Cutro, gli errori del governo e l’assenza dell’Unione europea

Cutro

Il naufragio di Steccato di Cutro in Calabria è responsabilità del governo Meloni: 12 giorni dopo questa strage, infatti, restano ombre e dubbi sulla gestione delle attività di soccorso in mare da parte delle autorità italiane. Ancora ieri (15 marzo 2023, ndr) durante l’interrogazione parlamentare alla Camera dei Deputati, la Presidente del Consiglio ha dimostrato di non volere ammettere le proprie responsabilità, limitandosi a dire di avere la “coscienza a posto”, confondendo le aree di ricerca e soccorso in mare, note anche con l’acronimo SAR (search and rescue) con le acque internazionali.

Sono convinta che non si tratti d’impreparazione ma di un preciso indirizzo politico di questo governo.

Le circostanze del secondo naufragio, avvenuto una settimana dopo la strage di Cutro a pochi chilometri dalle coste libiche, ruotano proprio attorno alla differenza tra aree Sar e acque internazionali. Una differenza di natura operativa, che nulla a che fare quindi con le competenze territoriali marittime dei paesi, e che soprattutto non cancella l’obbligo di soccorso e salvataggio delle imbarcazioni in difficoltà e/o in pericolo, sancito dalla Convenzione sul diritto del mare. Credo anche che a peggiorare la posizione del governo Meloni vi siano una serie di scelte sbagliate: ad esempio, la decisione di convocare il Consiglio dei Ministri a Cutro dando l’idea che bastino sul serio uno o due decreti legge per gestire i flussi migratori. Falso. 

CUTRO, LE MIGRAZIONI NON SI GESTISCONO A COLPI DI DECRETO

Dall’approvazione del decreto anti Ong sapevamo che la questione delle migrazioni sarebbe esplosa a causa di un indirizzo politico del governo e delle destre tutta ideologia e zero proposte concrete. Che, in un certo senso, specula sulla vita umana e la disperazione di uomini, donne e bambini costretti a fuggire dai loro paesi perché perseguitati, affamati e in balìa dei conflitti. Il governo Meloni ha commesso un altro grave errore nel difendere il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi quando con parole del tutto inadeguate ha dichiarato che nessuna condizione di disperazione può giustificare le partenze dei migranti. Una vergogna. 

Anche l’assenza dello stesso ministro al Consiglio europeo, riunitosi per il tema dei migranti, fa perdere credibilità al nostro Paese. Piantedosi, infatti, era atteso dai suoi omologhi e avrebbe dovuto fornire delle spiegazioni su quanto avvenuto a Cutro, su cui ora indaga la magistratura italiana, ma ha deciso di disertare per partecipare invece a un Consiglio dei ministri che crediamo sia stata una vera e propria “farsa”.

Per migliorare la politica sull’immigrazione abbiamo bisogno di un governo credibile e autorevole che abbandoni l’ideologia, che sappia scegliere le parole giuste e che non sappia che farsene delle passerelle; capace di dialogare e lavorare al fianco dell’Unione europea e non contro l’Unione europea, alleandosi con i paesi membri nazionalisti e sovranisti. Con questo, non voglio dire che l’emergenza delle migrazioni dipenda solo dagli errori del governo Meloni. Accanto alla responsabilità dell’Italia, infatti, riconosco quella europea che deriva da ritardi, rinvii, miopia, egoismi e divisioni che non hanno mai giovato all’Unione, ma che la rendono sempre più debole e fragile dinanzi ai flussi migratori – strutturali e inevitabili – divenuti oramai una emergenza quotidiana che anno dopo anno riempie il Mediterraneo di morti.

IL NAUFRAGIO DI CUTRO

Il naufragio di Cutro è solo la punta di un iceberg. Sono convinta che il governo Meloni abbia commesso l’ennesimo errore chiedendo a Bruxelles di “iniziare a distinguere” tra rifugiati, richiedenti la protezione internazionale e migranti economici in una lettera indirizzata all’Europa, all’indomani del naufragio di Steccato di Cutro. Questa distinzione esiste già da tempo e dipende dai Regolamenti di Dublino rispetto ai quali l’Italia dovrebbe battersi per riformarli, in primo luogo, per superare il criterio dei paesi di primo approdo per l’accoglienza dei migranti.

L’imbarcazione naufragata a pochi chilometri dalle coste calabresi era carica di uomini, donne e minori provenienti per la maggior parte da Iran e Afghanistan. La presenza di migranti economici sui barconi o i gommoni gestiti dai trafficanti di esseri umani, contro cui occorrono subito corridoi umanitari, una efficace cooperazione in mare e la fine di accordi bilaterali con paesi destabilizzati come la Libia, non esime infatti nessuno Stato membro dall’obbligo di soccorso e salvataggio in mare e dal dovere di accoglierli in Europa. Quindi, non ha alcun senso chiedere di distinguere tra rifugiati e migranti economici.

Anche soltanto rivolgere all’Unione europea le questioni sbagliate ci indebolisce: la lotta ai trafficanti di esseri umani è necessaria e condivisibile, sono convinta che è in Parlamento europeo e in Consiglio europeo che si discute il come, puntando a una programmazione nazionale ed europea di gestione dei flussi e a una cooperazione con l’Unione a partire dalle attività di ricerca e soccorso in mare. Prima però il governo Meloni deve smetterla di sbandierare falsità contro le navi umanitarie, che fino ad oggi hanno aiutato a salvare vite là dove la Guardia Costiera, la Guardia di Finanza o altre autorità europee non avrebbero potuto farlo.

I NUMERI DELLE MIGRAZIONI VERSO L’EUROPA

I dati ci dicono che i flussi migratori verso l’Europa sono ai massimi livelli dalla crisi del 2015. Da tempo, la rotta del Mediterraneo centrale, che collega Libia e Tunisia all’Italia, è la più battuta da trafficanti e migranti e anche la più pericolosa. Nello scorso anno sono stati registrati 102.529 arrivi con un aumento del 51% rispetto al 2021. Ma a colpire è soprattutto il numero delle vittime: 2.406 nel 2022, già 225 in questi primi mesi del 2023. Sulla rotta del Mediterraneo occidentale lo scorso anno sono morte 2.300 persone mentre 1.700 hanno perso la vita in quella orientale.

Dalla Turchia, in particolare proprio dalla città di Smirne, proviene il 20% degli arrivi in Italia.

Nel nostro Paese, nei primi due mesi e mezzo del 2023, il numero di migranti sbarcati ha superato quota 20.000, ben al di sopra di quanto registrato nello stesso periodo dell’anno precedente. Evidentemente, il decreto anti Ong non è servito a nulla.

LE FALLIMENTARI SOLUZIONI DEL GOVERNO MELONI 

Lo stesso decreto immigrazione approvato in Consiglio dei ministri a Cutro potrebbe aggravare la condizione di irregolarità dei migranti in Italia particolarmente pesante perché in centinaia sfuggono alle registrazioni delle forze di Polizia al momento dello sbarco, assistenza e identificazione diretti in altri paesi europei per ricongiungersi ai propri familiari emigrati o per motivi etnico-linguistici non interessati a rimanere nel nostro Paese.

Per questo motivo, un’altra battaglia che l’Italia dovrebbe portare avanti in Europa riguarda i ricollocamenti dei migranti e i ricongiungimenti familiari, da gestire obbligatoriamente a livello comunitario da tutti i paesi membri. Senza dimenticare che dei migranti l’Unione europea e soprattutto l’Italia ha bisogno per sostenere la propria economia e fare fronte al rapido invecchiamento della popolazione. Sono convinta, quindi, che occorrano politiche europee comuni anche per la loro piena integrazione.

E L’ASSENZA DI “LUCIDE” POLITICHE EUROPEE

In Europa è tempo di dire basta alla politica dei rinvii, delle divisioni, delle logiche sovraniste, concause di tutti i disastri umanitari di questi anni. Non possiamo pensare di rendere l’Europa una fortezza inespugnabile, alzando muri e bloccando le partenze. Occorrono serietà e verità. E faccio mie le parole e i richiami del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In estrema sintesi non andremo da nessuna parte senza un piano o una strategia comunitaria.

L’Italia dovrebbe essere attiva e propositiva in Europa. Battersi là dove è necessario e giusto farlo. Basta invocare maggiore solidarietà europea ma disertare le occasioni e le sedi di confronto. Basta schizofrenie. Diamo priorità al diritto alla vita, e a livello nazionale, abbassiamo le bandiere: abroghiamo la legge Bossi-Fini che in questi anni ha contribuito alla immigrazione irregolare. Lasciamo perdere decreti legge lesivi del Principio di Umanità e inutili, persino irrealizzabili. Investiamo nella accoglienza perché si trasformi in reale integrazione per quanti decidono di restare in Italia a vivere e lavorare, anche e soprattutto, mettendo fine allo scempio della presentazione delle domande per il permesso di soggiorno e asilo che costringe centinaia di migranti ad accamparsi all’addiaccio davanti alle Questure. Scegliamo azioni politiche lucide e comuni. Per il bene dell’Italia, dell’Europa e di chi deve essere protetto e tutelato perché più fragile.