Le indicazioni geografiche sono l’eccellenza della filiera agroalimentare italiana ed europea. Nel 2019 il valore economico dei prodotti a marchio DOP e IGP ha superato in Italia i 16 miliardi di euro. Rispetto all’anno precedente era già in crescita del 6 per cento. Nonostante la pandemia Covid 19 e il conflitto russo-ucraino, la filiera agroalimentare e vitivinicola italiana non ha perso il proprio vigore: tra il 2020 e il 2021 il boom dell’export, con 52 miliardi di euro di fatturato.
I prodotti d’eccellenza made in Italy – DOP, IGP, DOC – sono normati da un pacchetto di regolamenti europei che la Commissione è intenzionata a rivedere e riorganizzare in un testo unico. Il 31 marzo scorso, la Commissione ha presentato la sua proposta di revisione dei regolamenti sulle indicazioni geografiche dell’Unione europea di vini, bevande, prodotti agricoli e dei regimi di qualità dei prodotti.
Fare ordine nella normativa sulle indicazioni geografiche, introducendo delle novità è un bene per il settore agroalimentare, in modo particolare per quello italiano con il più alto numero di prodotti a marchio DOP, IGP e DOC. Tuttavia, la proposta di revisione dei regolamenti presentata dalla Commissione europea è stata da subito irricevibile.
IG, la proposta della Commissione Ue va migliorata
In Commissione Agricoltura e Sviluppo Rurale del Parlamento europeo è iniziata la discussione sulla proposta dell’esecutivo europeo di revisione delle indicazioni di origine dell’Unione europea. È stata una discussione ricca, ma soprattutto piena di idee per continuare a proteggere la filiera agroalimentare di qualità, come quella italiana.
La proposta di revisione elaborata dalla Commissione europea è un pericolo per tutto il settore a livello europeo. L’indicazione di origine infatti già nel 2013 valeva da sola 54 miliardi di euro l’anno nell’Unione europea. Otto anni dopo, le indicazioni geografiche sono vicine al raddoppio economico. Nel 2021 hanno prodotto 74,8 miliardi di euro di valore aggiunto. Le indicazioni geografiche costituiscono il 15,5 per cento del totale delle esportazioni agroalimentari europee.
Sono, senza ombra di dubbio, sinonimo e simbolo della qualità degli alimenti e delle bevande a livello mondiale. Per questo motivo, la riforma voluta dalla Commissione deve rafforzare la protezione dei prodotti DOP, IGP e DOC difendendo e promuovendone le loro specificità e non indebolirla.
Salvaguardia dei consorzi
Contraria a qualsiasi tipo di riforma che avvantaggi in modo ingiusto e vergognoso le multinazionali e l’industria alimentare, sono convinta che il primo punto da migliorare riguardi il potenziamento dei consorzi agricoli.
In Italia i consorzi agroalimentari sono molto forti e molto importanti considerando che ci sono centinaia di migliaia di agricoltori e aziende agricole che producono prodotti d’eccellenza legati a un territorio. Oggi nel nostro Paese, ci sono più di mille consorzi attivi, il 23% dei quali operano nel settore agricolo e vitivinicolo.
Ottenere le certificazioni di qualità per un prodotto agroalimentare è molto costoso.
Meglio allora per il produttore fare affidamento a un consorzio, funzionale a raggiungere un duplice obiettivo. Per prima cosa, quello di avere un prodotto di qualità riconosciuto a livello europeo, secondo di garantire un equo guadagno all’agricoltore.
Consapevole del ruolo dei consorzi per agricoltori e filiera di settore, sono convinta che essi possano continuare a garantire loro il massimo, solo lasciandone la gestione nelle mani dei produttori: dalla produzione fino alla commercializzazione dei prodotti.
IG e la minaccia del sounding
Il settore dell’agroalimentare è sempre più minacciato da frodi, imitazioni e contraffazioni, il più esposto è proprio il made in Italy. Non soltanto sui mercati esteri ma anche sul mercato comune europeo. La proposta di revisione della Commissione europea non chiarisce come contrastare in modo più efficace i tentativi di imitazione e contraffazione dei prodotti DOP, IGP e DOC. Il fenomeno dell’Italian sounding è cresciuto del 70 per cento in dieci anni.
Perché allora la Commissione europea non ha subito chiarito come tutelare meglio le indicazioni geografiche di evocazione?
Serve invece una regolamentazione adeguata che impedisca l’uso improprio di parole, colori, località, immagini o ricette per prodotti che nulla hanno a che fare con il sistema produttivo delle IG.
Per il nostro Paese, questo è un passaggio fondamentale. Ricorderete certamente la battaglia contro il Proseck croato. O la vicenda dell’aceto balsamico di Modena messo a rischio da un colpo di mano della Slovenia.
Casi come questi, denotano lacune e ambiguità dell’Europa sulla tutela dei prodotti agroalimentari d’eccellenza, quando ritengo debba essere l’Europa per prima a dotarsi di tutti gli strumenti necessari per proteggerli dentro e fuori il mercato interno. Fornire quindi una definizione precisa di che cosa si intende per “IG di evocazione” potrebbe senz’altro essere un punto di partenza.
No alla semplificazione della registrazione delle IG
Secondo la Commissione, il processo di registrazione delle indicazioni geografiche dovrebbe essere semplificato e armonizzato, con l’obiettivo di velocizzare le domande di registrazione dei prodotti IG e di aumentare l’attrattività del sistema per i produttori.
Se, da un lato, è importante che la Commissione punti a rendere più rapido il procedimento di registrazione delle IG, dall’altro, sono convinta che tale obiettivo non possa essere raggiunto affidando questo compito all’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (EUIPO).
La Commissione ipotizzerebbe un sistema di registrazione delle IG completamente svincolato dalla specificità del prodotto agricolo, legato invece al territorio, alla cultura o a determinati tradizioni.
Le IG infatti vanno oltre il marchio e servono a esprimere il valore dell’agricoltura delle comunità locali.
Sono convinta che sia un danno enorme al sistema di tutela dei prodotti a denominazione di origine lasciare che la registrazione, la modifica e la cancellazione delle indicazioni geografiche passino nelle mani della stessa Commissione europea prospettando un meccanismo, sì europeo e armonizzato, ma banalmente commerciale e omologante dei prodotti. La Commissione europea in queste operazioni sarebbe affiancata proprio dall’Ufficio europeo per la proprietà intellettuale (EUIPO), sprovvista però delle competenze necessarie in campo agroalimentare.
Non basta quindi che gli Stati membri restino responsabili dell’applicazione dei disciplinari, credo invece che all’EUIPO debba essere affidato un ruolo strettamente legato alla esclusiva protezione e alla promozione delle indicazioni geografiche da ogni forma di imitazione dentro e fuori il mercato comune europeo, soprattutto, contro i rischi rappresentati dall’e-commerce e dalla contraffazione online.
I prodotti IG sono già sostenibili
La sostenibilità dei prodotti IG è già garantita dai cosiddetti disciplinari di produzione. Linee guida che fissano sostanziali differenze dai prodotti industriali o come risultato di uno sfruttamento intensivo del suolo e degli animali.
La proposta della Commissione di introdurre un’ulteriore certificazione di sostenibilità per questa tipologia di prodotti è a mio avviso da considerarsi inutile e dannosa; perché rischia di creare sottocategorie tra le stesse IG. Rafforzarle e proteggerle invece come prospettato è un intervento utile per una maggiore diffusione di prodotti agroalimentari davvero sostenibili.
Servizio offerto da Daniela Rondinelli, deputata al Parlamento europeo, non iscritti.
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