Caro affitti, la protesta degli studenti spia del PNRR a rischio?

carro affitti

Per i fuori sede il caro affitto è diventato un problema insostenibile. Sta succedendo nelle grandi città – Roma, Milano, Firenze e Torino – ma anche nelle città più piccole, sedi di prestigiose e importanti Università, non va meglio. Negli ultimi cinque, sei anni gli affitti delle stanze sono lievitati.

Ho voluto farmi una idea dei prezzi medi per l’affitto di una singola. Provando a mettermi nei panni di un giovane o di una giovane che studia all’Università ma potendo contare sull’aiuto economico della propria famiglia. Gli stessi che le destre hanno pensato bene di attaccare invece di ascoltare accusandoli di essere dei ‘radical chic’.

Pensate che solo nelle grandi città, gli affitti sono in alcuni casi triplicati in cinque o sei anni.

È il caso di Milano, da dove giungono le denunce più numerose da parte degli studenti e delle studentesse fuori sede. Una singola costa in media 628 euro al mese, in crescita di oltre il 6% rispetto al periodo di “alta stagione” ovvero quando l’anno accademico è in corso.

Al secondo posto, con una differenza di oltre 150 euro al mese, c’è Bologna, dove per una singola, in media, si spendono 467 euro al mese, il 3% in più rispetto al periodo aprile-settembre 2022.  Chiude il podio Roma a 452 euro al mese, il 2,3% in più rispetto allo scorso anno.

IL PROBLEMA DEL CARO AFFITTI VIENE DA LONTANO

Esiste sicuramente uno sbilanciamento tra domanda e offerta in molte città, e spesso risulta impossibile adeguare l’offerta alla domanda in particolare nel breve periodo.

Post-pandemia, poi, studenti e lavoratori sono tornati a popolare i grandi centri, alimentando la domanda di case e stanze in affitto. In parallelo le città sono tornate a riempirsi anche di visitatori dall’estero e molti proprietari hanno tolto il loro immobile dal mercato degli affitti tradizionali per collocarlo in quello degli affitti turistici, più redditizio. Ecco quindi che l’offerta di case, già di per sé non sufficiente, si è ulteriormente contratta, a fronte di una richiesta che invece non accenna a diminuire.

La gestione del mercato degli affitti, lasciato nelle mani dei soli privati per oltre tre decenni, è il nodo che il governo Meloni dovrà sciogliere se vuole risolvere l’emergenza del caro affitti. In primo luogo, nelle città grandi e turistiche occorrono delle regole sugli affitti brevi. In secondo luogo, è necessario investire subito sugli studentati, carenti o del tutto assenti. La chiave, dico al governo Meloni, è diversificare il mercato per garantire il diritto allo studio e il diritto all’abitare a tutti e a tutte.

LA SITUAZIONE IN EUROPA

Se, in Europa il 18% degli studenti vive in residenze, in Italia questa percentuale scende al 5% (dati Eurostat). Poco più di 36mila posti a fronte di una richiesta di circa 764mila. Tutti gli altri fanno i pendolari, studiano e lavorano per permettersi un affitto, i più fortunati possono contare sul sostegno delle famiglie, ma comunque devono giostrarsi tra canoni esorbitanti e situazioni abitative non adeguate.

È chiaro, e ne sono convinta, che questo problema non ha origine con il governo Meloni ma che dipenda da anni e anni di mancate politiche abitative, che nel caso dell’housing universitario hanno visto un totale disimpegno dello Stato italiano.

DAL GOVERNO SOLO PROCLAMI E PROPAGANDA

Giudico comunque molto grave l’approccio adottato dalle destre al problema sollevato dai nostri giovani che con una protesta pacifica, nelle prime settimane di maggio, hanno cominciato ad accamparsi in tenda davanti alle facoltà e ai rettorati.

Dopo circa una settimana di proteste, palazzo Chigi ha esultato annunciando lo stanziamento di 660 milioni per mettere una pezza a questa emergenza. In realtà, tali risorse provengono da una misura già approvata dal governo Draghi nel 2022, chiamata Fondo per l’housing universitario, ma rimasta bloccata al vaglio della Commissione europea fino al 10 maggio scorso.

Il tutto mentre giornali e giornalisti vicini alla maggioranza si occupavano di scatenare le solite sterili polemiche, accusando di vittimismo i ragazzi e dimostrando così uno sconcertante scollamento dalla realtà.
“Perché un centinaio di ragazzi e ragazze dovrebbero accamparsi?”
“Chi c’è dietro la protesta?”

La narrazione di una ipotetica sinistra “manovratrice”, pronta a strumentalizzare il problema – peraltro reale e pesante – quasi per fare un dispetto al governo Meloni ha rappresentato il tentativo di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica dalla protesta.

Non solo. Lo sblocco dei 660 milioni di euro, che erano stati già stanziati e impegnati dal governo precedente, e annunciato in fretta e furia, oggi ha tutto il sapore di essere stata una manovra ‘furbesca’ del governo Meloni con lo scopo di mettere fine alla protesta degli studenti e delle studentesse con la propaganda.

CARO AFFITTI, DAL PNRR LE RISORSE

A mio avviso, lo dimostra il fatto che di questi 660 milioni di euro il governo Meloni non ha mai parlato prima. E peggio ancora, lo sblocco annunciato è stato poi ritirato dal governo Meloni per un presunto vizio tecnico. La realtà è un’altra.
Il fondo per l’housing universitario, approvato col Piano nazionale di ripresa e resilienza, è destinato alla costruzione di studentati pubblici.

L’obiettivo messo nero su bianco è reperire 60mila nuove stanze entro il 30 giugno 2026. Ma per ora siamo arrivati a quota 8.500. Il timing della misura prevedeva una prima tranche di 7.500 posti entro dicembre 2022 e i restanti 52.500 entro il 2026.

L’HOUSING UNIVERSITARIO

Per realizzare l’obiettivo del 2026, occorre che il governo Meloni dia assoluta priorità al PNRR. L’Italia deve fare i conti con una scarsa capacità di spesa dei fondi europei perché ci sono da sempre difetti strutturali nella macchina pubblica su progettualità ed esecuzione. Il governo Meloni avrebbe voluto affidare la realizzazione e la gestione dei progetti di housing universitario ai privati ma la Commissione europea ha detto ‘no’ proprio perché il PNRR può essere utilizzato solo per riforme e investimenti pubblici.

C’è poi il problema dell’accesso agli studentati. Un sistema che andrà rivisto e potenziato, dal momento che oggi solo il 4% dei nostri studenti ha il diritto ad una residenza universitaria contro il 10% della Germania, il 12% della Francia e il 24% del Regno Unito.

La protesta degli studenti per il caro affitti quindi è la spia di un PNRR sempre più a rischio flop? Sappiamo già quanti ritardi abbiamo accumulato nella gestione di queste risorse europee e quanto risulti difficile e complesso il rapporto tra il governo Meloni e l’Europa sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza soprattutto nel tentativo di rivedere il Piano.

Ricordo che ho criticato la Commissione europea quando andava fatto. Tanto nel merito che nel metodo, quando è arrivata senza chiarimenti la bocciatura al progetto dello Stadio Franchi di Firenze…ma anche volendo per ora concedere il beneficio del dubbio, molti fatti parlano da soli. E il governo Meloni non sta dimostrando capacità e competenza necessarie a gestire bene il PNRR.

CONTRO IL CARO AFFITTI SERVONO PROPOSTE CONCRETE

Per portare avanti una opposizione costruttiva occorre fare al governo Meloni le domande giuste: perché, ad esempio, non ha parlato prima dei 660 milioni di euro? E perché, all’annuncio che lasciava intendere un immediato sblocco delle stesse ha fatto seguito un iter parlamentare maldestro?

Una cosa è certa: il problema va risolto. E per farlo non possono bastare né sgravi fiscali e né sconti ai privati che affittano le stanze come vorrebbero intanto fare diversi Comuni. Il governo Meloni deve assumersi la responsabilità di aiutare i nostri giovani e le loro famiglie per evitare che questa situazione, già emergenza, si aggravi ulteriormente generando così nuove e pesante disuguaglianze sociali.