Vino, abrogare l’indicazione geografica protetta è una seria minaccia al made in Italy

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La proposta di revisione del sistema d’indicazione geografica della Commissione europea è una seria minaccia al made in Italy del vino. Come tanti altri prodotti agroalimentari, tutti fiore all’occhiello del “saper fare” italiano, la produzione vitivinicola rappresenta nel mondo la qualità, la cultura, le tradizioni e la storia del nostro Paese.

Ho riconosciuto subito un pericolo concreto per il nostro Docg, Doc e Igt dietro la proposta di revisione promossa dal commissario europeo polacco all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski.

Il vino italiano va difeso e custodito da un approccio miope e sbagliato, propenso a rafforzare l’industria dell’agroalimentare e le multinazionali e ad agevolare le imitazioni, le contraffazioni, le truffe e il sounding dannosi per i nostri prodotti.

La discussione in Commissione Agricoltura

In Commissione Agricoltura e Sviluppo rurale del Parlamento europeo è iniziata la discussione sulla proposta di revisione del sistema delle indicazioni geografiche. Sin dall’inizio, ho detto che l’idea della Commissione europea di una eccesiva semplificazione del sistema di etichettatura dei prodotti agroalimentari rischia di demolire un modello di successo, unico al mondo, avvantaggiando una inaccettabile e pericolosa omologazione di ciò che finisce sulle nostre tavole.

Sono convinta infatti che la revisione del sistema d’indicazione geografica debba puntare a rafforzare la protezione dei prodotti Dop, Igp e Doc per difenderne e promuoverne le specificità, invece, di indebolirle. Da anni, le indicazioni geografiche (IG) rappresentano una garanzia di qualità per milioni di consumatori. Allo stesso tempo, costituiscono un orgoglio e un’opportunità di benessere e sviluppo legate all’identità e alla cultura dei nostri territori.

Quanto valgono le IG?

Già nel 2013, infatti, le indicazioni geografiche valevano da sole 54 miliardi di euro l’anno nell’Unione europea. Otto anni dopo, sono vicine al raddoppio economico. Nel 2021, le Ig hanno prodotto 74,8 miliardi di euro di valore aggiunto. Le indicazioni geografiche costituiscono il 15,5 per cento del totale delle esportazioni agroalimentari europee.

Il vino è stato il prodotto made in Italy che nel 2021 ha registrato una crescita del 12,4% in valore, per 7,1 miliardi di euro. Grazie al commercio del vino, il settore italiano vanta un attivo di circa 6,7 miliardi di euro, in particolare le produzioni Dop (+15,8% in valore nel 2021). Complessivamente, rappresentano oggi i due terzi delle esportazioni registrate lo scorso anno. Modificare il sistema delle “Igp del vino” sarebbe devastante. La proposta della Commissione europea rischia di generare confusione tra i consumatori e di indebolire il legame con i territori. Legame che costituisce il fattore trainante del settore. Per questo le menzioni tradizionali italiane Docg, Doc e Igt non devono essere cambiate.

L’attacco della Commissione Ue al vino

Ho l’impressione che, per un pezzo di Commissione europea, il vino italiano sia diventato un “nemico” da abbattere e non un prodotto d’eccellenza da tutelare e promuovere. Lo dico, perché già nel febbraio scorso fortunatamente il Parlamento europeo ha bloccato la proposta della Commissione di inserire il vino tra le sostanze nocive per la salute umana, come previsto inizialmente nel Piano europeo per la lotta contro il cancro. Una proposta rigida che non trova alcun fondamento in evidenze scientifiche.

Non solo. La Commissione europea ha tentato di tagliare le risorse destinate alla promozione, previste nel Programma di lavoro annuale della politica di promozione agricola per l’annualità 2023. L’ennesima proposta che avrebbe duramente penalizzato il nostro made in Italy, vino compreso, sulla base di semplici orientamenti, che bollano determinate produzione dannose per la salute umana, in assenza di studi scientifici.

Il Piano europeo per la lotta contro il cancro è importante, ma è fondamentale investire sulla prevenzione e sulla promozione di uno stile di vita sano, e non sulla criminalizzazione tout court dei prodotti e dei produttori. Il consumo di modiche quantità di vino infatti è parte del modello di dieta mediterranea basato sulla varietà, l’equilibrio, l’attenzione e la responsabilità.

Il cerchio contro il nostro made in si chiude ora con la proposta irricevibile di revisione del sistema delle Ig. L’eccessiva genericità e semplicità delle procedure di certificazione, che la Commissione vorrebbe introdurre, finiranno per svilire e banalizzare il ruolo economico e commerciale delle Ig.

Valorizzare le eccellenze del vino

Per questo dobbiamo mantenere l’attuale sistema normativo, eliminando ogni disposizione relativa al vino dalla proposta della Commissione o quanto meno garantendo il rispetto di quanto previsto dall’attuale normativa sulle Ig.

Ritengo che nel complesso le attuali disposizioni che riguardano le IG dei vini siano ben definite, al punto tale che nessuno ne ha mai lamentato l’inadeguatezza.

Se proprio dobbiamo intervenire per cambiare qualcosa del sistema di etichettatura, quindi, dobbiamo farlo su quei pochi limiti del sistema vigente, al fine di valorizzare al massimo il lavoro di tutti gli agricoltori che investono nel meccanismo delle certificazioni del prodotto.

Ad esempio, sono convinta che sia fondamentale continuare a tutelare il ruolo dei consorzi, motore dello sviluppo delle eccellenze e della protezione delle denominazioni. Così come c’è bisogno di rafforzare il concetto di filiera per assicurare una giusta rappresentanza delle imprese agricole, dando loro maggiore potere decisionale rispetto a temi strategici come la programmazione produttiva; la garanzia della sostenibilità economica; la modifica dei disciplinari di produzione.

Lotta alla contraffazione, frode, evocazioni e sounding

Inoltre è cruciale che la Commissione mantenga la titolarità di analizzare e decidere sulle singole domande di certificazione, ma garantendo tempi di risposta celeri e certi. L’EUIPO (Ufficio Europeo per la Proprietà Intellettuale), al quale la Commissione Ue vorrebbe attribuire tale ruolo, non ha le competenze tecniche per svolgerlo adeguatamente. Potrebbe però dare un contributo importante – in particolare nel commercio online –  nella lotta a ogni forma di contraffazione, frode, fino alle forme più subdole anti-made in, come le allusioni, le evocazioni e il sounding.

Sul sounding, come sul caso dell’ “evocazione”, ritengo che sia giunto il momento di introdurre su scala europea una definizione giuridica che stabilisca in modo chiaro cosa si intende per “reato di sounding”, aprendo così la strada ad un’azione coordinata di contrasto in grado di salvaguardare le nostre eccellenze nel mercato interno europeo a partire dalle produzioni vitivinicole.

Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti. Le opinioni espresse sono di responsabilità esclusiva dell’autore o degli autori e non riflettono necessariamente la posizione ufficiale del Parlamento europeo.