Durante i mesi più bui della pandemia, le piattaforme dell’e-commerce hanno rappresentato per molti uno strumento utile e necessario per fare acquisti anche di generi di prima necessità.
Tra tutte, Amazon, colosso americano del settore del commercio online, ha tratto i maggiori vantaggi: nell’arco di pochi mesi, infatti, il fatturato è aumentato vertiginosamente facendo diventare il suo fondatore ed ex CEO, Jeff Bezos, la persona più ricca del mondo.
La rapida espansione del business di Amazon ha però esacerbato distorsioni, per nulla trascurabili. Orari di lavoro estenuanti, controlli al limite della violazione della privacy, retribuzioni basse e una quasi totale assenza di rappresentanza sindacale hanno prodotto una serie di scioperi e iniziative di protesta che a catena si sono diffusi dagli Stati Uniti all’Europa.
Le proteste hanno coinvolto anche gli stabilimenti in Italia dove il 22 marzo scorso, per la prima volta i lavoratori dell’intera filiera hanno incrociato le braccia.
Amazon, un modello di business senza valori
I fatti e le denunce raccolte non lasciano spazio ad alcun dubbio: Amazon incarna un modello produttivo senza valori, senza una responsabilità sociale. Un modello di società in cui la ricchezza di pochi è costruita sulle spalle di molti.
E che mortifica il lavoro considerato il più basso fattore della produzione. Esso, invece, rappresenta la forma più nobile attraverso il quale l’individuo partecipa al benessere collettivo.
Amazon trae profitto minimizzando il costo del lavoro e schiacciando i diritti, considerati costi che pregiudicano una produzione fatta di sola quantità e di nessuna qualità.
Così la multinazionale sceglie il dumping sociale e fiscale e lo porta all’estremo, trasformandolo in uno strumento per cancellare dal mercato ogni potenziale competitor.
L’uso spregiudicato delle tecnologie e di opachi algoritmi generano pressioni sui lavoratori e impediscono l’ingresso dei sindacati in azienda. Quanto di più lontano esista dall’economia sociale di mercato a cui l’Europa si ispira.
Tale modello aziendale dovrebbe essere contrastato con forza dalla politica. Sono fermamente convinta che l’Unione europea abbia il dovere d’intervenire, non solo per difendere il diritto del lavoro ma soprattutto i valori e l’essenza delle nostre democrazie.
#AmazonAlabama Il referendum che doveva sancire la costituzione del sindacato dei lavoratori del colosso dell’e-commerce si e trasformato in una vittoria per #JeffBezos.
Ecco perchè questa vicenda ci riguarda da vicino ???? https://t.co/O6WCKzqN5f@Affaritaliani @M5S_Europa pic.twitter.com/QrVl1abWCp— Daniela Rondinelli (@Dani_Rondinelli) April 13, 2021
Amazon, il mio impegno al Parlamento Ue in difesa della dignità dei lavoratori
Credo che sia giunta l’ora di ridefinire i rapporti fra aziende e dipendenti alla luce dei cambiamenti epocali nel mondo del lavoro.
Non a caso il nostro primo atto, quando eravamo al governo nel 2018, fu l’approvazione del decreto dignità. Importante è che in tutte le aziende siano garantite uguali condizioni di lavoro.
Sono stata e sarò costantemente al lavoro al Parlamento europeo, con l’obiettivo di fissare gli stessi obblighi contrattuali e fiscali così da stroncare il dumping dentro e fuori l’Ue.
La presenza della rappresentanza sindacale all’interno dell’azienda, soprattutto nelle grandi multinazionali, non deve essere più vista come un freno alla crescita. Ma come un presidio di democrazia, di diritti e un fattore di sana competitività.
La nuova rivoluzione industriale dettata dalla digitalizzazione ha bisogno, esattamente come quelle precedenti, di essere governata mettendo l’uomo al centro dei processi di trasformazione. Per me solo così è possibile garantire il benessere a tutta la collettività.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, membro non iscritto.
Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.