Dall’inizio del mio mandato da europarlamentare, ho sempre sostenuto la necessità di una nuova governance europea. In sostanza, occorre rivedere regole economico-finanziarie introdotte a metà degli anni Novanta dall’Unione europea col Trattato di Maastricht ai paesi membri. Parametri che con la crisi finanziaria del 2008-2011 si sono rivelati insostenibili.
Credo che la riforma del Patto di Stabilità e Crescita sia una riforma indispensabile per il futuro dell’Unione europea e le politiche che abbiamo iniziato a mettere in campo con la pandemia Covid-19.
Sono convinta infatti che gli zero virgola nei bilanci degli Stati membri siano un rischio oggi che abbiamo riconosciuto finalmente molti degli errori commessi in passato con l’Austerity. E soprattutto che abbiamo l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico e recuperare welfare.
UNA NUOVA GOVERNANCE PER IL FUTURO DELL’EUROPA
Il Patto di Stabilità e Crescita nasce circa 20 anni fa. È stato sottoscritto dai paesi membri dell’Unione europea nel lontano 1997. Allora imporre rigidi vincoli di bilancio aveva un senso, perché l’Europa era uscita devastata dall’inflazione degli anni Ottanta, dagli shock petroliferi degli anni Settanta e dagli attacchi speculativi sulle valute nazionali.
Nel corso degli anni abbiamo visto quanto questi vincoli abbiano in realtà sacrificato risorse importanti a danno dei settori cruciali per il buon funzionamento dei singoli Stati. Tagli di cui abbiamo subìto il peso durante uno dei periodi più difficili della storia recente: la pandemia del Covid-19.
È proprio al fine di recuperare i margini di flessibilità necessari alla gestione delle conseguenze economiche dei lockdown che l’Unione europea ha sospeso per la prima volta il Patto di Stabilità per poi arrivare alla consapevolezza che era giunto il momento di riformarlo, attualizzandolo alle sfide che ci attendono.
La proposta della Commissione europea è arrivata a novembre del 2022. Dopo anni di attesa, ho dunque accolto positivamente la notizia così come diversi passaggi della riforma, nonostante credo che ci siano dei punti da migliorare e su cui non è ammesso fallire; è il nostro monito al governo Meloni che non ha ancora neppure ratificato il Mes.
LE PRIORITÀ DA AFFRONTARE
Sono convinta, ad esempio, che occorra puntare allo sviluppo per tutti. Tale principio deve tradursi in cospicui investimenti sulla sostenibilità ambientale, quindi, sulla creazione di nuovi posti di lavoro e al tempo stesso nel sostegno ai privati per contribuire alla transizione ecologica prevista dal Green Deal. Gli aiuti economici sono indispensabili per le fasce della popolazione economicamente svantaggiate che altrimenti rischiano di essere tagliate fuori dalle prospettive di sviluppo, benessere e sostenibilità verso cui l’Unione europea si sta dirigendo.
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GLI INVESTIMENTI VERDI E SOCIALI
Per questo ritengo che lo scorporo degli investimenti verdi, oltre che di quelli sociali, dal rapporto deficit/Pil costituisca un elemento fondamentale per rompere definitivamente col passato e agire con visione, coraggio, ambizione e lungimiranza. Allo stesso modo, sostengo da sempre la necessità di creare una condivisione più forte e strutturata in Europa dei rischi e degli obiettivi, quale principio generale chiave per accelerare il processo costituente dell’Unione europea in chiave federalista.
Penso a quanto è stato fatto con lo SURE, che si è rivelato uno strumento vitale per sostenere l’occupazione nella zona euro e contenere gli effetti negativi causati dalle chiusure e dalle restrizioni imposte dalla pandemia. O alla creazione del Fondo sociale per il clima che, nato per sostenere le famiglie e le micro-imprese nel processo di transizione energetica, sarebbe potuto essere uno strumento utile anche per mitigare gli effetti della crisi energetica innescata dalla guerra russo-ucraina.
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STOP AL VOTO ALL’UNANIMITA’
Se vogliamo davvero avere successo nell’azione di mitigazione e di adattamento al cambiamento climatico, così come se intendiamo realmente riportare i cittadini e le cittadine al centro delle azioni politiche europee, non possiamo prescindere dal superare uno dei limiti più importanti: il voto all’unanimità che troppe volte ha impedito l’adozione di decisioni urgenti (e non solo).
Guardate cosa accade ogni volta sul tema delle migrazioni. O ancora sul sostegno economico e finanziario all’Ucraina. Anche quando i veti opposti dai sovranisti europei sono stati superati, l’Unione è stata comunque costretta a procrastinare decisioni politiche e/o interventi importanti.
Il superamento dell’unanimità deve essere accompagnato da una revisione generale del peso politico delle principali Istituzioni europee: al Parlamento va affidato un ruolo decisionale centrale e non più come co-decisore solo così riusciremo ad avvicinare l’Unione europea ai cittadini e alle cittadine che eleggono i 700 deputati. E sono convinta che attraverso una buona riforma del Patto di Stabilità e Crescita entro la fine del 2023, sarà più facile avviare un percorso di riforma della governance politica dell’Unione europea con lo scopo di renderla politicamente più forte e più coesa.
GLI INVESTIMENTI SU AMBIENTE E BENESSERE SOCIALE NON SONO UN COSTO!
Tornando sulla riforma del Patto, se oggi i danni causati dagli eventi climatici estremi frenano il PIL e pesano sulla crescita, senza contare mietono vittime e alimentano crisi alimentari e migratorie, ritengo che le trasformazioni energetica ed ecologica non debbano essere calcolati banalmente come dei costi – zero virgola da mettere o togliere in Bilancio – ma come investimenti sul futuro.
Non si tratta di scommettere, perché sappiamo quello che ci aspetta e l’Unione europea, leader nella lotta al cambiamento climatico a livello globale, sta già mettendo in campo politiche ambientali all’avanguardia rispetto al resto del mondo. L’Unione europea però da sola non può riuscire a fare la differenza. Per questo deve assumere la guida delle azioni e delle politiche necessarie a combattere contro la crisi climatica. Per riuscirci però deve essere credibile, autorevole, resiliente, coesa e forte: agire davvero come un unico soggetto politico.
Dunque, riformare la governance economica e politica europea significa ci aiuterà a raggiungere obiettivi importanti:
- superare una volta per tutte l’empasse sulle migrazioni
- rafforzare l’idea di una difesa e sicurezza comune
- garantire una strategia efficace contro la crisi climatica
- garantire la sicurezza alimentare europea
- consolidare il rafforzamento della dimensione sociale dell’Unione (lavoro, diritti e welfare).
Sono battaglie che devono continuare anche nella prossima legislatura. Battaglie che per essere portate a termine hanno bisogno di decisori politici che aspirano davvero a costruire una Nuova Europa.