L’Unione europea ha raggiunto l’accordo sul salario minimo. Un tema che vede molte forze politiche in Italia (che un salario minimo per legge non ce l’ha) impegnate in prima linea. In questa intervista a La Notizia ho spiegato cosa cambierebbe se la direttiva europea ricevesse il via libera definitivo e perché si tratta di un momento storico per l’Ue e per i diritti dei lavoratori. Soprattutto in una fase di precarietà economica che continua a pesare sulle spalle di moltissimi cittadini, cittadine e imprese.
Dopo una notte di trattative, è stato raggiunto l’accordo sulla direttiva sul salario minimo. Come lo valuta?
Si tratta di un accordo per certi versi rivoluzionario perché impone salari equi e dignitosi a tutti i lavoratori europei. In alcuni Paesi europei la situazione è drammatica, basti pensare all’Italia che ha oltre 3 milioni di lavoratori-poveri e cioè che arrivano a guadagnare anche 3/4 euro l’ora. Dobbiamo porre un argine a questo sfruttamento legalizzato a cui e adesso dopo l’accordo europeo toccherà a noi prendere la palla al balzo e approvare quanto prima una legge sul salario minimo anche in Italia.
Per il commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmidt spetta al governo italiano e alle parti sociali introdurlo. Come pensate di riuscirci data la contrarietà di parte del sindacato, delle imprese e delle destre?
Il Commissario Schmidt ha ragione, tocca al governo prendere delle iniziative e noi gli chiediamo di essere coerente con le stesse scelte assunte in Europa. In sede di Consiglio il governo ha approvato il testo della direttiva quindi sono Forza Italia e Lega a dover spiegare a tutti gli italiani come mai si oppongono alle decisioni prese dal loro stesso governo. La direttiva impone adesso due strade: approvare una legge sul salario minimo, come propone il Movimento 5 Stelle, o una profonda riforma del nostro sistema di contrattazione collettiva che è deficitario basti pensare che due terzi dei contratti vigenti sono scaduti e un altro terzo sono pirata e cioè siglati da categorie non rappresentative. In entrambi i casi l’Italia dovrà rispettare i tre criteri della direttiva che porteranno a salari adeguati.
Il salario minimo non va fatto per legge perché “contro la nostra storia culturale di relazioni industriali”, ha detto il ministro Renato Brunetta.
Mi chiedo Brunetta di quale cultura parli? Pagare i lavoratori 3/4 euro l’ora fa parte dell’epoca della schiavitù, questa non è frutto di una sana relazione industriale ma una vergogna che va assolutamente eliminata. La verità è che Brunetta non fa uno straccio di proposta per contrastare la povertà lavorativa e difendere il potere di acquisto dei lavoratori, da lui arriva solo una difesa corporativa dell’esistente.
Il ministro del Lavoro Andrea Orlando ha fatto una proposta di salario minimo ma non indica una soglia minima oraria di retribuzione come fa il ddl Catalfo. Cosa ne pensa?
La direttiva fissa dei criteri stringenti per combattere la povertà lavorativa e valutare l’adeguatezza dei salari: il 60% del salario mediano lordo nazionale, il 50% del salario medio lordo nazionale e il fatto che il salario minimo deve essere al di sopra della soglia di dignità valutata in funzione del potere d’acquisto. Questi criteri portano a stabilire che un lavoratore non potrà percepire in Italia meno di 8 euro lordi l’ora. Noi siamo più ambiziosi e chiediamo 9 anche perché va considerato l’attuale carovita.
Il Governatore della Banca d’Italia dice che occorre evitare vane rincorse tra prezzi e salari.
La moderazione salariale non può diventare mortificazione salariale. Una famiglia su sette non è riuscito a pagare la bolletta di luce e gas nel primo bimestre, l’inflazione è all’8%, se vogliamo evitare un autunno caldo dobbiamo intervenire subito.
Confindustria insiste nel chiedere il taglio del cuneo fiscale per aumentare i salari.
Il taglio del cuneo fiscale non risolve il problema dei salari bassi. Che già godono di aliquote inferiori rispetto ai redditi superiori a 15.000 euro l’anno. Tra l’altro la tassazione sui redditi bassi in Italia è simile a quella di altri Paesi europei con un tessuto socio-economico simile. Ma solo da noi i salari non crescono. Il problema non si risolve con scorciatoie. Noto invece con piacere che l’associazione degli imprenditori francesi è a favore del salario minimo.
Come spiega tanto astio nei confronti del reddito di cittadinanza?
In Italia c’è una parte di politica che esprime un odio contro i poveri. Contro le persone in difficoltà e contro i deboli che davvero non mi spiego. Tra l’altro se l’Italia abolisse il reddito di cittadinanza farebbe un passo indietro rispetto agli altri Paesi europei. E andrebbe contro le raccomandazioni della Commissione europea che si appresta a varare entro fine anno. Per una volta siamo noi a dire all’Europa la direzione da intraprendere, dobbiamo esserne orgogliosi.
Italia Viva propone di tagliare il sussidio per dare più soldi in busta paga, ma il Reddito va a chi non ha alcuna entrata.
Quella della raccolta firme per un referendum che tolga di mezzo il reddito di cittadinanza è l’ennesimo bluff di Renzi. Lasci in pace i più deboli e pensi ai suoi contratti in Arabia Saudita!
L’articolo è stato pubblicato su La Notizia il 08.06.2022.
Leggete qui il mio contributo su Tpi.it del 9 giugno 2022.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
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