Dal mio arrivo al Parlamento europeo, ho avviato una durissima battaglia contro dumping e delocalizzazioni, due fenomeni sempre più diffusi all’interno del mercato unico europeo. Ritengo infatti che le multinazionali e le imprese che delocalizzano rappresentino uno dei principali problemi della globalizzazione.
Dumping e delocalizzazioni, la proposta Todde-Orlando
Dumping e delocalizzazioni stanno generando un’emorragia economica, produttiva, tecnologica, occupazionale che dura ormai da un ventennio. Anche l’Italia è colpita da quel che definisco un vero e proprio “risiko imprenditoriale”, grandi imprese che chiudono da un giorno a un altro gli stabilimenti per spostare l’attività dove il costo del lavoro è più basso anche del 75%.
Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) in Italia, tra il 2009 e il 2015, 35.000 aziende hanno spostato la loro produzione in un altro Stato, con pesanti ripercussioni sui livelli occupazionali del Paese. Cito qui solo alcune delle crisi aziendali tutt’ora in corso: Whirpool, GKN, Gianetti, Timken: ultimi casi di delocalizzazioni che hanno coinvolto migliaia di lavoratori italiani ritrovatisi a dover fare i conti con un futuro incerto per se stessi e le loro famiglie.
Al Parlamento europeo m’impegno perché modelli di business volti a perseguire le sole logiche del profitto, senza alcuna considerazione dei diritti e della dignità dei lavoratori, non diventino una regola. Ho sempre sostenuto la necessità di colpire le grandi aziende che trasferiscono la produzione all’estero o nei Paesi dell’Est Europa dove sappiamo che è facile scaricare i costi sui lavoratori: paghe più basse, meno tutele e meno diritti.
È per questo motivo che la proposta anti delocalizzazioni del ministro del Lavoro, Andrea Orlando e della viceministra allo Sviluppo Economico, Alessandra Todde, rappresenta un segnale estremamente positivo. Le proposte avanzate sul decreto legge, che potrebbe essere varato già a settembre, mi trovano concorde su diversi aspetti.
L’iniziativa non è isolata
L’Italia deve agire in fretta per disincentivare il trasferimento delle aziende o di rami di azienda in altri Paesi Ue e, in particolare non Ue. Sono d’accordo sul rafforzare le sanzioni contro le multinazionali che negli ultimi anni hanno delocalizzato non curanti delle Istituzioni, dei riflessi sui lavoratori e sul tessuto produttivo di tanti territori.
Un altro aspetto che ritengo essenziale e che condivido pienamente dell’iniziativa Todde-Orlando è che le multinazionali comunichino in maniera preventiva ogni scelta alle Istituzioni italiane. Non solo, che si sforzino di elaborare un piano di re-industrializzazione senza imboccare la via più facile, spesso ingiustificata, della ristrutturazione economica e dei licenziamenti collettivi.
L’iniziativa italiana non è isolata. Anche in Francia, dove il controllo dello Stato sulle attività produttive è più capillare, la presidenza è stata costretta a mettere un argine alle delocalizzazioni. Varando un paio di anni fa una legge anti dumping e anti delocalizzazioni.
La proposta Todde-Orlando andrà nella stessa direzione dell’iniziativa francese: difendere l’occupazione e il tessuto industriale italiano. Con la priorità di impedire alle multinazionali di avere mano libera su decisioni che hanno un enorme impatto sociale oltre che economico. Decisioni adottate purtroppo senza curarsi di avere beneficiato di incentivi o agevolazioni statali.
Soldi che a causa delle delocalizzazioni semplicemente non sono serviti a nulla, di certo, non a far crescere il Paese.
Dumping e delocalizzazioni, usiamo il Reshoring
Ma bisogna fare anche di più. Oltre a rendere difficile la vita delle multinazionali che intendono delocalizzare, penso che a livello nazionale ed europeo ci sia bisogno di una normativa che agevoli il Reshoring. Sto parlando del rientro delle multinazionali e delle imprese che hanno trasferito in tutto o in parte la produzione all’estero. Come? Adottando, per esempio, fiscalità vantaggiose nei confronti delle aziende che rappresentano un valore aggiunto importante per il Paese.
Per il Movimento 5 Stelle si tratta di una battaglia storica. Personalmente ritengo che l’Italia, seconda forza manifatturiera europea, non possa rimanere fuori da questo processo e da questa riflessione. Il Reshoring potrebbe innescare una nuova competizione tra gli Stati più capaci di creare le condizioni migliori per il rientro delle aziende.
La lotta al dumping e delocalizzazioni deve essere una battaglia trasversale
Nel mio lavoro a Bruxelles mi batterò perché venga sempre garantita una concorrenza equa all’interno del mercato unico europeo. Per raggiungere tale obiettivo, come ho più volte sottolineato, occorrono tre condizioni di base:
- rivedere il Patto di stabilità, che blocca la capacità di investimento degli Stati membri;
- sterilizzare quei meccanismi che ad oggi sono fonte di distorsione del mercato e generano concorrenza sleale, come il dumping fiscale e salariale;
- rivedere le norme sugli aiuti di Stato ed estensione del Golden power per impedire le acquisizioni di aziende strategiche da parte di multinazionali estere.
Una battaglia che andrebbe sostenuta in modo trasversale. Sono convinta che dobbiamo intervenire al più presto per invertire una tendenza che c’impedisce troppo spesso di tutelare gli interessi del nostro Paese. E quelli di tutta l’Ue.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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