi del Parlamento europeo. Un altro, invece, è pretendere di invocare l’Unione europea quando fa più comodo. Ovverosia, quando l’Unione europea non è più considerata una madre ‘cattiva’ , ma all’improvviso una madre ‘buona’ che pretendiamo venga in nostro soccorso.
L’Italia è un grande Paese: è tra i fondatori dell’Unione europea ed è la Patria dei principali teorici dell’Europa unita. Sto parlando di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, i quali scrissero il Manifesto di Ventotene, un testo politicamente profondo e visionario.
Rispetto alla idea di Europa di Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, dalla quale di fatto attingiamo quando invochiamo la solidarietà, la coesione e l’unità europea, soprattutto nei momenti di crisi sociale ed economica, siamo consapevoli che l’Unione europea non si è fatta (e non si farà) dalla notte alla mattina ma che è il frutto di un processo costituente iniziato nel maggio 1950 e che è tutt’ora in atto.
Ritengo che il nostro dovere politico e morale sia quello di contribuire ad accelerare questo processo costituente per costruire una Unione europea, dove prevalgano una sana interdipendenza tra gli Stati membri e una maggiore integrazione sia politica sia economica. Una integrazione davvero matura.
L’Unione europea, nella quale oggi noi viviamo e operiamo, è sicuramente un disegno incompleto e imperfetto ed è sacrosanto aprire spazi di riflessione e di critica, ma è altrettanto importante alimentare spazi propositivi e costruttivi. Lei crede davvero che quel che occorre oggi all’Italia è una Europa, e con essa il diritto dei Trattati, subordinata alla sola volontà dei singoli Stati o Nazioni, quando propone la costruzione di una non ben definita Europa confederale nella quale prevalga il principio di sussidiarietà?
Sono convinta che questa sia una visione che va nella direzione opposta a quella delineata dall’Italia come Paese fondatore dell’Unione europea e che non tiene conto di quanto abbiamo guadagnato dall’essere parte di una delle architetture politiche e istituzionali più complesse al mondo.
Parto dalla storia recente. La pandemia Covid-19 è stata dura. E se siamo riusciti a uscirne è stato anche grazie all’Unione europea e alla scelta di puntare all’unità, alla coesione e alla solidarietà che pure lei tanto invoca, quando si trattano temi identitari quali l’immigrazione. L’Unione europea serve sempre unita. E trovo retorica la sua narrazione de ‘l’Europa non si occupi di ciò di cui si può occupare lo Stato italiano’.
Oggi se parla di calmierare il costo delle bollette della luce e del gas e di contrastare la speculazione, conviene con me che serve l’Unione europea. Perché è prima di tutto un problema europeo.
Oggi se considera vitale sostenere per tutto il tempo necessario l’Ucraina, conviene con me che per farlo serve l’Unione europea.
Oggi se considera fondamentale accelerare su tutta una serie di riforme e di investimenti che faranno solo bene al Paese, se i soldi saranno spesi al meglio, conviene con me che serve realizzare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza possibile grazie ai fondi europei.
Oggi se ritiene urgente aiutare le famiglie e le imprese a sostenere la crisi energetica e la crisi alimentare, conviene con me che serve, per la prima, una forma di debito comune a livello europeo; per la seconda una strategia che garantisca la sicurezza e la sovranità alimentare europea e poi nazionale.
Oggi se è convinta che le tensioni geopolitiche devono essere affrontate al meglio nell’interesse dell’Italia, conviene con me che serve una difesa comune europea.
Oggi se la crisi climatica è un problema, che va affrontato con serietà e realismo, poiché essa presuppone una transizione economica e sociale senza precedenti, conviene con me che l’Unione europea è fondamentale per accompagnare famiglie e imprese, affinché possano contribuire a una sua mitigazione.
I dossier cruciali sono tanti e sfidanti. Tutti vanno affrontati con estremo rigore, competenza e continuità soprattutto quelli economico-fiscali e occupazionali. Economico-fiscali perché sono convinta che l’Italia non possa permettersi di rinviare ancora il problema di una equa redistribuzione della ricchezza – che con l’introduzione della flat tax, per esempio, sarà palesemente sacrificata – né il tema della povertà, delle disuguaglianze, delle politiche attive per il lavoro, dei salari e dei giovani che lasciano il nostro Paese.
L’Italia non è mai stata davvero passiva in Europa. Ma il momento storico, economico e sociale che stiamo attraversando ha bisogno di più Italia in Europa e di più Europa in Italia. Per questo, sono convinta che a Bruxelles non servirà a nulla fare la voce grossa o allearsi con quei paesi che l’Unione europea la vedono purtroppo come una ‘vacca da mungere’ – mi riferisco all’Ungheria di Viktor Orbàn –. Il nostro Paese dunque ha assoluto bisogno di continuità, pragmatismo e realismo in modo particolare quando sarà necessario sedersi in seno al Consiglio europeo e confrontarsi con altri grandi Paesi europei.
Prese di posizione ideologiche e pregiudiziali, o peggio ancora vuota retorica elettorale, rischiano solo di fare perdere credibilità all’Italia e autorevolezza ai ministri del suo governo che lei presiede, quando dovranno discutere e decidere su moltissimi dossier europei da cui dipendono la crescita e il benessere del nostro Paese. Sono convinta, dunque, che a lei e al suo governo convenga contribuire alla costruzione di una Europa più coesa e unita quindi più forte, piuttosto che puntare a una sua ‘destrutturazione’ affinché prevalgano i soli interessi nazionali che hanno poco da offrire in un mondo oramai fortemente interconnesso e interdipendente.
L’invito al suo governo a recepire prima dei due anni previsti, la direttiva europea ‘salari minimi adeguati’, rafforzando la contrattazione collettiva e garantendo dignità e protezione sociale a tutti i lavoratori e le lavoratrici italiani. Promuova un tavolo di lavoro tra sindacati, il suo governo, e le associazioni datoriali. La strada del dialogo sociale non è certamente quella più facile da percorrere ma è sicuramente quella giusta per rendere davvero forte e più competitivo il nostro sistema di relazioni industriali. E nel frattempo fornire al Paese una misura sociale strutturale, dopo 30 anni di ritardi e rinvii sui salari.
L’invito al suo governo di non abolire o ridimensionare il reddito di cittadinanza solo per una questione ideologica e pregiudiziale, magari, per finanziare la pace fiscale, i condoni e la flat tax. La crisi pandemica prima e il conflitto ucraino dopo lasceranno segni sociali profondi che non possono essere ignorati. La direttiva europea ‘salari minimi adeguati’ è solo uno dei tantissimi esempi tangibili per spiegare il bisogno di Europa. L’idea di far prevalere la sovranità nazionale, credo che non possa giovare al nostro Paese perché da sempre il nostro mondo produttivo e le nostre maestranze tendono a puntare alla originalità e alla qualità. In una non ben definita idea di Europa confederale, in realtà finiremmo per alimentare dumping salariale, sociale, ambientale e fiscale e una bieca concorrenza sleale che danneggerebbe l’Italia.
Nel merito dei provvedimenti che adotterà il suo governo, il mio auspicio è che decida di optare per una continuità rispetto ai risultati importanti ottenuti in questi mesi dal nostro Paese nell’interesse degli italiani e dell’Italia, sempre nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali sanciti in Costituzione e delle Istituzioni repubblicane.
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Il 3 novembre scorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha incontrato a Bruxelles: il Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni, la Presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola e la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen: in occasione di questa visita sono stata intervistata dalla Radio Francese Internazionale RFI). Qui, per ascoltare la intervista integrale.
???? Daniela Rondinelli (@Dani_Rondinelli), députée italienne au Parlement européen (groupe non-inscrits-Indépendant), sera l’Invitée du Matin de @FredRiviereRFI
➡ RDV jeudi à 7h19 sur @RFI #RFImatin pic.twitter.com/tbDZlYp5RE
— L’Invité du Matin – RFI (@InviteMatinRFI) November 2, 2022
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.