Lo scorso 30 aprile ho visitato l’ultima isola-carcere d’Italia, Gorgona, luogo incontaminato nell’arcipelago Toscano, distante pochi chilometri dalla città di Livorno. Sull’isola di Gorgona sorge un penitenziario all’aperto. Ai detenuti vengono affidati dei compiti che vanno dalla cura degli animali alla manutenzione delle abitazioni alla riparazione degli autoveicoli. Gorgona si pone come un modello di detenzione alternativo. Improntato sull’aiuto e il supporto dei detenuti per riabilitarli professionalmente e garantirgli un efficace reinserimento nella società.
La situazione delle carceri in Italia
La nostra stessa Costituzione, all’articolo 27 comma 3, dice chiaramente che la pena non è una punizione ma lo strumento che deve servire a riabilitare chi ha commesso un reato.
Tuttavia, sappiamo che il carcere italiano resta un luogo difficile per i detenuti. A marzo 2022, le persone presenti nei penitenziari erano 54.609. Il tasso di affollamento è del 107,4%.
La stessa architettura delle strutture carcerarie non permette di sostenere la funzione rieducativa e riabilitativa della pena.
Il quaranta per cento degli istituti di pena è stato costruito prima del 1950, un quarto prima del 1900. E quelli più moderni (anni 70-80) corrispondono a un’idea della pena molto arretrata. Edifici di cemento e acciaio costruiti spesso in campagne desolate nelle immediate periferie delle città. Lontani dagli occhi e dal contesto sociale. Il contrario di quello che servirebbe ai detenuti.
Lavoro e rieducazione
La visita al carcere dell’isola di Gorgona mi ha dimostrato che un’alternativa è possibile e che la detenzione deve assolutamente valorizzare la persona e l’inestimabile ricchezza delle relazioni umane.
Sull’isola, i detenuti vivono a stretto contatto con il personale penitenziario, con cui portano avanti quotidianamente compiti e lavori.
In questo contesto, che ho trovato straordinario, il lavoro svolge una funzione preminente. Imparando un mestiere, dedicandosi a un’attività utile per la comunità, i detenuti del carcere di Gorgona si preparano giorno dopo giorno ad affrontare la vita dopo la pena.
Il lavoro in carcere. Cosa prevede la legge
L’ordinamento penitenziario individua “il lavoro come uno degli elementi del trattamento rieducativo stabilendo che, salvo casi di impossibilità, al condannato e all’internato, è assicurata un’occupazione lavorativa. Il lavoro dei detenuti può svolgersi alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e alle dipendenze di soggetti esterni. Il lavoro alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria è di tipo domestico, industriale e agricolo”.
Parliamo
- gestione quotidiana del carcere: pulizie, facchinaggio, preparazione e distribuzione dei pasti, piccoli interventi di manutenzione, attività di magazzino, assistente di un compagno ammalato o non autosufficiente;
- produzione delle forniture di vestiario e corredo, di arredi e quant’altro è destinato a tutti gli istituti del territorio nazionale. Si avvalgono principalmente di sarti, calzolai, tipografi, falegnami e fabbri e si svolgono in laboratori e officine presenti all’interno delle carceri;
- le attività agricole occupano detenuti con varie specializzazioni, come apicoltori, avicoltori, mungitori, ortolani che lavorano nelle colonie agricole, tra cui quella di Gorgona, e nei tenute agricole presenti in circa 40 istituti penitenziari.
Numeri ancora troppo bassi
A oggi il lavoro impegna solo il 30% dei detenuti nelle carceri italiane.
Secondo i dati pubblicati sul sito del ministero della Giustizia e aggiornati al 30 giugno 2021, solo una quota marginale dei detenuti è coinvolta in attività lavorative. E questo a discapito degli indubbi vantaggi, economico e sociali che sono emersi da studi e ricerche.
I detenuti lavoranti alle dipendenze dell’Amministrazione Penitenziaria sono 15.827. Ad essi si aggiungono 2.130 che lavorano per altre realtà. Altri 1.742 lavorano poi in ambito agricolo.
Gorgona, un modello replicabile
Ritengo che per migliorare le condizioni delle carceri servano più investimenti sulla persona. Il lavoro deve essere sempre al centro, così come le attività formative ed educative che concedano ai detenuti una prospettiva e uno scopo.
Quel che ho visto a Gorgona è un’Italia che sa mettere in piedi realtà positive. Credo sia importante promuovere, valorizzare e soprattutto preservare realtà come quelle di Gorgona dove tutto ruota attorno alle persone e alle relazioni umane.
Per i detenuti doversi occupare di mantenere in ordine ed efficiente il luogo che li ospita, li spinge ad essere responsabili e a sviluppare un’empatia dimenticata o sepolta sotto le difficoltà del proprio passato.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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