Le imprese devono avere un ruolo importante nella transizione verde e nel rispetto dei diritti umani. Senza il contributo delle aziende, infatti, non è possibile costruire un modello di economia sociale né uno sviluppo sostenibile che tenga conto dei bisogni e delle esigenze sociali e ambientali. Ue e Italia hanno aderito all’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile 2030: il programma di azione che mette al centro le persone, il Pianeta e la prosperità mondiale contro la crisi climatica, la povertà, la fame, la schiavitù e lo sfruttamento.
La riforma proposta dalla Commissione
L’opinione pubblica è sempre più sensibile alla difesa dell’ambiente e al rispetto dei diritti umani. La trasparenza sulle operazioni dirette e indirette delle aziende, dei gruppi e delle società è diventata per milioni di consumatori e centinaia di migliaia di investitori un fattore che influisce sulle loro scelte. Dallo scaffale del supermercato alla decisione d’investimento, ad esempio, la finanza sostenibile è al centro delle discussioni della Cop27 in Egitto. Insomma, dalle imprese dipende il rispetto di tantissimi diritti.
L’Unione europea ha codificato il principio del dovere di diligenza delle imprese per la prima volta nel 2010. Ora, che la lotta al cambiamento climatico è più urgente che mai e i diritti umani continuano a essere sistematicamente violati in tanti paesi del mondo, la Commissione europea ha presentato una importante proposta di riforma per rafforzare la tutela dell’ambiente e dei diritti umani.
E combattere all’interno del mercato unico e al di fuori di esso forme di dumping salariale, dumping sociale, dumping sulla sicurezza e la salute del lavoro e infine dumping ambientale per garantire la concorrenza leale tra le imprese e gli interessi dei cittadini e cittadine europei.
Che cos’è la due diligence
Il principio del dovere di diligenza delle imprese (o due diligence) quindi serve a responsabilizzare le imprese sul rispetto dei diritti ambientali e dei diritti umani, valutando gli effetti negativi legati alle loro attività e impegnandosi ad attenuarli o a combatterli con mezzi e misure adeguati.
Lavoro minorile, violazione sistematica dei diritti del lavoro e dei diritti umani, ma anche danni ambientali, quali deforestazione, impoverimento e inquinamento dei suoli e delle risorse idriche, perdita di biodiversità: che operino nell’Unione europea o in paesi terzi, con questa nuova direttiva le imprese devono rispettare precisi obblighi di sostenibilità sociale e ambientale se non vogliono incorrere nelle sanzioni.
Finora né la direttiva del 2010 né le carte o i codici internazionali o europei – tutti non vincolanti – hanno prodotto gli effetti sperati. L’Unione europea intende voltare pagina e costringere le aziende a non sottrarsi agli impegni assunti dagli Stati membri in difesa del clima e dell’ambiente e dei diritti umani. Aziende, gruppi e società dovranno fare la loro parte. E i rapporti commerciali dovranno basarsi sul rispetto dei migliori standard di protezione sociale e ambientale. Un obiettivo strategico che deve tradursi soprattutto nell’applicazione del principio di reciprocità agli accordi commerciali tra Ue e paesi terzi.
Le mie considerazioni sulla proposta della Commissione
La proposta di direttiva sul dovere di diligenza delle imprese è un bel segnale politico. Un tassello legislativo importante per realizzare gli ambiziosi obiettivi dell’agenda ONU per lo sviluppo sostenibile 2030; per puntare velocemente alla neutralità climatica entro il 2050 e infine per rendere l’Unione europea un baluardo della difesa dei diritti umani.
Per punti
Ma sono convinta che la proposta della Commissione va resa ancora più efficace. Come?
- Applicandola a tutte le imprese – dalle multinazionali alle piccole e medie imprese – per evitare ‘scappatoie’.
- Le parti sociali, sindacati e associazioni di categoria, devono occupare un ruolo propositivo e di monitoraggio sul rispetto dei diritti ambientali e dei diritti dei lavoratori.
- Il lato sanzionatorio è fondamentale per marcare il passaggio da una mera volontarietà all’obbligatorietà giuridica. Quindi, mentre la Commissione europea si è limitata alla responsabilità civile in caso di inosservanza, sono convinta che dinanzi alla violazione dei diritti umani occorra una responsabilità penale dotando le vittime, i lavoratori o i cittadini, ma anche i sindacati interessati, di tutti i mezzi adeguati per ricorrere alla Giustizia contro aziende che non fanno il loro dovere.
- Infine, per il settore agroalimentare, poiché ci sono paesi europei, tra cui l’Italia, che puntano tutto sulla qualità e l’eccellenza della produzione, è necessario inserire nella proposta di direttiva, tra gli obiettivi ambientali, quello della salubrità dei prodotti, dando piena attuazione al principio di precauzione. E di reciprocità nel rispetto degli standard europei da parte delle aziende che producono nei paesi terzi.
Da molti anni, ormai, il made in Italy è colpito dalla concorrenza sleale e sono convinta che con questi aggiustamenti la nuova direttiva sarà un ottimo strumento di difesa per le imprese che vogliono operare lealmente nel mercato interno e globale. E un mezzo per compiere altri passi in avanti nella transizione verde e nel consolidamento dei diritti umani in Europa e nel mondo.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.