Importante il sì del Parlamento europeo sullo stop al segreto salariale a livello contrattuale, il ruolo dei sindacati nel rappresentare le lavoratrici e infine l’inversione dell’onere della prova a carico dei datori di lavoro, in caso di violazione del principio della parità salariale.
BRUXELLES, 30 MARZO 2023 – Il sì del Parlamento europeo per garantire trasparenza e parità salariale di genere nel privato e nel pubblico è un importante passo in avanti per superare disuguaglianze, disparità e soprattutto povertà lavorativa in Italia e in Europa.
L’Italia, dove il lavoro povero femminile è un problema sociale ed economico e colpisce soprattutto le giovani tra i 30 e i 40 anni d’età, dovrà adeguarsi, adottando tutte le misure necessarie a combattere la disparità retributiva e previdenziale tra uomini e donne attraverso la trasparenza sulle buste paga delle lavoratrici precarie, in part time involontario e più in generale ‘segregate’ in settori in cui c’è tanto lavoro nero, irregolare o informale e con un reddito medio annuo complessivo di appena 15 mila euro.
Considero positivi il divieto del segreto salariale, il ruolo assegnato alle parti sociali che potranno chiedere e ottenere le informazioni chiare ed esaurienti alla base delle retribuzioni e l’onere in capo ai datori di lavoro di dimostrare di non avere violato il principio della parità salariale.
Sono quindi soddisfatta di questo voto perché ho lavorato a lungo sulla direttiva “trasparenza retributiva” presentando tutta una serie di emendamenti che assicurassero alle donne più diritti, salari dignitosi e pari opportunità di accesso alla carriera professionale. Da sempre convinta che lavoro di qualità e retribuzioni giuste siano cruciali per risolvere il declino demografico del nostro Paese e permettere così alle donne di contribuire al suo sviluppo e futuro.