Il conflitto ucraino spinge, in poco più di due anni dall’inizio della emergenza pandemica che nei fatti non è stata ancora debellata, famiglie e imprese italiane ed europee verso una nuova crisi.
Un combinato disposto che vede da un lato l’aggravarsi dell’inflazione con il rincaro dei prezzi di gas e petrolio importati dalla Russia. E dall’altro l’aumento dei prezzi di beni primari, indispensabili per l’intera filiera agroalimentare italiana ed europea. A cui si aggiungono le difficoltà di approvvigionamento di grano, mais e olio di semi che importiamo in larga parte proprio da Russia e Ucraina.
Conflitto Ucraina, milioni di persone a rischio fame
Una situazione che rischia concretamente di riflettersi su diverse regioni del mondo già molto instabili e carenti sul piano alimentare. Tanto che la FAO, nei giorni scorsi, ha lanciato un vero e proprio allarme di povertà alimentare a livello mondiale. La Food and Agriculture Organization stima infatti che il numero di persone che soffrono la fame potrebbe aumentare tra i 7 e i 13 milioni in brevissimo tempo. E coinvolgere nel complesso 50 paesi tra Africa, Asia e Medio Oriente.
Anche l’Europa è esposta a questo rischio molto più di quanto immaginiamo. Solo in Italia, tra il 2020 e il 2021 l’Istat ha rilevato 5,6 milioni di persone in povertà. Quasi il 30 per cento delle famiglie italiane ha chiesto aiuti alimentari. E oltre 2 milioni hanno beneficiato delle risorse messe a disposizione dal FEAR, il fondo europeo di aiuti per gli indigenti.
Alla luce di queste evidenze, sono convinta della necessità che l’Unione europea agisca con tempestività e riveda con lungimiranza le sue politiche, soprattutto sul piano dell’autonomia alimentare ed energetica.
Adeguare la PAC per contrastare la povertà alimentare
Così come già annunciato al Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo che si è tenuto a Versailles, occorre rimodulare la Politica Agricola Comune e la Strategia Farm to Fork per fare in modo che siano disposti gli strumenti necessari ad affrontare questa nuova emergenza, nell’interesse di cittadini, famiglie e imprese.
L’Unione europea ha già accolto la richiesta italiana di dare il via libera alla coltivazione dei terreni a riposo. Si tratta di una deroga importante agli obblighi previsti dalla PAC. Parliamo di circa 1 milione di ettari in più, utili a far fronte al blocco delle importazioni di grano e mais provenienti dalle zone coinvolte nel conflitto.
Positiva è anche la decisione presa dalla Commissione europea di mettere a disposizione più risorse per il settore agricolo: 1,5 miliardi di euro, di cui 50 milioni andranno all’Italia.
Ma i tempi che stiamo vivendo ci costringono ad andare ben oltre le necessarie misure di contenimento della crisi. Non possiamo sapere quanto a lungo durerà ancora questo conflitto e con quali esiti si concluderà. Per questo servono interventi più lungimiranti.
La PAC deve essere adeguata per garantire appieno la sovranità alimentare, senza naturalmente rinunciare al raggiungimento degli obiettivi della transizione ecologica.
Questo sarà possibile con investimenti mirati sull’agricoltura di precisione e su tecnologie adeguate. Ma anche con il coinvolgimento diretto degli agricoltori che, come più volte ho ribadito, sono coloro che da sempre nel nostro Paese si prendono cura degli ecosistemi, della qualità del prodotto, delle filiere corte, più adatte e più sostenibili.
Emergenza energetica, l’altra faccia della crisi
Contro la povertà energetica, in Commissione Occupazione e Affari sociali, ho sottolineato la necessità di ripensare completamente il Fondo Sociale per il clima, ossia lo strumento che avrebbe dovuto combattere la povertà energetica.
Le doverose sanzioni imposte con decisione dall’Unione alla Russia stanno purtroppo già facendo sentire i loro effetti indiretti su cittadini e imprese che devono affrontare forti rincari dei prezzi dell’energia.
In Europa contiamo 34 milioni di persone in povertà energetica. Si tratta di cittadini con un reddito medio basso o bassissimo. E in Italia la situazione non è migliore. Oltre l’8 per cento delle famiglie ha difficoltà a pagare le bollette dell’energia, comprese quelle che vivono in appartamenti ad alto consumo energetico.
Ritengo quindi necessario aumentare la dotazione finanziaria di questo Fondo, già prima insufficiente a compensare realmente il problema del caro energia.
In contesto economico e sociale complesso, l’Europa ha bisogno di un nuovo Fondo di emissione di debito comune – un Energy Recovery Fund – che, sul modello di SURE, garantisca l’accesso ai prodotti energetici essenziali. E aumenti gli investimenti sulle risorse rinnovabili che sono la chiave principale su cui puntare per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica.
La pace che in Europa tutti noi abbiamo sempre dato per scontata è oggi a rischio. L’Europa deve testimoniare con tutta la sua forza politica, diplomatica e morale quelle che Giovanni Paolo II riteneva le condizioni essenziali per la pace: verità, giustizia, amore e libertà.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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