La guerra in Ucraina resta una delle principali sfide per l’Unione europea. Dallo scoppio del conflitto, il 22 febbraio 2022, lo sforzo europeo a sostegno di Kiev non è mai venuto meno.
Sostegno umanitario, finanziario – abbiamo già stanziato circa 8,5 miliardi di euro per impedire il default del Paese – e infine militare. Perché siamo davanti ad una ingiustificata e ingiustificabile guerra di aggressione che non solo ha imposto caos e incertezza al mondo intero; ma ha anche sconvolto le popolazioni civili di due grandi Stati vittime della follia del presidente russo, Vladimir Putin.
Ho seguito da vicino innumerevoli dossier legati al conflitto. Mi sono occupata dei corridoi di solidarietà per impedire il blocco totale delle importazioni di grano ucraino. In Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo ho sostenuto gli aiuti economici agli agricoltori e agli allevatori ucraini, perché sono indispensabili per permettere al popolo ucraino di continuare a resistere all’aggressione russa.
Ho detto subito sì ai corridoi di solidarietà per i rifugiati tanto da avere chiesto alla Commissione europea regole ad hoc e fondi per permettere alle ragazze e alle bambine e bambini ucraini di studiare nelle scuole e nelle Università italiane ed europee, in modo tale da non perdere un solo anno di istruzione e formazione. E così prepararli al ritorno in Ucraina, a guerra conclusa.
Insomma, il conflitto russo-ucraino è stato una parte importante del mio lavoro al Parlamento europeo in questo ultimo anno. E non poteva certo venire meno in una fase sempre più delicata per le sorti dell’Ucraina.
UN MILIONE DI MUNIZIONI A KIEV ENTRO IL 2023
Entro la fine dell’anno, l’Unione europea vuole rifornire di almeno un milione di munizioni Kiev, per potenziarne la difesa contro l’aggressione russa. Una scelta inevitabile dalla quale dipende anche la sicurezza dell’Europa e la sopravvivenza del martoriato popolo ucraino.
Se l’idea di potenziare l’aiuto militare a Kiev mi trova d’accordo, fintanto che non emergono spiragli per una pace giusta, mi ha lasciata molto perplessa la proposta avanzata dal commissario europeo per il Mercato Interno, Thierry Breton, il quale il 3 maggio scorso ha presentato il piano europeo Asap, annunciando che i governi nazionali avrebbero potuto destinare quota parte delle risorse dei fondi di coesione e del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza alla produzione di munizioni.
COSA PREVEDE IL PIANO UE
L’Act in Support of Ammunition Production (Asap), atto a sostegno della produzione di munizioni, fa parte del piano presentato dall’Alto Rappresentante per la Politica Estera, Joseph Borrell, e approvato al Consiglio europeo del marzo scorso.
I capi di Stato e di Governo dei ventisette Stati membri hanno detto sì alla proposta di “fornire urgentemente all’Ucraina munizioni terra-terra e di artiglieria e, se richiesto, missili, anche attraverso appalti congiunti e la mobilitazione di finanziamenti”. L’Unione europea, quindi, si prepara a rafforzare il proprio sostegno militare all’Ucraina, camminando su tre binari.
- Il primo: gli Stati membri stanno fornendo munizioni aggiuntive provenienti dai loro stock esistenti anche attingendo al Fondo Europeo per la Pace da un miliardo di euro.
- Il secondo: un altro miliardo di euro è da destinare all’acquisto congiunto di munizioni da parte dell’Unione europea.
- Il terzo: è rappresentato proprio dal piano Asap immaginato per sostenere l’industria militare europea versando circa 500 milioni di euro previste dal bilancio dell’Unione europea.
L’ultima parola sul bilancio – entrate e uscite – spetta al Parlamento europeo. Dal 2021, il quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea prevede anche le risorse stanziate per il Next Generation Eu ripartite tra i 27 Stati membri. È per questo che di fatto i governi nazionali hanno la possibilità di spostare le risorse europee destinate ai territori e alla ripresa post Covid per la produzione di munizioni. Per me, una opzione che non fa bene al nostro Paese.
ASAP, NESSUNA COERENZA CON GLI OBIETTIVI DEL PNRR
Una proposta delicata che mi costringe a fare con voi delle riflessioni. La coesione è una politica di investimento europea di medio – lungo periodo che ha lo scopo di promuovere lo sviluppo armonioso delle regioni europee e di combattere le disuguaglianze esistenti.
Anche per questa ragione, ho avuto fin da subito forti dubbi e preoccupazioni sull’ipotesi di riprogrammare la spesa dei fondi europei per fini militari. Allo stesso modo, il PNRR è stato pensato per portare avanti tutte quegli interventi necessari a fa ripartire l’Italia e l’Europa dopo la forte battuta d’arresto della pandemia.
Non c’è dunque nessuna coerenza tra gli obiettivi che si pongono di raggiungere la politica di coesione e il PNRR e i contenuti della proposta della Commissione.
La volontà però di optare per una procedura accelerata, l’acronimo Asap si rifà a quello inglese del “soon as possible”, è legata al rischio di un logoramento del conflitto. In particolare, nelle aree dell’Ucraina confinanti con le zone contese dal 2014. Come raccontano le cronache delle ultime settimane. E però il senso di urgenza che ha guidato il Consiglio e la Commissione europea, alla fine, ha travolto anche il Parlamento europeo, la cui maggioranza ha detto sì ad Asap. Come Socialisti e Democratici, abbiamo però chiarito subito che la proposta va modificata e che non condividiamo il principio secondo cui è possibile modificare la destinazione dei fondi di coesione e/o PNRR, in questo caso, per la produzione di munizioni.
PNRR, IL RISCHIO FLOP DIETRO L’ANGOLO
A oggi, in attesa della terza tranche da 19 miliardi di euro, sono convinta che i cittadini e le cittadine siano molto confusi sulle reali intenzioni del governo Meloni riguardo all’utilizzo di queste importanti risorse. Sull’Italia pesano enormi carenze strutturali: capitale umano e capacità progettuali trascurate da anni di cui doversi occupare. Lo sforzo del governo Meloni sul PNRR dunque dovrebbe essere massimo.
Eppure riuscire a spendere (e farlo bene) i 191 miliardi di euro che l’Unione europea ha assegnato all’Italia tra prestiti e sussidi si è trasformata in una “mission impossible”. Già mesi fa la Corte dei Conti aveva rilevato che l’Italia aveva speso solo il 6% dei fondi arrivati. Nella Missione 6, dedicata alla Salute, la spesa è praticamente assente (79 milioni su 15.626, quindi lo 0,5%). Nella Missione 5 su Inclusione e coesione si arriva a 239 milioni (l’1,2% dei 19,851 miliardi di budget) mentre su Istruzione e ricerca (Missione 4) si arranca fino al 4,1% (1,273 miliardi spesi su 30,876).
In un contesto in cui il PNRR, o almeno buona parte del Piano, è a rischio flop, la proposta di regolamento Asap lascerebbe mano libera al governo Meloni di spostare milioni di euro, destinati per realizzare progetti e/o infrastrutture sui territori, verso la produzione di munizioni. E in modo del tutto discrezionale.
(L’articolo è parte della newsletter numero 45, precedente al voto definitivo del Parlamento europeo su Asap nella mini Plenaria di Bruxelles del 31.05.2023 e 01.06.2023)