È notizia di queste settimane che il blocco imposto dall’Ungheria e dalla Polonia e dai paesi dell’Est Europa ai prodotti agricoli provenienti dall’Ucraina continuerà. Questo perché i governi nazionali lamentano danni agli agricoltori e agli allevatori non solo rispetto al commercio dei cereali, ma anche alla importazione di carni, frutta e verdura.
Su questo tema ho già scritto, qui: Grano Ucraino, stop alle importazioni decisione meschina e sbagliata
È oramai invece assodato che il settore agricolo è strategico per l’Unione europea, vitale per garantire la sicurezza e l’autonomia alimentare.
Un concetto, quest’ultimo, che si è fatto sempre più importante proprio negli ultimi anni, con la pandemia, prima, e con le conseguenze della guerra russo-ucraina, dopo. La necessità di poter contare su approvvigionamenti di cibo senza dover dipendere dall’importazione di prodotti provenienti da paesi terzi nasce da una visione politica pragmatica e contingente. Una politica che va perseguita anche per rispondere alle emergenze derivanti dalla crisi climatica. L’autonomia alimentare quindi è un aspetto cruciale per rafforzare il potenziale agricolo del nostro Paese e dell’Europa senza rinunciare agli obiettivi della sostenibilità ambientale e sociale.
CONIUGARE AGRICOLTURA E SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE SI PUÒ
Agricoltura e sostenibilità possono (e devono) camminare assieme. L’una infatti non esclude l’altra. Lo dimostra il fatto che ci sono modelli agricoli all’avanguardia sui quali l’Unione europea deve investire di più: quello dell’agricoltura 4.0, dal momento che le nuove tecnologie – come ho raccontato e spiegato in tante altre occasioni – costituiscono il migliore mezzo per ridurre le emissioni climalteranti e l’impatto sull’ambiente delle attività agricole e zootecniche.
PIÙ INNOVAZIONE E EFFICENTAMENTO DELLE RISORSE
Puntare e sostenere gli investimenti sull’innovazione è essenziale per permettere agli operatori del settore di rinnovare il proprio sistema produttivo in un’ottica di maggiore sostenibilità ambientale. L’agricoltura di precisione è la chiave per produrre di più con meno. Intelligenza artificiale, robotica, biotecnologia, gestione dell’acqua, controllo dello stress climatico, piattaforme di genetica vegetale, proteine alternative: tutti strumenti che possono aiutare a vivere e produrre con maggiore responsabilità nei confronti del Pianeta.
Occorre quindi premiare e valorizzare tutte quelle realtà imprenditoriali che già si sono mosse verso questa direzione e creare degli incentivi adeguati affinchè molte altre seguano l’esempio.
Il settore primario è quello che in assoluto consuma più acqua dolce e sappiamo quanto tale risorsa naturale stia diventando progressivamente sempre più scarsa e preziosa a causa dei lunghi periodi di siccità registratisi in tante regioni d’Europa. Per questo, ho fatto mia la battaglia per un utilizzo efficace ed efficiente dell’acqua in agricoltura che prevede una adeguata strategia per il riuso da accompagnare alla riduzione di ogni forma di spreco.
CONTENERE LE EMISSIONI
Sappiamo, inoltre, che nell’Unione europea, agricoltura e allevamento sono responsabili di oltre il 10% della CO2 prodotta ogni anno. Si tratta di un impatto notevole che crediamo debba essere ridotto se si vogliono raggiungere gli ambiziosi obiettivi previsti dal pacchetto europeo di politiche ambientali “Fit for 55” ma anche dalla Politica Agricola Comune e dalla Strategia Farm to Fork dal campo alla tavola.
Ben venga quindi la proposta di creare il primo quadro europeo per certificare, in modo affidabile e su base volontaria, gli assorbimenti di carbonio del settore agricolo. Il Carbon Farming (letteralmente coltivazione del carbonio) una volta entrato a regime permetterà ai settori agricolo e zootecnico di far parte del cosiddetto sistema di scambio di quote di emissioni di anidride carbonica e di dare il loro contributo alle politiche di adattamento e mitigazione del cambiamento climatico.
Con il nuovo regolamento, rispetto al quale ho presentato alcune proposte di modifica, l’Unione europea definisce regole chiare e trasparenti, ad hoc per le attività agroforestali, che prevedono sovvenzioni o meglio fonti di reddito aggiuntive per quelle imprese agricole e zootecniche che si impegneranno a ridurre le emissioni di anidride carbonica ovverosia quando possibile a evitare di produrre gas serra per il tramite soluzioni naturali o tecnologie all’avanguardia.
AGRICOLTORI AL CENTRO DI UN DIALOGO COSTANTE CON LE ISTITUZIONI UE
Nel discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato dalla Presidente von der Leyen ho molto apprezzato l’idea di mettere concretamente al centro gli agricoltori e gli allevatori europei per realizzare il processo di transizione ecologica.
È così che è nata l’idea di chiedere alla Presidenza di turno affidata attualmente alla Spagna di valutare l’avvio di un dialogo strutturato con gli operatori di un settore, come quello agricolo e zootecnico, sempre più strategico e vitale. Su questo aspetto è stato particolarmente interessante lo scambio di opinioni che abbiamo avuto lo scorso 19 settembre in Commissione Agricoltura con il ministro spagnolo Luis Planas Puchades.
Credo sia molto importante avvicinare il più possibile gli agricoltori e gli allevatori alle Istituzioni europee ma anche alle amministrazioni e permettergli di contribuire in modo più decisivo alla elaborazione di politiche e interventi legislativi ed economici utili per sostenere e rafforzare l’agricoltura europea e metterla al riparo da minacce interne ed esterne.
SOSTENIBILITÀ A TUTTO CAMPO
Ho sempre sostenuto infatti che gli ambiziosi obiettivi ambientali che dobbiamo raggiungere per il bene del pianeta devono essere pienamente sostenibili anche dal punto di vista sociale ed economico per coloro che devono mettere in atto le grandi trasformazioni necessarie a realizzare la transizione ecologica.
Quindi, io non ho mai messo in dubbio che l’Unione europea debba coniugare agricoltura di qualità e innovativa con la sostenibilità ambientale e sociale. Ma è certo che proprio questo punto si è trasformato negli ultimi mesi in un nodo politico da cui è partita una profonda polarizzazione del dibattito che ha trasformato quindi i temi agricoli in mere questioni elettorali.
L’agricoltura però ha bisogno di concretezza, realismo e pragmatismo più di ogni altro settore produttivo.
E allora quando montano le proteste degli agricoltori e degli allevatori su cui pesano l’inflazione e la guerra perché da soli non possono stare al passo con i cambiamenti necessari legati alla crisi climatica è certo che l’Unione europea, che spesso ha calato dall’alto norme ideologiche e radicali, irrealistiche, polarizzanti per l’appunto, non ha fatto abbastanza per sostenerli.
È dalle diverse ed enormi sfide che ci attendono in futuro che nasce l’idea e il supporto alla prospettiva di costruire un dialogo strutturato tra agricoltori e allevatori e Istituzioni UE e amministrazioni che in modo diretto, chiaro e partecipativo li renda davvero protagonisti del cambiamento.