Appalti pubblici, nuove norme UE per difendere il lavoro di qualità

Direttiva rifiuti

Il lavoro nero, irregolare e sottopagato si annida spesso negli appalti pubblici, complici i subappalti e le offerte al massimo ribasso. A farne le spese sono i lavoratori ma anche le imprese che competono lealmente, minacciate da subdole forme di dumping salariale e sociale.

Lo scorso 16 gennaio, nel corso della Plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, sono intervenuta su una interrogazione orale sulla riforma della Direttiva europea 2014/24/UE sugli appalti pubblici. Una riforma che ritengo debba essere affrontata con urgenza.

LA DIRETTIVA 2014/24/UE SUGLI APPALTI PUBBLICI

La direttiva 2014/24/UE stabilisce nuove norme sulle procedure per gli appalti indetti da amministrazioni pubbliche per le opere opere pubbliche e i concorsi di progettazione.

Secondo le nuove norme, l’assegnazione degli appalti pubblici, da o per conto di autorità degli Stati membri, deve rispettare i principi del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e in particolare la libera circolazione delle merci, la libertà di stabilimento e la libera prestazione di servizi, nonché i principi che ne derivano, come la parità di trattamento, la non discriminazione, il mutuo riconoscimento, la proporzionalità e la trasparenza.

LA CENTRALITÀ DELLA CONDIZIONALITÀ SOCIALE

Sono proprio questi ultimi aspetti che mi stanno particolarmente a cuore.

Credo, infatti, che la condizionalità sociale negli appalti pubblici sia un principio ineludibile per garantire, non solo, il rispetto delle norme basilari del diritto del lavoro, ma anche, la leale concorrenza nel mercato interno, e soprattutto, con le aziende dei paesi terzi.

Rafforzare la condizionalità sociale significa garantire condizioni di lavoro dignitose, salari equi, legalità e una reale concorrenza nel mercato italiano ed europeo. Occorre garantire trasparenza, sicurezza e rispetto del diritto del lavoro.

La realizzazione di nuove infrastrutture è indispensabile per dare concretezza alla transizione verde e digitale, ma non possiamo permettere che ciò avvenga creando lavoro non dignitoso.

IL PREZZO NON PUÒ ESSERE L’UNICO CRITERIO DI ASSEGNAZIONE

Già in altre occasioni ho criticato la riforma nazionale del Codice degli Appalti Pubblici, anche detto Codice Salvini. Il nuovo codice non ha in realtà apportato grandi novità rispetto ai criteri di aggiudicazione, strumenti fondamentali per garantire il lavoro di qualità ma anche la concorrenza leale tra le imprese che partecipano alle gare pubbliche. 

Il prezzo continua ad essere l’unico o il principale criterio per l’assegnazione di un appalto.

Allo stesso modo, non è corretto pensare che bastino meno regole e meno controlli per velocizzare le gare e realizzare più rapidamente le opere pubbliche di cui abbiamo bisogno per centrare gli obiettivi del PNRR. Così non è. Anzi, con questo approccio finiamo solo per agevolare peggiori condizioni di lavoro e le infiltrazioni della criminalità organizzata e della corruzione.

PIÙ CONCORRENZA LEALE TRA LE IMPRESE

La riforma della direttiva UE punta, invece, introducendo nuovi criteri di aggiudicazione, come la condizionalità sociale appunto, a influenzare anche la nuova riforma varata dal governo Meloni, dal momento che le norme nazionali devono rispettare quelle europee, soprattutto, al fine di garantire la concorrenza e la liberalizzazione degli appalti pubblici nel mercato unico europeo senza sacrificare i diritti dei lavoratori e le imprese oneste e rispettose delle leggi.

Non solo. A livello europeo, per rafforzare la dimensione sociale nel mercato unico occorre che i paesi membri collaborino tra loro per il rispetto delle norme sul lavoro, mettendo a disposizione tutte le informazioni sulle imprese che partecipano alle gare con lo scopo di difendere e salvaguardare la concorrenza leale.

Trovo assurdo che proprio le forze politiche che si dichiarano difensori dell’interesse nazionale non sostengano questa riforma di fatto chiudendo un occhio sul dumping sociale e sul rischio che le risorse pubbliche – nazionali ed europee – finiscano nelle mani di aziende, comprese quelle di paesi terzi, che usano come leva per la competitività il solo taglio del costo del lavoro.

Nel mio intervento in Plenaria, inoltre, ho espressamente chiesto alla Commissione e al Parlamento di privilegiare gli appalti pubblici legati ai progetti territoriali. Essi infatti rispondono ai bisogni e alle esigenze dei cittadini e delle cittadine. L’UE deve mettere da parte la logica dei mega progetti: più esposti ai fenomeni di illegalità, agevolati dai subappalti a cascata – tra le altre cose previsti dal Codice Salvini – caporalato, lavoro nero e irregolare ma soprattutto infiltrazioni mafiose.

Dobbiamo avere il coraggio di riformare la direttiva, ora! Solo così avremo un strumento utile per la crescita reale del Paese e dell’Europa.