Il fondo sociale per il clima era nato per sostenere le famiglie e le micro-imprese nella transizione energetica. E la riforma del nuovo Emission Trading System, o scambio di quote di emissione, sarebbe stato un tassello per accelerare nella riduzione delle emissioni di gas serra.
La guerra in Ucraina ha cambiato le priorità. E così anche le finalità del Fondo sociale per il clima, nato come strumento di risposta alla povertà energetica. Dobbiamo fare i conti con una nuova realtà, in cui l’UE deve fare presto e tagliare la dipendenza energetica con la Russia.
L’Unione europea ha agito con decisione, unita e compatta, imponendo sanzioni senza precedenti. Sappiamo che si aggiungeranno presto delle ricadute alla difficoltà di cittadini e imprese nel sostenere i forti rincari dei prezzi dell’energia.
Per questo, in Commissione Occupazione e Ambiente ho denunciato con forza come il Fondo Sociale per il Clima sia già superato dagli eventi. Si tratta infatti di uno strumento obsoleto, completamente da ripensare aumentandone la dotazione finanziaria.
In un contesto economico e sociale complesso, l’Europa ha bisogno di un nuovo fondo di emissione di debito comune, sul modello di SURE, dall’alta valenza strategica per garantire l’accesso ai prodotti energetici essenziali e per aumentare gli investimenti.
La transizione verde non può più prescindere dall’avviare un percorso che porti ad una sovranità energetica sostenibile e giusta. Capace di ridurre le diseguaglianze per non lasciare indietro nessuno.
A tal fine, ho presentato una interrogazione alla Commissione UE per chiedere una riforma del fondo sociale per il clima.