Nelle settimane in cui i trattori puntano alle grandi città europee, ho ottenuto almeno due risultati importanti. Uno di questi, come racconto nell’articolo Le proteste degli agricoltori, attenzione alle strumentalizzazioni, riguarda il via libera al regolamento europeo sulle Tecniche di Evoluzione Assistita o Nuove Tecniche Genomiche che ho sostenuto convintamente in Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale e naturalmente anche con il voto di ieri (8 febbraio, ndr) in seduta Plenaria. L’altro, invece, riguarda la riforma della Direttiva 2008/98/CE sui rifiuti altrettanto importante per rafforzare le politiche ambientali dell’Unione europea, la piena attuazione del Green Deal e al tempo stesso tenere presente le esigenze reali degli agricoltori.
LE NUOVE TECNICHE GENOMICHE, IL VOTO IN PLENARIA
Con oltre 300 voti favorevoli, il Parlamento europeo in seduta Plenaria ha dato il via libera alle Nuove Tecniche Genomiche – note anche come Tecniche di Evoluzione Assistita – facendo attenzione a distinguere gli organismi NGT 1 dagli NGT 2, noti come Organismi Geneticamente Modificati (OGM).
Gli organismi NGT 1 non sono nuovi OGM – attenzione alla disinformazione, specialmente quella che sta spopolando in queste ore sui social media – ma piante con un genoma alterato equivalente a quelle convenzionali o esistenti in natura.
L’alterazione del genoma, infatti, serve a rendere la piante resilienti e resistenti alla siccità, al maltempo, ai parassiti e alle malattie, mantenendo una resa elevata dei terreni, riducendo il consumo di acqua e di emissioni di CO2, infine, dimezzando l’utilizzo dei pesticidi e dei fertilizzanti. Il nuovo regolamento garantisce regole chiare e sicure per i prodotti NGT 1 sottoposti a procedure semplificate.
Gli organismi NGT 2, invece, il cui genoma è stato modificato in modo tale da ottenere un organismo che non esiste in natura continueranno a essere sottoposti agli standard di sicurezza dell’attuale legislatura europea sugli OGM e all’obbligo di etichettatura.
I RISULTATI OTTENUTI
Per gli NGT 1 abbiamo chiesto e ottenuto il divieto dei brevetti per evitare che la produzione delle piante realizzate tramite le Nuove Tecniche Genomiche finisse nelle mani delle multinazionali; la tracciabilità delle sementi per permettere agli agricoltori di conoscere ciò che acquistano e l’esclusione del biologico, anche perché è una produzione a ridotto impatto ambientale e il 20 per cento dei terreni in Italia è coltivato BIO.
Le TEA sono un tassello fondamentale per costruire e consolidare un nuovo modello di agricoltura sostenibile e innovativo che consenta all’Unione europea di realizzare gli obiettivi della transizione ecologica, dai quali dipende anche il futuro dell’agricoltura e perseguire il fine della sicurezza e dell’autonomia alimentare del continente.
Dopo il via libera definitivo da parte del Parlamento europeo, è fondamentale che il negoziato tra Commissione, Consiglio e lo stesso Parlamento europeo proceda in modo spedito per approvare in via definitiva il regolamento sugli NGT entro la fine della legislatura, e offrire agli agricoltori, senza ulteriori ritardi, una risposta concreta e adeguata alle loro esigenze. Pensate che il comparto a livello nazionale – stando ai dati della Coldiretti – ha subìto oltre sei miliardi di euro di danni nel 2023 a causa delle ondate di siccità e il maltempo.
I RISULTATI SULLA RIFORMA DELLA DIRETTIVA RIFIUTI
Sono inoltre pienamente soddisfatta del risultato raggiunto lo scorso 24 gennaio in Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale sulla riforma della Direttiva rifiuti. Grazie al mio lavoro e ai miei emendamenti, la legge europea non si applicherà agli agricoltori in quanto produttori primari. I nuovi vincoli e obblighi saranno piuttosto ripartiti lungo la filiera agroalimentare: dalla vendita al dettaglio, alla grande distribuzione passando per i servizi di catering e la ristorazione.
DIRETTIVA RIFIUTI, I MOTIVI DELLA REVISIONE
La Direttiva 2008/98/CE stabilisce un quadro giuridico per il trattamento dei rifiuti nell’Unione europea, concepito in modo da proteggere l’ambiente e la salute umana. Di fondamentale importanza sono le tecniche di gestione, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti, volte a ridurre le pressioni sulle risorse e a migliorarne l’uso.
Il Green Deal europeo e il piano d’azione per l’economia circolare chiedono un’azione rafforzata e accelerata a livello europeo e degli Stati membri per garantire la sostenibilità.
La proposta della Commissione di rivedere la Direttiva relativa ai rifiuti nasce dall’esigenza di ridurre gli impatti ambientali e climatici dei sistemi alimentari correlati alla produzione di rifiuti, nonché la definizione di obiettivi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri per ridurre lo spreco di cibo entro il 2030.
In Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo abbiamo accolto fin da subito con favore la proposta di riforma della Direttiva. Al tempo stesso, però, abbiamo ribadito la necessità di escludere il settore primario dagli obiettivi di riduzione e che il target del 30 per cento di rifiuti in meno pro capite sia applicato separatamente a ciascuno degli anelli della filiera alimentare, al fine di garantire un’equa distribuzione della responsabilità e dei progressi compiuti in ciascuno di essi.
DIRETTIVA RIFIUTI, ESCLUSI GLI AGRICOLTORI
A supporto di questa impostazione, con i miei emendamenti ho voluto sottolineare che gli agricoltori hanno già affrontato e continuano ad affrontare tante difficoltà. Prima, il Covid-19, poi, i conflitti in Ucraina e in Medio Oriente che stanno mettendo a dura prova il loro lavoro e i loro redditi. Chiedere quindi un ulteriore sforzo, anche economico, per lo smaltimento dei rifiuti significa aggiungere un peso che per molte aziende, specie quelle di piccole dimensioni, sarebbe insostenibile e inutile. In questo modo, consentiamo agli agricoltori di potere sfruttare, al massimo, le loro produzioni.
La commercializzazione dei prodotti agroalimentari è condizionata da una serie di variabili naturali, giuridiche e tecniche, spesso indipendenti dalla volontà dell′agricoltore. La maggior parte dei prodotti per poter essere immessi sul mercato e venduti ai consumatori deve rispettare stringenti norme di commercializzazione dell’UE oppure quelle stabilite a livello internazionale. Pertanto, non vogliamo che i prodotti agricoli non conformi alle norme vigenti, e quindi, esclusi dal mercato siano considerati tout court rifiuti e che non possano essere destinati ad altri usi, ad esempio, alla produzione di energia da biomassa.
OBIETTIVO ZERO SPRECO ALIMENTARE
Tra le mie proposte, approvate nella riforma della Direttiva, c’è anche il principio secondo cui la riduzione degli sprechi alimentari non può essere mai compensata dalle importazioni dai paesi terzi né tantomeno essere svincolata da accordi commerciali basati sul rispetto reciproco degli standard ambientali. Non solo: i target, rispettivamente del 10 per cento e del 30 per cento di riduzione per Stato e pro capite dovranno essere calcolati rispetto alla media dei rifiuti generati dal 2020 al 2023 e infine la lotta agli sprechi alimentari dovrà basarsi su una governance europea aperta per coinvolgere direttamente stakeholder e le filiere
Il Parlamento europeo ha sostenuto sistematicamente la riduzione degli sprechi alimentari. La riduzione delle perdite e degli sprechi alimentari è parte integrante della strategia europea “Dal produttore al consumatore” per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.
Il 5 febbraio si celebra la giornata nazionale contro lo spreco alimentare. Un problema nazionale ed europeo che ha conseguenze negative sul piano ambientale ed etico. Ogni anno nel mondo viene sprecato complessivamente quasi un miliardo di tonnellate di cibo, pari al 17 per cento di quello prodotto, con un impatto devastante sull’ambiente e sul clima, oltre che sull’economia.
In Europa, secondo le due stime disponibili (del 2012 e del 2022), i rifiuti alimentari ammontano a 153,5 milioni di tonnellate all’anno e i costi associati sfiorano i 143 miliardi di euro all’anno.
I DATI ITALIANI
I dati relativi all’Italia parlano di 67 Kg di alimenti per abitante sprecati, per un totale di oltre quattro milioni di tonnellate di cibo che finisce nella pattumiera.
A guidare la classifica degli sprechi sono le abitazioni private dove si butta mediamente circa l’11 per cento del cibo acquistato, mentre mense e rivenditori ne gettano rispettivamente il 5 per cento e il 2 per cento con un inutile dispendio energetico.
Si stima, infatti, che le emissioni associate allo spreco alimentare rappresentino oggi l’8-10 per cento del totale dei gas serra.