Nel corso della Plenaria del Parlamento europeo che si è svolta a Strasburgo lo scorso 19 ottobre, sono intervenuta nel dibattito sulla Risoluzione sul ricambio generazionale nelle aziende agricole dell’UE del futuro.
Uno dei primi temi di cui mi sono interessata, quando nel 2010 ho iniziato a occuparmi di politiche agricole europee, è stato proprio il ricambio generazionale.
Sono passati tredici anni e posso dire con certezza che, nonostante i milioni di euro investiti, non si è ancora trovato il modo di affrontare i problemi veri che rendono così difficile ai giovani l’accesso al settore.
I dati ci dicono chiaramente che, ad oggi, la maggior parte (57,6 %) dei gestori di aziende agricole ha almeno 55 anni e solo il 12 % circa ha meno di 40 anni, quasi la metà ha tra i 35 e i 39 anni. Il 12% è una percentuale molto bassa che dipende dalle enormi difficoltà, in giovane età, a diventare imprenditore agricolo.
I ragazzi e le ragazze che oggi ambiscono a entrare nel mercato agricolo devono fare i conti con tutta una serie di ostacoli che rende quasi impossibile immaginare un futuro.
Mi riferisco alla concorrenza sleale di tanti paesi extra europei, alle difficoltà di accesso al credito, alle lunghe catene di distribuzione che assottigliano i margini di guadagno per i produttori. Senza contare l’aumento del rischio d’impresa legato alle calamità naturali che in questo periodo sta diventando sempre più consistente.
I giovani sono una risorsa importante per un settore come l’agricoltura. Sono aperti all’innovazione e ad applicare nuovi metodi e tecnologie di produzione.
Ecco perché ritengo che gli strumenti messi a disposizione dalla Politica Agricola Comune non bastino più. Servono maggiori certezze giuridiche e finanziarie e soprattutto occorre ascoltare maggiormente le istanze dei giovani agricoltori per costruire insieme nuovi percorsi di sostenibilità ambientale ed economica.